Incontro mondiale famiglie
Percorrere la “via caritatis” assumendo lo sguardo del samaritano e sviluppando “l’arte del rammendo” delle relazioni. Curare la formazione di chi accompagna i fidanzati, essere capaci di offrire una “terapia della speranza” alle persone ferite dal fallimento del loro matrimonio. Queste, in estrema sintesi, le indicazioni offerte dal card. Gualtiero Bassetti che guida la delegazione della Chiesa italiana all’Incontro mondiale delle famiglie di Dublino
La famiglia “è un amore per sempre che salverà il mondo”. Lo ha ripetuto diverse volte in questi anni il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana, fin da quando era vescovo di Arezzo e più di recente durante il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. Oggi, 24 agosto, lo ribadisce a Dublino, nel corso del IX Incontro mondiale delle famiglie sul tema “Il Vangelo della famiglia: gioia per il mondo” (22 – 26 agosto). Parole che, afferma in una riflessione intitolata “Accompagnare, discernere e integrare: l’umana fragilità secondo l’ Amoris laetitia“, non sono “un’espressione retorica ma un grido pieno di speranza”. E questo amore, che è “la formidabile testimonianza di fede che la famiglia è in grado di dare al mondo contemporaneo” attraverso i suoi talenti – carità coniugale, amore sponsale, spirito di donazione, primo annuncio del Vangelo, impegno educativo e generatività – deve essere valorizzato, “ma senza nascondere le ferite che la affliggono”. Il presidente della Cei invita pertanto a non nascondersi dietro “un ideale di famiglia in astratto”, bensì a confrontarsi con ciò che essa è realmente: “la cellula fondante, bellissima e fragile, di un corpo sociale sempre più sfibrato e caratterizzato, da un lato, da una cultura individualista a tratti esasperata che colpisce ogni forma di relazione umana e, dall’altro lato, da una cultura dello scarto che emargina tutto ciò che non è utile”.
E se la “via caritatis” è la strada indicata dall’esortazione apostolica di Papa Francesco, essa chiede a tutti, spiega Bassetti, di assumere “lo sguardo del samaritano” per “curare le ferite all’interno della famiglia e tra le famiglie”. Inoltre, secondo il porporato,
anche nella pastorale familiare occorre “sviluppare l’arte del rammendo: l’arte di ricucire le relazioni umane”.
Consolidare i matrimoni per prevenirne le rotture, chiede Amoris laetitia. Per questo, chiosa il presidente della Cei, “una delle odierne sfide pastorali più importanti” consiste “nell’accompagnare chi si avvia alle nozze a gustare la bontà del vino nuovo di Cana di Galilea”. Ma ciò richiede “un cambio di rotta”: è tempo di “investire le migliori energie per formare presbiteri e coniugi che si facciano compagni di viaggio dei fidanzati” e “incoraggino a superare le crisi che verranno”.
I tre verbi dell’esortazione apostolica – accompagnare, discernere e integrare – delineano per Bassetti “i tratti di un cammino” dove la comunità cristiana “esprime tutto il dinamismo del Vangelo”. E il verbo “accogliere” aggiunto dal Papa, prosegue il porporato, chiede di spalancare “il cuore all’umanità di oggi, in particolare a coloro che sono più feriti e bisognosi di cura”. Per coniugarli, il presidente della Cei invita a lasciarsi illuminare dal brano evangelico dell’incontro con i discepoli di Emmaus adottando lo stile di Gesù.
Ed è proprio in questo stile che già dai primi mesi dalla pubblicazione di Amoris laetitia, “in Italia molti vescovi e alcune Conferenze episcopali delle varie regioni ecclesiastiche hanno iniziato a confrontarsi e a riflettere sull’attuazione di quelle indicazioni”, spiega il loro presidente tracciando una “mappa” ideale di proposte e buone pratiche. Secondo i vescovi della Campania occorre “una rinnovata formazione dei sacerdoti e di coppie-guida di altre coppie, che metta in grado di intervenire in tempo nelle crisi coniugali” di fronte al diffondersi del “precariato affettivo”. Bassetti ricorda che in Familiaris Consortio Giovanni Paolo II indicava la via del “caso per caso” che “necessita di una saggia capacità di discernimento pastorale”. Una “premura” ancora più preziosa, sottolineano i vescovi della Sicilia, “quando, dopo il matrimonio, le situazioni di crisi si mostrano irreversibili”. Da parte loro, i presuli del Piemonte invitano a superare la “sindrome del figlio maggiore” e auspicano un accompagnamento che generi discernimento e integrazione incoraggiando “la nascita di luoghi specifici dove vivere questa accoglienza premurosa e fraterna”.
Secondo il presidente Cei, la vera questione è “che
la comunità cristiana sia capace di intraprendere nei confronti di chi è ferito dagli inciampi della vita” quella che Papa Francesco “chiama una sorta di ‘terapia della speranza’”.
Per questo, i vescovi dell’Emilia Romagna chiamano l’intera comunità cristiana “a maturare un cammino di accoglienza, coniugando carità e verità” ed evitando i “facili estremismi di un lassismo che legittimi ogni situazione e di un rigorismo che condanni le persone”. Dai presuli lombardi l’invito a chi ha vissuto il fallimento del matrimonio a rivolgersi con fiducia a sacerdoti, animatori pastorali, servizi diocesani, consultori, gruppi per separati, divorziati o risposati che già operano nelle diocesi perché
“per tutti, anche per chi è passato ad una nuova unione, ci può essere un percorso di conversione adatto e fruttuoso” per camminare “nell’Amore di Dio” .