Società
Un Paese che invecchia non è un buon segno e soprattutto non aiuta a guardare con fiducia verso il futuro, con inevitabili ripercussioni anche di carattere economico e lavorativo. Il trend delle nascite in Italia segue la tendenza europea e dei Paesi occidentali, ma da noi è più rimarcato. Il motivo di questo triste “fanalino di coda” delle nascite a livello europeo, secondo noi è quello della sfiducia. Non si fanno più figli perché non si è sicuri di dare loro un futuro. La “mancanza di fiducia”, però, non dobbiamo addebitarla unicamente ai politici, ma diverse agenzie sociali sono chiamate ad assumersi le proprie responsabilità, a cominciare dalla scuola, dallo stesso mondo del lavoro, dalla Chiesa,… una fiducia da ritrovare, non calata dall’alto, ma costruita, insieme!
Non era certamente necessaria la conferma dei dati Istat per dirci che l’Italia è un Paese di vecchi e che sta sempre più invecchiando. Basta confrontare qualsiasi registro di stato civile o dei battesimi parrocchiali di quarant’anni fa con quelli di oggi e salta subito in evidenza il divario di numeri.
È un dato di fatto. Diverse naturalmente sono le motivazioni che hanno portato a questa “paura” di fare figli o “scelta” di non farli. Motivazioni di carattere economico, sociale ed etico.
Un Paese che invecchia non è un buon segno e soprattutto non aiuta a guardare con fiducia verso il futuro, con inevitabili ripercussioni anche di carattere economico e lavorativo.
Il trend delle nascite in Italia segue la tendenza europea e dei Paesi occidentali, ma da noi è più rimarcato. Il motivo di questo triste “fanalino di coda” delle nascite a livello europeo, secondo noi è quello della sfiducia.
Non si fanno più figli perché non si è sicuri di dare loro un futuro. Qui sta un po’ l’equivoco, perché per “futuro” si intende solo quello economico. Importante, naturalmente, ma non può essere l’unico parametro cui due genitori devono guardare.
Ecco allora l’altro equivoco. Non si mette più sul piatto il valore della vita, non si da spazio alla logica dell’amore e del dono della vita, non ci si affida più a quella che i nostri padri chiamavano “Provvidenza”.
Tutto deve essere programmato e tutto deve garantirci sicurezza. Un po’ di imprevedibilità e un po’ di coraggio non appartengono più alle motivazioni che conducono alle scelte fondamentali di vita.
Con questo, naturalmente, non vogliamo cercare alibi per non ammettere che nel nostro Paese, purtroppo, aumenta sempre più la sfiducia. È un brutto segno e i politici, alle prese con contratti vari, devono tenerne conto e la sfida che i vari Salvini o Di Maio o qualsiasi eletto in parlamento, devono raccogliere è quella di ridare fiducia ai cittadini. Fiducia ai giovani, cercando di arginare questa “fuga all’estero” che ormai sembra l’unica prospettiva per un futuro, fiducia alle persone che lavorano, fiducia alle famiglie.
Noi non crediamo nei “populismi” politici e quindi i vari “gazebo” o “social” attraverso i quali si cerca il consenso della gente, ma vorremmo dare un’occhiata al famoso “contratto” del nuovo governo che nascerà per verificare, ad esempio, quale posto occupa la famiglia, quale posto i giovani, la scuola, prima ancora dei vari redditi di cittadinanza o della flat tax.
La “mancanza di fiducia”, però, non dobbiamo addebitarla unicamente ai politici, ma diverse agenzie sociali sono chiamate ad assumersi le proprie responsabilità, a cominciare dalla scuola, dallo stesso mondo del lavoro, dalla Chiesa,… una fiducia da ritrovare, non calata dall’alto, ma costruita, insieme!
(*) direttore “L’Araldo Lomellino” (Vigevano)