Dipendenze
Visita a sorpresa oggi del vicepremier Luigi Di Maio alla Cittadella della Carità della Caritas di Roma, per confrontarsi sul tema del gioco d’azzardo. L’intervista a mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, che commenta anche l’episodio della bimba rom ferita gravemente da una pistola ad aria compressa
Abolizione della pubblicità sul gioco d’azzardo, regolamentazione degli orari delle sale slot e distanza minima dai luoghi sensibili come le scuole, maggiore collaborazione tra i ministeri dell’economia, della salute e dell’istruzione per migliorare le attività di prevenzione ed educazione. Sono questi i suggerimenti che mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, ha dato al vicepremier Luigi Di Maio, titolare dei due ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro e politiche sociali, in visita stamattina alla Cittadella della Carità “Santa Giacinta” della Caritas di Roma per un incontro con gli operatori e i volontari impegnati nel contrasto alla ludopatia (che in Caritas preferiscono chiamare “azzardopatia” perché il termine “ludo/gioco” è troppo positivo). Di Maio ha visitato la struttura di Ponte Casilino: l’Emporio della solidarietà, il Centro odontoiatrico, la Comunità alloggio, il Centro di ascolto. L’incontro è proseguito a porte chiuse per un confronto sui temi dell’azzardo, a cui hanno preso parte quattro tra deputati e senatori del Movimento 5 stelle, relatori del cosiddetto “Decreto dignità” nelle commissioni parlamentari. È stata una visita a sorpresa: la Caritas ne ha avuto notizia solo ieri sera. Partendo dal provvedimento all’esame delle due camere, che all’articolo 9 prevede il divieto della pubblicità per tutte le forme di azzardo, il ministro ha voluto conoscere l’esperienza “di coloro che quotidianamente incontrano queste situazioni di grave emergenza sociale”. “Il gioco d’azzardo – ha ribadito Di Maio – va regolato fortemente: con il provvedimento sulle restrizioni pubblicitarie si è trattato di un intervento di pronto soccorso e ci saranno altri provvedimenti”. Per il vicepremier “la questione è sociale, culturale ma anche economica”, perché “se le risorse che oggi finiscono nel gioco d’azzardo, oltre cento miliardi di euro all’anno, andranno nel sistema economico e in consumi, tutto il Paese ne trarrà giovamento”. In Italia si stimano almeno 1 milione e 700mila persone coinvolte. Nella sola città di Roma, secondo una ricerca condotta dalla Caritas insieme all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, 2 ragazzi su 3 (66,3%) di età compresa dai 13 ai 17 anni, giocano d’azzardo almeno una volta all’anno; il 36,3% hanno dichiarato di essere giocatore abituale almeno una volta al mese attraverso scommesse sportive, gratta e vinci, slot machine, concorsi a premio. I ragazzi romani sanno dell’esistenza del gioco d’azzardo dalla pubblicità in tv (80,6%) o dalla pubblicità online (67,3%). Pur essendo vietato ai minorenni, riescono a scommettere online aggirando la legge. La Caritas di Roma, ricorda mons. Feroci, ha diffuso “pubblicazioni per aiutare i docenti, i parroci, i genitori, a capire il fenomeno” e “riconoscere i sintomi della dipendenza dal gioco d’azzardo”. “Abbiamo incontrato ragazzi di 16 anni che hanno già giocato patrimoni – dice -, è un fenomeno che non si conosce ma è grande”.
Come è andato il confronto con il vicepremier Di Maio?
E’ stato un confronto molto leale e libero, anche perché non c’erano giornalisti e telecamere. Ho l’impressione che ci sia sintonia sui contenuti. Gli abbiamo esposto in maniera chiara le nostre preoccupazioni e i nostri dolori.
Gli abbiamo detto che Roma è diventata la capitale d’Europa del gioco d’azzardo, con 25mila slot machine.
Ci ha chiesto quali sono le categorie coinvolte. Noi abbiamo messo in risalto la situazione degli anziani, che con le loro pensioni vanno nelle sale bingo e spendono tutto. Abbiamo chiesto a Di Maio di togliere la pubblicità perché induce a pensare che sia normale giocare d’azzardo. Ci ha risposto che cercheranno di toglierla. 102 miliardi spesi l’anno per l’azzardo sono tutte risorse tolte alla produttività, mentre milioni di persone si rovinano. Poi abbiamo evidenziato il problema culturale, ossia
la mentalità di persone e giovani che pensano di risolvere tutti i loro problemi con un colpo di fortuna. Questo è diseducativo.
Abbiamo anche chiesto di proibire l’ingresso nelle sale in certe fasce orarie, prima dell’entrata a scuola o nella pausa pranzo. Abbiamo cercato di far capire che il problema dell’azzardo non riguarda solo l’economia: si mettono tasse sull’azzardo per far quadrare i conti ma c’è anche un discorso che riguarda il ministero della salute, perché tante persone sono rovinate dall’azzardo e diventano a carico del sistema sanitario. I soldi entrano da una parte ed escono dall’altra. Ministero della salute e dell’educazione dovrebbero dialogare.
Cosa vi ha chiesto in particolare?
Ci ha chiesto se tolto l’azzardo ufficiale c’è il rischio che crescerà l’illegalità. Io ho fatto l’esempio di Ostia, dove il clan Spada era in possesso dei locali con le slot machine. La criminalità organizzata aveva già in mano i luoghi tradizionali per fare le scommesse. Quindi il gioco illegale ci sarebbe lo stesso. Ho anche detto al ministro che non si può andare avanti con l’accetta, proibendo tutto. Bisogna fare un discorso educativo per far capire alle persone che l’azzardo è deleterio per le persone e le famiglie ma soprattutto per la nazione. Non possiamo avere milioni di persone coinvolte nel gioco, altrimenti roviniamo il Paese. Ma non c’è ancora un percorso di risposta all'”azzardopatia”. Abbiamo alcune buone pratiche ma sono ancora in fase embrionale. Bisogna fare quindi uno sforzo enorme di prevenzione.
Avete parlato anche della bimba rom ferita gravemente da un piombino sparato da una pistola ad aria compressa? Non si sanno le cause, le indagini sono in corso ma c’è anche il timore di un gesto razzista.
Sì. Nel caso della bimba rom vorrei ricordare che più si alzano i toni gli uni contro gli altri, più una società malata starà male. Creando steccati e contrapposizioni si rischia di fomentare gli esaltati. Oggi molti si sentono autorizzati a parlare con questi toni – e ne sono testimone di persona – perché già lo dice il governo. Io invece, da parte del governo, mi aspetterei persone che sappiano fare comunione non che dividano o mettano gli uni contro gli altri, perché diventa negativo per la nostra società. E’ un invito a parlare seriamente di migrazioni, non con gli slogan, rendendosi conto di ciò che sta succedendo in Africa anche per nostra responsabilità, perché siamo noi a spingere la gente a venire. Invece
il modo di parlare razzista sta dividendo la società.