Società
Occorre promuovere la bellezza del creato come luogo privilegiato per sentirsi comunità dignitose. L’augurio? Che il risveglio sorprendente dell’associazionismo cattolico non rimanga semplicemente un sogno
Il Magistero della Chiesa, per ciò che sta facendo attualmente in Italia nella lotta contro le disuguaglianze sociali, potrebbe assumere il carattere di un evento. Questo è il momento in cui una parte del mondo cattolico sta puntualizzando la propria analisi per avviare un dibattito che ricada sulla stessa pastorale ordinaria. Niente di veramente nuovo rispetto all’immenso patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, “summa” che attraversa tutta la storia dell’età moderna, da fine ‘800 ad oggi. Da una riflessione di Giovanni Paolo II, “L’economia che uccide”, prende le mosse la campagna “Chiudiamo la forbice”, lanciata recentemente in coerenza al messaggio sociale di Papa Bergoglio. Parte dal web con tre concorsi presentati sul sito www.chiudiamolaforbice.it.
L’elenco dei promotori (associazioni) si allunga a dismisura: va dall’Azione Cattolica alla Fondazione Finanza Etica. Li accomuna l’adesione del Magistero sociale della Chiesa, il fronte dell’impegno cioè l’ampiezza dei cambiamenti e la complessa e unica crisi socio-ambientale. La soluzione richiede un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire dignità agli esclusi e prendersi cura dell’ambiente. Operativamente, oltre ai concorsi all’interno delle associazioni, il fenomeno delle disuguaglianze viene distinto in tre ambiti: nutrizione, conflitti e migrazioni. Non è forma retorica ma pezzi di umanità che la politica deve socializzare all’interno del bene comune. Tutto ciò sprona la campagna dei cristiani a lavorare sulle cause strutturali del sistema economico post capitalistico che scarta uomini, donne e bambini.
A questo punto mi permetto di citare testualmente il documento dei promotori “…sistema terrorista in quanto con la frusta della paura, della disuguaglianza, della violenza economica sociale e militare, genera sempre più violenza in una spirale discendente che sembra non finire mai”. Dietro l’angolo sta la questione morale. Intervenire contemporaneamente sulle strutture richiederebbe una rivoluzione e fermare un fenomeno migratorio così vasto e globale, molto simile ad un’occupazione, sollecita azioni di guerra. Invece la campagna “Chiudiamo la forbice” si attiva per costruire percorsi di giustizia e di pace negli scenari di gravi tensioni e per accogliere coloro che vivono l’esclusione ambientale e sociale. Per quanto riguarda le migrazioni, insiste perché la diversità culturale non sia un problema ma una risorsa. “Cultura per riconoscersi e arte per ritrovarsi”.
Il degrado ambientale e climatico, che fa deserto intorno, è la tomba delle comunità povere e vulnerabili. Occorre promuovere la bellezza del creato come luogo privilegiato per sentirsi comunità dignitose. L’augurio? Che il risveglio sorprendente dell’associazionismo cattolico non rimanga semplicemente un sogno.
(*) direttore emerito “Il Nuovo Amico” (Pesaro-Fano-Urbino)