Società
Ascoltare sì, ma da cattedre qualificate e portatrici di bene, evitando di subire i falsi profeti, inserendosi nel circuito che valorizza – con misura ed equilibrio – ciò che rende nobile e prezioso il cammino nel dono straordinario della vita. Potrà rivelarsi uno stimolo nuovo per i molti ‘distratti’ dalle chiacchiere che non meritano ascolto
Si dice spesso: “Devi crescere” o “Devi maturare” o anche “Devi trovare il tuo spazio”. Sono degli imperativi che ci siamo abituati a sentire nel frasario comune. Nessuno obietta alcunché: si tratta d’imperativi… esortativi di fronte ai quali ciascuno – da giovane – cerca di trovare una propria collocazione. Lo stesso accade in politica o nella vita di ogni giorno, tramite messaggi che i cittadini recepiscono o ignorano. Il tema è l’ascolto e la sua capacità di produrre bene.
Ebbene, che cosa accade nella società di oggi? Pochi ascoltano e molti parlano, i messaggi sui valori trovano accoglienza tiepida, i linguaggi ermetici o sibillini contribuiscono ad alimentare il distacco dall’utilità sociale dell’ascolto.
Viviamo in una società “derivata”, distratta dagli interessi economici e materiali, e apparentemente poco incline ad accogliere i temi dell’ascolto e dell’importanza di viverne la convergenza: si preferisce seguire l’onda delle chiacchiere ammalianti e distorsive piuttosto che dedicarsi a un impegno primario, finalizzato al bene, magari svolto nel silenzio o comunque lontano dalla mediaticità.
Stiamo perdendo l’antica e buona abitudine di ascoltare e, di conseguenza, di comprendere, riflettere, scegliere? Sembra prevalere l’idea di decidere a modo nostro, senza che altri mettano lo zampino o indichino la via di una possibile soluzione. Si dice che questa scelta abbia un nome: libertà. Di fatto, finiamo per prescindere da tutti e da tutto in via pregiudiziale, escludendo a priori l’esperienza che proviene dall’ascolto e che è aiuto all’orientamento, frutto positivo di saggezza, di confronto e di sensibilità, di stili mirati al crescere comune, di tutti, non dei soliti pochi.
Pertanto può capitarci di camminare coscientemente nell’ombra, giacché ogni scelta si opera laddove non c’è materia di crescita, bensì d’isolamento egoistico, dove conta arrivare prima per esercitare potere e privilegi, e non percorrere le strade della ricerca faticosa. È il cammino appunto del non ascolto, che propone dei traguardi dorati ma lontani da valide soddisfazioni interiori. Prevale l’involucro, non il cuore, non l’emozione, non la gioia, neppure la bellezza di una prova puntata a un traguardo conseguito con proprio sforzo.
L’esercizio dell’ascolto comporta la possibilità d’imparare a crescere nella propria personalità, ad avere fiducia, a sentirsi liberi e fratelli, non prigionieri delle ovvietà, più autentici e propensi a cogliere il godimento inenarrabile del sognare positivo e del perseguire un ideale di vita.
Ascoltare sì, ma da cattedre qualificate e portatrici di bene, evitando di subire i falsi profeti, inserendosi nel circuito che valorizza – con misura ed equilibrio – ciò che rende nobile e prezioso il cammino nel dono straordinario della vita. Potrà rivelarsi uno stimolo nuovo per i molti “distratti” dalle chiacchiere che non meritano ascolto.
(*) direttore “Il Popolo Cattolico” (Treviglio)