Canonizzazione
Dopo la promulgazione, il 6 marzo scorso, del decreto della Congregazione per le cause dei santi che riconosce il miracolo attribuito ai beati Oscar Arnulfo Romero e Papa Paolo VI, si attende ora la data e il luogo della canonizzazione. Alla vigilia del martirio in odium fidei dell’arcivescovo di San Salvador (24 marzo 1980), parla al Sir il cardinale Gregorio Rosa Chávez, amico e collaboratore di mons. Romero.
La canonizzazione del beato Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador ucciso nel 1980 mentre celebrava messa, potrebbe avvenire nel gennaio 2019, in coincidenza con la Giornata mondiale della gioventù a Panama. È questo il desiderio e la richiesta dei vescovi di El Salvador, espressi in una lettera a Papa Francesco. In attesa della risposta del Vaticano, e in occasione del 24 marzo, giorno del martirio in odium fidei di monsignor Romero nel 1980, ucciso da alcuni sicari mentre celebrava messa a causa delle sue omelie scomode, parla il cardinale Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador. In gioventù era amico e collaboratore di monsignor Romero. Papa Francesco il 6 marzo scorso ha autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a promulgare i decreti riguardanti il miracolo attribuito all’intercessione dei due beati Paolo VI e Oscar Arnulfo Romero. Entrambi i miracoli riguardano la vita nascente. I due futuri santi sono accomunati da un legame speciale, come ci precisa il cardinale Rosa Chávez.
Quale potrebbe essere la data e il luogo della canonizzazione di monsignor Romero?
Dopo l’annuncio ufficiale della canonizzazione sono uscite tante speculazioni. Come vescovi del Salvador abbiamo scritto
una lettera a Papa Francesco chiedendo che la cerimonia di canonizzazione di mons. Romero si possa fare qui in Salvador, per permettere ai poveri di partecipare in massa.
Abbiamo suggerito due opzioni: che il Papa passi qui per celebrare la cerimonia di canonizzazione nel gennaio 2019 prima di andare a Panama per la Giornata mondiale della gioventù
oppure, se non è possibile, che possa almeno fermarsi a fare visita alla sua tomba,
sempre nell’ambito della Giornata mondiale della gioventù, di cui monsignor Romero è patrono. Questo è il desiderio dei vescovi del Salvador. Aspettiamo la risposta del Vaticano.
Quali iniziative avete organizzato in Salvador per ricordare l’anniversario del martirio di mons. Romero, il 24 marzo?
Il 23 marzo ho presieduto una messa solenne e la festa patronale nella parrocchia Beato Oscar Romero, è una parrocchia nuova. Il 24 marzo presiederò una messa solenne nella cattedrale di El Salvador con tutti i vescovi del Salvador.
Si farà anche memoria degli altri missionari martiri del mondo?
Questa è una buona e lodevole iniziativa dei vescovi italiani che vorremmo proporre anche noi nei prossimi anni, ma finora non l’abbiamo mai fatto.
Qual è stata la reazione dell’opinione pubblica del Salvador appena appresa la notizia della canonizzazione, il 6 marzo scorso?
La notizia ha avuto molta enfasi, è stata pubblicata in prima pagina sui giornali in maniera positiva. Hanno parlato molto del miracolo di mons. Romero, legato al tema della vita e della famiglia. Molte persone che non lo conoscevano ora sanno chi è. C’è molta gioia e attesa della canonizzazione.
Lei ha detto che il miracolo più grande che monsignor Romero può fare per il Salvador è il miracolo della pace. Perché?
Nella lettera che il Papa ci ha scritto il 23 maggio 2015 ci ha detto: prima di tutto bisogna conoscere mons. Romero, imitare la sua azione e poi invocarlo per chiedere la pace. Bisogna camminare come camminava mons. Romero. Il nostro è un popolo che soffre molto, ogni settimana ci sono decine di omicidi, in un Paese con 7 milioni di abitanti è una epidemia.
È una violenza cieca, brutale, selvaggia: l’unica strada possibile è che il Paese si unisca intorno a questa figura per cercare cammini di pace e speranza.
Papa Francesco ha dato la notizia della canonizzazione di mons. Romero in contemporanea a quella di Paolo VI: cosa hanno in comune queste due figure?
Ho letto un articolo che sosteneva che Papa Francesco e mons. Romero hanno in comune l’amore per Paolo VI, un pontefice meraviglioso per il suo ministero. Questa linea mi ha impressionato molto, la trovo veritiera.
Mons. Romero aveva un amore grande per Paolo VI e nelle sue omelie citava spesso la sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi:
il tema della liberazione dei poveri era difficilissimo in quel momento, ed entrambi sono stati molto coraggiosi nella denuncia evangelica. Sono molto contento che queste due figure straordinarie siano state avvicinate. E’ un omaggio a monsignor Romero, è come se la Chiesa lo stesse riconoscendo anche come martire del magistero.
Sono due figure di riferimento importante anche per il futuro della Chiesa dei poveri in America Latina?
Certamente, per dare nuovo impulso e credibilità al progetto della Chiesa e una via più chiara all’interno della dottrina e dell’esempio di Papa Francesco.