Medio Oriente
Il voto di ieri sembra aver consegnato il Libano al movimento sciita, filo-iraniano Hezbollah e al suo blocco che comprende tra gli altri anche il partito sciita Amal e il Movimento patriottico libero guidato dal presidente della Repubblica, il cristiano Michel Aoun. Sconfitto il partito Futuro del premier sunnita, filo-saudita, Saad Haariri. Tra le formazioni cristiane spicca Samir Geagea, anti siriano e anti iraniano di opposizione, che con il suo partito Forces libanaises raddoppia i seggi mettendo in discussione il predominio del partito di Aoun. Come sempre la Chiesa libanese è pronta fare la sua parte per il bene del Paese, aferma l’arcivescovo maronita di Baalbeck, mons. Hanna Rahmé
Dopo nove anni e tre rinvii dovuti alle forti tensioni nel Paese, ieri si è votato in Libano. A spoglio ancora in corso, i primi risultati parlano dell’avanzata del movimento sciita degli Hezbollah, l’alleato di ferro dell’Iran, coalizzato con l’altro partito sciita Amal, e con il Movimento patriottico libero guidato dal presidente della Repubblica, il cristiano Michel Aoun. Insieme avrebbero raggiunto la maggioranza in Parlamento con 67 su 128 seggi. Perde terreno il blocco sunnita, filo saudita, del premier Saad Hariri. Quest’ultimo ha ammesso la sconfitta con il suo movimento che ha perso un terzo dei seggi. Non è bastata la nuova legge elettorale proporzionale a garantire un’alta affluenza alle urne. Alle 19 di ieri, quando sono stati chiusi i seggi, aveva votato solo il 49,2% dei 3,7 milioni di elettori, in calo rispetto al 54,9% del 2009. Tra l’elettorato cristiano spicca Samir Geagea, anti siriano e anti iraniano di opposizione, che con il suo partito Forces libanaises avrebbe portato i suoi seggi da 8 a 15. Sarà lui, con l’altro leader cristiano, Samy Gemayel, che guida il partito Hizb al-Kataib, a contrastare il predominio del partito del presidente cristiano Aoun. I 128 parlamentari, scelti tra 583 candidati, divisi esattamente a metà tra cristiani e musulmani (34 ai maroniti, 27 agli sciiti, altrettanti ai sunniti, 14 agli ortodossi e i restanti alle minoranze cristiane e musulmane) resteranno in carica per quattro anni.
Lo sguardo al bene comune. “Credo che oggi sia meglio di ieri. Spero che i nuovi deputati che andranno in Parlamento sappiano affrontare con decisione i problemi del nostro Paese, primo fra tutti la corruzione”: commenta al Sir mons. Hanna Rahmé, arcivescovo della diocesi maronita di Baalbeck-Deir el-Ahmar. Nonostante i risultati provvisori parlino di una affermazione del movimento sciita Hezbollah e dei suoi alleati nel collegio di Baalbeck, da sempre roccaforte di Hezbollah, “il Partito di Dio ha perso due seggi. Qui, per esempio, i cristiani sembrano aver scelto i loro deputati”. “Sarà un cammino lento ma progressivo quello che attende il nuovo Parlamento – aggiunge il presule maronita -, il Libano è composto da diverse confessioni e tanti partiti ognuno dei quali guarda ai suoi interessi ma
ora bisogna guardare al bene di tutto il Paese”.
Le sfide per il Paese si chiamano corruzione, ripresa economica, rifugiati siriani, stabilità politica e sicurezza. “La Chiesa è pronta a fare la sua parte per il Paese” sottolinea mons. Rahmé che, come presidente della Commissione episcopale per le scuole cattoliche del Paese, esprime anche l’auspicio che “con il nuovo Parlamento si possa trovare un punto di incontro per ciò che riguarda la sostenibilità finanziaria dell’intera realtà delle scuole libanesi” messa alla prova dopo l’entrata in vigore delle nuove disposizioni governative sulla “griglia salariale”, già in atto per i docenti delle scuole statali, che di fatto stabiliscono l’aumento di salario degli insegnanti. A riguardo Il Patriarca maronita, Boutros Bechara Rai, in più occasioni aveva dichiarato che le scuole cattoliche non sono contro l’aumento di salario degli insegnanti, ma senza che questo provochi l’incremento delle tasse e delle rette scolastiche pagate dalle famiglie. Di panorama politico “frammentato” parla padre Rouphael Zgheib, direttore nazionale delle Pontificie Opere missionarie libanesi, che a Fides prevede la formazione di coalizioni per assicurare il governo del Paese.
“In questo scenario frantumato – fa notare il direttore – tutti hanno bisogno di tutti e nessuno può governare da solo. Quindi tutto sembra spingere a una conferma della situazione di equilibrio e a perpetuare il compromesso politico tra le maggiori forze politiche che ha portato all’elezione del Presidente Michel Aoun.
L’elemento più allarmante – aggiunge padre Zgheib – è la forte diminuzione dei votanti, che a livello nazionale non hanno raggiunto la soglia del 50% degli aventi diritto al voto, a confermare anche la diffusa diffidenza verso i politici, considerati spesso come tutti corrotti”. I risultati definitivi dovrebbero essere annunciati nella serata di oggi dal Ministero dell’interno libanese.