Cinema

Venezia75. Il punto sui film dell’ottavo giorno. “22 July” e “Nuestro Tiempo”

“22 July” e “Nuestro Tiempo” sono i due film, presentati oggi a Venezia, in gara per il Leone d’oro. Il primo, del britannico Paul Greengrass, è un intenso racconto del massacro avvenuto in Norvegia nel 2011; il secondo, del regista messicano Carlos Reygadas, è un dramma in forma di mélo su una coppia segnata dal tradimento

22 July

Due film molto diversi si confrontano, oggi, in gara per il Leone d’oro. Il primo è “22 July” del britannico Paul Greengrass, intenso racconto del massacro avvenuto in Norvegia nel 2011; il secondo è “Nuestro Tiempo” (“Our Time”) del regista messicano Carlos Reygadas, dramma in forma di mélo su una coppia segnata dal tradimento. Il punto sui film del giorno con il Sir e la Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei dal Lido di Venezia.

“22 July”

Classe 1955, Paul Greengrass è un affermato regista e sceneggiatore britannico, autore di “Bloody Sunday”, “Captain Phillips” e di diversi episodi dell’action “Jason Bourne”. Si presenta in concorso a Venezia con il racconto del feroce massacro a sfondo terroristico a Oslo e nell’isola di Utøya il 22 luglio 2011, per mano dell’estremista di destra Anders Behring Breivik. Nell’assalto morirono 77 norvegesi, oltre 200 feriti, di cui gran parte giovani adolescenti riuniti in un campo estivo a Utøya. Prendendo le mosse dal libro “Uno di noi” della giornalista Åsne Seierstad, Greengrass ripercorre meticolosamente quella data, il 22 luglio, mostrando da un lato la lucida ferocia di Breivik, unica mente e braccio dell’operazione armata, dall’altro lo storytelling dell’evento e delle sue conseguenze da parte di istituzioni (il ruolo del primo ministro), di feriti e famiglie delle vittime (in particolare il giovane Viljar) e dell’avvocato difensore di Breivik.

“Affrontando a viso aperto i fatti – commenta Massimo Giraldi, presidente della Cnvf e membro della giuria cattolica del premio Signis a Venezia -, Greengrass compone un racconto asciutto, aspro e serrato, capace però di non fermarsi alla semplice cronaca, ma di allargare il campo ad aspetti centrali della società contemporanea. Il regista rivela una grande padronanza della materia, assai spinosa e scivolosa, realizzando un film compatto e solido, portatore di un messaggio di denuncia e speranza per le giovani generazioni. Ed è per questo che, per una opportuna chiave divulgativa, Greengrass ha scommesso su una produzione targata Netflix”.

“A ben vedere – aggiunge Sergio Perugini, segretario della Cnvf e giurato Signis alla Mostra – oltre alla cronaca lucida e concitata degli avvenimenti, il film offre una potente riflessione sul pericolo di derive estremiste e autoritarie nel nostro tempo, nell’Europa di oggi, segnata dalla paura dell’altro e da intolleranze. Raccontando il caso di Breivik è come se Greengrass ci volesse mettere in guardia dallo scivolare verso idee o azioni estreme, rilanciando al contrario la centralità del dialogo e dell’integrazione. Cast ottimo tutto, in particolare l’esordiente Jonas Strand Gravli (Premio Mastroianni?) nei panni del sopravvissuto Viljar, che regala un ritratto di sofferenza e riscatto”.

Dal punto di vista pastorale, il film è complesso, problematico e certamente adatto per dibattiti.

“Nuestro Tiempo” (“Our Time”)

Nato a Città del Messico nel 1971, il regista-sceneggiatore Carlos Reygadas si è imposto con pochi film – tra cui “Post Tenebras Lux” – come talentuoso e ricercato autore. Alla Mostra 2018 presenta “Nuestro Tiempo” (“Our Time”), di cui è anche interprete con la moglie Natalia López e i due figli, Rut ed Eleazar. È il percorso di una coppia sposata il cui equilibrio viene stravolto dal tradimento; tra i due è un continuo alternarsi di tenerezze, silenzi e litigi. C’è anche la descrizione di stati di insicurezza, solitudine, rabbia e paura di abbandono. Il tutto declinato nel suggestivo scenario della campagna messicana, in un ranch a contatto con tori, cavalli e spazi aperti.

“Facendo uso, come sua consuetudine, di un tempo eccessivamente dilatato (ben 173 minuti) – osserva ancora Giraldi –, Reygadas compone una narrazione lenta e poco fluida, con un rischio di scollamento per lo spettatore. La tensione emotiva del film si smarrisce nel continuo soffermarsi su dettagli e ambienti, spesso irrilevanti nell’economia del racconto. Un film valido, dove però troppa forma penalizza la riuscita del copione”.

“Reygadas è un autore senza vie di mezzo: o lo si ama o non lo si sopporta”: sottolinea Perugini: “Il suo cinema è contemplativo ai limiti della tolleranza. Qui, il tema è attuale e di grande importanza, il superamento della crisi da parte di una famiglia. Un film forse che vorrebbe omaggiare il cinema di Bergman e il suo ‘Scene da un matrimonio’, da cui però rimane purtroppo distante”.

Dal punto di vista pastorale, “Nuestro Tiempo” è da valutare come complesso e problematico.