Bambini abbandonati

Adozioni internazionali: Bianchini (Cai), “sul calo pesano costi eccessivi e lungaggini dell’iter”. Il progetto “Donati” del Forum famiglie

Nel 2017 le adozioni internazionali in Italia sono diminuite del 23% rispetto all’anno precedente: sono stati 1.439 i bambini adottati rispetto ai 1.872 del 2016. Lo si legge nel Rapporto presentato dalla Commissione adozioni internazionali sui principali dati degli anni 2016 e 2017. Per sensibilizzare all’accoglienza e far conoscere altre forme di genitorialità, oltre a quella biologica, a partire dall’Amoris laetitia, il Forum nazionale delle associazioni familiari il 25 aprile lancia a Roma un’iniziativa

Nel 2017 le adozioni internazionali in Italia sono diminuite del 23% rispetto all’anno precedente: sono stati 1.439 i bambini adottati rispetto ai 1.872 del 2016. Lo si legge nel Rapporto presentato dalla Commissione adozioni internazionali (Cai) sui principali dati degli anni 2016 e 2017 e quelli relativi a gennaio e febbraio 2018. Le coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in Italia di minori stranieri sono state 1.168 nel 2017 contro le 1.548 nel 2016. Le coppie più attive risultano quelle delle aree del Centro-Nord. Tra i Paesi di provenienza dei piccoli al primo posto c’è la Federazione russa. Aumenta anche l’età dei bambini: nel 2017 quasi un bambino su due aveva tra i 5 e i 9 anni al momento dell’ingresso in Italia. A gennaio 2018 sono 59 le coppie italiane che hanno concluso il percorso adottivo con l’ingresso in Italia di almeno un minore e 67 i minori autorizzati; mentre a febbraio sono 77 le coppie residenti in Italia che hanno concluso il percorso adottivo con l’ingresso nel nostro Paese di almeno un minore, facendo registrare un incremento del 31% rispetto al mese precedente e i minori autorizzati 92 (+37% rispetto a gennaio 2018).

Per sostenere le adozioni anche il Forum nazionale delle associazioni familiari sta per lanciare un progetto. “Il Forum – spiega Cristina Riccardi del direttivo nazionale – è riuscito a coordinare tutte le più grandi associazioni familiari a livello nazionale, anche attraverso il sostegno dell’Ufficio Cei per la pastorale della famiglia; l’obiettivo è sensibilizzare e far nascere il desiderio di accoglienza nelle famiglie, a partire anche dall’Amoris laetitia, che sottolinea come la genitorialità non sia solo quella biologica. Il progetto sarà lanciato attraverso un evento che si terrà a Roma, presso il Galoppatoio di Villa Borghese, nel pomeriggio del 25 aprile all’interno delle manifestazioni del ‘Villaggio per la Terra’ promosso da Earth Day Italia. Sarà una giornata di festa con testimonianze di famiglie, associazioni e ospiti.

Il progetto si chiama ‘Donati’ perché attraverso il dono di sé si arriva poi a ricevere il dono.

Con il progetto parleremo della bellezza di adozione e affido e dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Non nascondiamo le difficoltà, ma mettiamo in evidenza gli aspetti positivi e il bene che l’accoglienza genera. Dopo il lancio del progetto a livello nazionale, sarà compito dei Forum provinciali e territoriali farlo conoscere localmente”.

Sulla crisi delle adozioni internazionali abbiamo chiesto un parere a Francesco Bianchini, componente della Commissione adozioni internazionali, designato dal Forum nazionale delle associazioni familiari.

Quali fattori hanno inciso sul calo delle adozioni internazionali?

Sul calo delle adozioni internazionali pesa sicuramente il fattore economico in un periodo di crisi. Si aggiunge a questo la durata delle procedure,

a volte allungate a dismisura per pastoie burocratiche sia in Italia sia nei Paesi di origine dei minori da adottare. Si dovrebbe agire sui due fronti. Per chi desidera un figlio l’adozione internazionale è una strada tortuosa, lunga e costosa rispetto ad altre gratuite e più veloci, come la fecondazione artificiale.

Quali sono le maggiori differenze tra queste due vie?

L’adozione è una bella forma di genitorialità perché il bambino esiste già. Nella fecondazione artificiale il bambino deve essere ancora “programmato”. Per farlo nascere si mette in atto un percorso che è stato inserito nei Lea, a carico dello Stato: il Servizio sanitario nazionale fa pagare il ticket. Nell’adozione c’è una famiglia che ha lo stesso desiderio di maternità e paternità. Accostarsi a questo tipo di genitorialità è più complesso, c’è un bambino abbandonato: allora, perché nella fecondazione il percorso è a carico della collettività, mentre la genitorialità nell’adozione, che esprime il massimo della generosità, della solidarietà e dell’accoglienza per un bambino che già esiste e soffre, non riceve lo stesso trattamento? Se è cura la fecondazione assistita per soddisfare i desideri di genitorialità di una coppia, dovrebbe essere ancora di più cura l’adozione perché si aiuta una coppia ma soprattutto un bambino a trovare una famiglia. Questa disparità di trattamento discrimina i bambini che già esistono e soffrono rispetto a quelli che devono essere concepiti, così come le coppie che decidono di adottare, spendendo un patrimonio, rispetto a quelle che scelgono la fecondazione assistita.

Lei parlava anche delle lungaggini della burocrazia tra i freni all’adozione internazionale…

Il secondo aspetto sono i tempi delle procedure adottive, che dovrebbero essere semplificate salvaguardandone la linearità, la limpidezza e la trasparenza.

Questo basta?

Con questi due accorgimenti molte coppie, anche al Sud, si avvicinerebbero all’adozione internazionale. Qui le famiglie pronte ad accogliere ci sono.

L’Italia continua a essere un Paese generoso da questo punto di vista.

Certo, l’adozione internazionale non può essere l’unica soluzione al crollo demografico in Italia, ma è una bella realtà anche dal punto di vista dell’accoglienza, dell’integrazione tra le culture dei popoli e come esempio di solidarietà familiare. Se l’interesse primario è dare una famiglia a bimbi abbandonati,si devono trovare soluzioni. Negli Stati Uniti, ad esempio, c’è la possibilità dell’adozione in pancia di bimbi che le mamme avrebbero altrimenti abortito. Con le dovute cautele e il controllo della magistratura per evitare il rischio di compravendita di bambini, è un’ipotesi di contrasto all’aborto, fermo restando la facoltà della mamma biologica di ripensarci entro un certo termine dal parto. Se la mamma alla fine decide di tenere il bambino, le spese restano coperte dalla coppia che ha adottato la pancia.