Società
La paura si supera anche attraverso la conoscenza e l’aiuto reciproco. Oggi più che mai abbiamo bisogno di conoscere e di incontrarci, non di isolarci né di “fare per conto nostro”
Il recente caso della nave Aquarius – mentre scriviamo non è ancora concluso e speriamo che si concluda al più presto, senza vittime – sta polarizzando attorno a sé un inaspettato plauso da parte di molti cittadini italiani. Questo fatto – insieme all’esito dell’ultima tornata elettorale – sembra confermare un dato ormai piuttosto evidente: una parte consistente della società italiana – costituita anche da cattolici – ha paura. Ha paura dei migranti che partono o cercano di partire dall’Africa e di quelli che arrivano sulle nostre coste. Ha paura di quelli che sono sul nostro suolo e girano liberamente per le nostre città. Ha paura di una presenza straniera, che è certo molto inferiore rispetto a quella di altri Paesi europei, ma alla quale non era né abituata né preparata. Ha paura che i nuovi arrivati portino via lavoro e risorse, perché la crisi economica non è percepita come qualcosa di superato.
Ha paura dell’islam, degli uomini con la barba e delle donne col velo, che incontra per strada o abitano alla porta accanto. Ha paura che impongano le loro usanze e la loro cultura, a scapito delle nostre. Ha paura del terrorismo e teme che quello che è successo in altri Paesi possa accadere anche da noi. Inoltre questa parte consistente della società italiana non si fida più – a differenza di solo un decennio fa – né dell’Europa né delle sue istituzioni. Non si fida più nemmeno della banche, del sistema finanziario italiano nel suo complesso e delle sue forme di autocontrollo: troppo cocenti e dolorosi i fatti legati a Veneto Banca e a Banca Popolare di Vicenza. La lista delle paure potrebbe continuare…
Va subito detto con chiarezza che hanno delle gravissime responsabilità quanti lisciano il pelo alla paura della folle, suggestionandole e ottenendo come risultato quello di ingigantire l’angoscia e la rabbia. Ne risponderanno un giorno dinanzi alla storia (e a Dio). Strumentalizzare il malessere di un popolo si ritorce sempre contro chi lo fa e non serve essere dei grandi conoscitori di storia o di politica per comprenderlo.
Tuttavia la paura è un’emozione primaria, che si prova dinanzi ad una situazione percepita come pericolosa. Per questo motivo è un grave errore minimizzare, banalizzare o sottovalutare tale emozione e ciò che la provoca. Allo stesso modo non sembra serio – né corrispondente al vero – dare la colpa di questo stato di cose semplicemente alla scarsa attrezzatura culturale degli italiani. Anche proporre rimedi pieni di “buone intenzioni”, che però non si capisce come possano essere realizzati, non aiuta a calmare le angosce. Per vincere la paura non basta neppure mettere in campo dei “buoni argomenti”, perché chi ha paura non li prende sul serio, dal momento che è troppo preso dalle sue ansie. Bisogna come prima cosa ascoltare questa paura e capire che cosa ci sia dietro e per un attimo, almeno, sospendere il giudizio. Con troppa facilità sono stati usati, rinfacciandoseli a vicenda, i termini egoista, fascista, razzista oppure – dall’altra parte – buonista o perbenista, bloccando così ogni forma di dialogo. Bisogna quindi cambiare linguaggio!
Resta poi il fatto che non si può vivere né schiavi né in balia della paura. Bisogna affrontarla: darle un nome, per capire che cosa c’è dietro, è il primo passo. “Di che colore è la mia paura?”: è il titolo di un libretto, molto intenso, di Chiara, una giovane donna che, attraverso la pittura e il diario personale, ha dato il nome alle paure che la abitavano ed ha affrontato con coraggio la grave malattia che l’aveva colpita. La sua storia ha molto da insegnarci. Provare a dirci con oggettività – e senza edulcorazioni – ciò che oggi ci preoccupa e ci fa paura è il primo passo utile. Ma poi bisogna andare oltre. Siamo chiamati ad avere il coraggio di guardare la realtà e, nella misura del possibile, a vincere la paura. Solo così si diventa uomini adulti, altrimenti si resta bambini impauriti. La paura si supera anche attraverso la conoscenza e l’aiuto reciproco. Oggi più che mai abbiamo bisogno di conoscere e di incontrarci, non di isolarci né di “fare per conto nostro”. Credo che questo valga non solo per affrontare le nostre paure personali, ma anche per guardare in faccia ed affrontare quello che ci spaventa come nazione.
(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)