Società
L’arte di aggirare le regole, in Italia, non è una novità ma non si limita ormai da tempo. Si introduce nei meccanismi degli enti locali e della politica, i cui rapporti sono strettamente connessi alle sorti delle comunità. Siamo un Paese, insomma, in cui la corruzione non è ancora considerato del tutto un reato ma un’ipotesi da prendere in considerazione.
Lo raccontava già Totò in “Totò truffa ’64” quando, travestito da funzionario comunale si dimostrava disponibile sotto dovuto compenso in nero, a installare un vespasiano davanti ad un ristorante piuttosto che ad un altro. L’arte di aggirare le regole, in Italia, non è una novità ma non si limita ormai da tempo, al folclore dei film in bianco e nero. Si introduce nei meccanismi degli enti locali e della politica, i cui rapporti sono strettamente connessi alle sorti delle comunità.
Siamo un Paese, insomma, in cui la corruzione non è ancora considerata del tutto un reato ma un’ipotesi da prendere in considerazione.
È Papa Francesco a lanciare un monito forte, duro, implacabile contro chi si macchia di questa colpa, definendo questo reato come un cancro, un tarlo, invitando coloro che hanno un potere materiale, politico e spirituale a non lasciarsi dominare dalla corruzione. Un appello, quello del Santo Padre che però sembra essere caduto nel vuoto.
Lo dimostrano le dichiarazioni del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker che, per quanto sgradevoli e fuori luogo, indicano chiaramente la percezione che il clima italiano registra all’estero.
Salutando, infatti, la nascita del nuovo governo, l’esponente dell’assise europea ha detto: “Gli italiani devono lavorare di più, essere meno corrotti e smettere di incolpare l’Ue per tutti i problemi dell’Italia”.
Inutili le scuse postume. Il fatto resta e dovrebbe farci riflettere, così come i dati della classifica redatta dalla ong Transparency International che colloca l’Italia al 54mo posto su 180 Paesi presi in considerazione, pur recuperando ben 18 posizioni a partire dal 2012. C’è ancora da fare, perché per intervenire e modificare le abitudini degli italiani, è necessario entrare nei meccanismi della pubblica amministrazione e della politica, da troppo tempo inquinati dal ricorso alla corruzione e alla bustarella facile, come dimostrano i contenuti della indagine.
Timidi segnali, se non altro in termini di dichiarazioni di intenti, arrivano dal nuovo Governo che però, annuncia già una sorta di controllo superiore sull’attività dell’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione a cui spetta il compito di vigilare sul malaffare e di punire i corrotti.
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, infatti aveva detto, parlando alla Camera, che forse è stato investito troppo sull’Anac, senza risultati significativi. Una stoccata all’organismo presieduto da Raffaele Cantone che sembra voler imprimere una stretta all’attività proponendo, però, al tempo stesso una semplificazione delle norme in tema di opere pubbliche per sbloccare gli investimenti.
In un’epoca in cui i nostri dati personali, le nostre preferenze, circolano per il mondo e vengono utilizzati per influenzarci, diventa fondamentale che la capacità di scelta, di decisione, sia accompagnata dalla consapevolezza dell’etica dell’onestà rafforzata anche in termini di contenuto per le generazioni future. A loro spetta costruire infatti un domani fatto di pari diritti, rispetto dell’essere umano e trasparenza.
(*) direttrice “Logos” (Matera-Irsina)