Concistoro
A pochi mesi dai 70 anni e in prossimità del ventennale dalla sua ordinazione episcopale monsignor Giuseppe Petrocchi, attuale arcivescovo de L’Aquila, riceverà la berretta cardinalizia. Dal prossimo 29 giugno sarà, con altri 13, un nuovo cardinale della Chiesa cattolica. Ad annunciarlo, ieri, Papa Francesco che lo ha scelto per l’importante incarico testimoniando ancora una volta la sua attenzione per le periferie esistenziali.
“Nel mio cuore ora c’è un desiderio di essere un ‘sì’ fino in fondo detto a Dio nella Chiesa, in comunione con Papa Francesco. Un ‘sì’ pronunciato e vissuto con lo stile di Maria”. Questi i sentimenti di monsignor Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila, il giorno dopo l’annuncio di Papa Francesco della creazione, con altri 12 vescovi e un sacerdote, a cardinale. Nato ad Ascoli Piceno il 19 agosto 1948, Petrocchi festeggerà a fine giugno i vent’anni di ordinazione episcopale. Dopo aver guidato la diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno per 15 anni, dal 2013 è il pastore dell’Aquila, devastata dal sisma del 2009. Ora la nomina a cardinale, “un segnale – commenta – della vicinanza del Papa a questa nostra terra così provata e alla gente che ha sperimentato la distruzione”.
Come ha saputo della nomina?
Ieri mattina, avevo concluso la celebrazione della messa nel corso della quale avevo conferito anche il sacramento della Cresima ad un gruppo di ragazzi e tornato in sacrestia un amico mi ha raggiunto e mi ha comunicato la notizia.
Come ha reagito?
Inizialmente l’ho presa come uno scherzo, perché non avevo avuto nessuna anticipazione. Poi, vedendo l’arrivo di altri ho capito che questa notizia poteva avere qualche probabilità di essere vera. Per me
è stata una sorpresa totale, un incontro con una novità totalmente inattesa.
Come vive questa chiamata, sapendo che Papa Francesco ricorda spesso che “il cardinalato è un servizio” non “un’onorificenza o una promozione principesca”?
La nomina l’ho interpretata proprio così. Avendo già conosciuto questo stile di Papa Francesco,
so che si tratta di una chiamata a un abbassamento, non a un innalzamento in senso onorifico. Diventare cardinale significa servire ancora di più, con un cuore ancora più grande. Servire avendo questa piena sintonia di mente e d’anima con Papa Francesco. Cercando di essere un pastore così come la Provvidenza, nel suo magistero e nella sua azione, disegna.
A poco più di 9 anni dal terremoto dell’Aquila, non si può non interpretare la sua nomina come una rinnovata attenzione ad una terra e ad una Chiesa locale ferita dal sisma. Ma anche come segno di speranza. È così?
Certamente. Credo che, avendo Papa Francesco un cuore che accoglie per una via privilegiata tutti i luoghi di sofferenza e le persone segnate dal dolore, non può non avvertire che L’Aquila è una città segnata dalla tragedia che chiede un amore speciale. La paternità che è così evidente, forte e luminosa in Papa Francesco penso che abbia avuto anche questa attenzione. Quindi,
la mia nomina è anche un segnale della sua vicinanza a questa nostra terra così provata e alla gente che nel suo animo – e non soltanto nelle strutture murarie nelle quali abita – ha sperimentato la distruzione.
Un gesto molto significativo…
È un gesto di carità concreta, quella che Papa Francesco ci insegna. Una carità che edifica laddove c’è stata distruzione, che annuncia una libertà nuova a chi sembra essere in ginocchio, una carità che chiama alla speranza quando verrebbe da abbattersi e lasciarsi sopraffare dall’avvilimento.
Credo che con la mia nomina, Papa Francesco voglia dare il messaggio che è qui con noi, che vive insieme a noi i vari passaggi di un cammino che è teso alla Risurrezione, che non è soltanto la ricostituzione di ciò che c’era prima ma l’apertura ad una novità che viene da Dio.
Come hanno reagito gli aquilani?
La gente ha avvertito con chiarezza questa sorta di messaggio in codice, non detto ma trasmesso attraverso i fatti. E sente Papa Francesco molto vicino. Con questa nomina ha colto, ancora di più, il suo abbraccio di Padre.
Un abbraccio che, ancora una volta, racchiude le periferie esistenziali. Proprio in occasione del 9° anniversario del terremoto lei ha parlato di come il sisma “ha devastato anche l’anima” degli aquilani con l’aumento di ludopatie, dipendenze da alcool e droghe, abuso di psico-farmaci..
È proprio così. Vivere dentro queste situazioni richiede non soltanto un protendersi con una volontà sincera di fare tutto il possibile, ma richiede innanzitutto la disponibilità a partecipare alle situazioni che la gente vive nel cuore. La prima prossimità non è solo quella del soccorso ma è quella di un incontro: è dire con i fatti “sono qui”. Un esserci non solo logistico ma è uno stare con, uno stare per…
Credo che la prima testimonianza che la Chiesa debba dare è quella di un amore capace di essere uno spazio che accoglie, che ascolta, che si fa vicino, che condivide, che partecipa.
È da questo amore che poi possono nascere le risposte.
A 24 ore dall’annuncio della nomina, ha già pensato a come potrà aiutare il Papa nel suo ministero di vescovo di Roma?
Quello che sono e quello che ho… tutto metto interamente nelle sue mani. Sarà Lui a darmi indicazioni.
Vorrei essere un foglio di carta bianca, sul quale il Santo Padre può scrivere ciò che pensa. Vorrei essere una risposta alle indicazioni che ci darà; una risposta che pulsa allo stesso ritmo di carità che anima il Suo ministero. Essere all’unisono con Lui nel pensiero e nell’azione.
Oggi sarà a Roma per l’Assemblea generale della Cei con l’apertura del Santo Padre. Se riuscirà a parlargli, cosa dirà a Papa Francesco?
Spero di poterlo salutare e ringraziare della fiducia che mi dà. E, in breve, dichiarargli la mia volontà di una comunione piena con Lui. Sempre, in tutto, qualunque cosa accada.