Sisma

Terremoto in Emilia: la ricostruzione degli edifici religiosi dopo sei anni

“La gioia che vedo quando riapriamo una chiesa è la ricompensa più grande gli sforzi fatti in questi sei anni. In questi momenti si capisce l’importanza delle chiese per tutta la comunità, non solo per i credenti”. Lo ha detto oggi a Bologna l’arcivescovo mons. Matteo Zuppi, durante una conferenza stampa per fare il punto della situazione sulla ricostruzione di edifici religiosi a sei anni dal terremoto che ha colpito una parte dell’Emilia-Romagna a maggio 2012

Una solidarietà che unisce. È il concetto su cui si è soffermato di più mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna, durante l’incontro che si è svolto oggi nella Curia del capoluogo felsineo per fare il punto della ricostruzione di edifici religiosi a sei anni dal terremoto del maggio 2012. “Voglio sottolineare l’importanza della solidarietà che unisce – ha detto l’arcivescovo prima di raggiungere Roma per l’assemblea generale della Cei -, quella solidarietà iniziata nell’emergenza, che è continuata nel corso degli anni e prosegue oggi. Persone che prima del terremoto nemmeno si salutavano ora sono unite. È importante la collaborazione tra le istituzioni ma quella tra i cittadini è fondamentale”. Per Zuppi in quei territori – che oltre a Bologna interessano anche le province di Modena, Ferrara, Ravenna e Reggio Emilia – bisogna ragionare con un prima e un dopo le scosse del 20 e del 29 maggio 2012 – le due più forti, rispettivamente del 6.1 e del 5.9 di magnitudo – e guardare cosa rappresentano per le comunità le restituzioni di edifici religiosi:

“La gioia che vedo quando riapriamo una chiesa è la ricompensa più grande per gli sforzi fatti in questi sei anni. Quando mi capita di andare lì, la gente chiede, vuole sapere i tempi… dobbiamo essere trasparenti”.

Ecco allora i dati forniti dalla Conferenza episcopale emiliano-romagnola. Ad oggi sono 148 gli edifici religiosi – non solo chiese ma anche canoniche, oratori e altri stabili – di proprietà delle diocesi già restaurati e aperti. Quelli che hanno beneficiato di finanziamenti pubblici sono 122 mentre 26 sono stati ripristinati con risorse proprie. Da qui alla fine del prossimo anno dovrebbero tornarne fruibili altri 173: in 57 casi i cantieri sono già avviati mentre per 116 siamo nella fase di approvazione o di avvio dei lavori. È dei giorni scorsi invece la notizia che la Regione Emilia-Romagna, con una delibera di giunta, ha messo a disposizione ulteriori 58 milioni di euro per un’altra novantina di interventi. Si superano così i 400 edifici che rappresentano quasi il 70% di quelli danneggiati dal terremoto e si raggiunge quota 250 milioni di euro di finanziamenti pubblici.

Complessivamente per 564 edifici arriveranno 332 milioni di euro da fondi pubblici suddivisi nelle sei diocesi: 87 milioni di euro (182 edifici) per l’arcidiocesi di Bologna; 75 milioni (87 edifici) per l’arcidiocesi di Modena-Nonantola; 55 milioni (126) per l’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio; 82 milioni (92) per la diocesi di Carpi; 32 milioni (74) per la diocesi di Reggio Emilia-Guastalla; 1 milione (3) per la diocesi di Ravenna-Cervia.

Stanziamenti così importanti sono stati possibili perché “sia nella fase dell’emergenza sia in quella della ricostruzione abbiamo considerato gli edifici religiosi di interesse pubblico” ha spiegato Palma Costi, assessore con delega alla Ricostruzione post-sisma della Regione Emilia-Romagna: “La scelta è conseguenza del fatto che questi beni sono importanti dal punto di vista spirituale ma anche di tutta la cittadinanza perché sono edifici unici dal punto di vista storico e artistico”. Una decisione quella regionale che si inserisce in quella “collaborazione intensa e impegnativa ma molto proficua” di cui ha parlato l’arcivescovo durante il suo intervento: “Sono contento che si sia riusciti a fare squadra anche con il ministero dei Beni culturali, con la Soprintendenza e con i Comuni”.
Molto dal 2012 è stato fatto, i numeri citati lo testimoniano. Ora l’impegno più grande è per le chiese completamente crollate come quella di Mirabello in provincia di Ferrara citata a mo’ di esempio da mons. Zuppi, perché si “acceleri la progettazione” in modo da restituire il prima possibile questi edifici ai cittadini. “Nel riconsegnare i beni alle comunità – ha concluso mons. Zuppi – ci accorgiamo della bellezza della ricostruzione che è una riscoperta e, in molti casi, un ritorno alle origini”.