Tra promesse e realtà
La prudenza (nemica di certa supponenza e arroganza che troppo spesso ha preso e prende i governanti di turno di destra, sinistra o populisti che siano) e un po’ di umiltà non guasterebbero di fronte a problemi come quello che ha messo in ginocchio Genova. Da questo punto vista il Ponte Morandi dovrebbe essere una buona lezione per l’attuale Esecutivo e anche per le opposizioni.
Dopo 55 giorni la pazienza è finita. E i genovesi sono scesi in piazza. Lunedì scorso erano in molti a protestare contro le mancate risposte dopo la tragedia del crollo del Ponte Morandi che oltre ai 43 morti, ha provocato circa 250 famiglie sfollate e spezzato in due la Val Polcevera. E dopo quasi due mesi dal disastro regna totale l’incertezza. Incertezza di tempi, di fondi, di responsabilità.
Solo in questi giorni è arrivata la tanto attesa nomina del commissario straordinario nella persona del sindaco Bucci: settimane di attesa per una nomina che poteva avvenire pochi giorni dopo il disastro. E così gli applausi iniziali di speranza nei confronti del nuovo governo si sono presto trasformati in fischi e urla.
Genova rappresenta così la prima vera sconfitta del governo giallo-verde costretto ad accorgersi ben presto che gli annunci non si trasformano magicamente in fatti, anzi paradossalmente in alcuni casi (come in questo del capoluogo ligure) sembrano avere il potere di allontanarli.
Quello che fu il Ponte Morandi rappresenta un triste bagno di realtà per il primo governo populista della storia della Repubblica. La realtà è complessa per definizione, se poi si ha a che fare con una tragedia ancora di più. Le soluzioni semplici non esistono. La realtà non è divisibile in bianco e nero, ma bisogna fare i conti con le molte tonalità di grigio. I fattori di cui tener conto sono molteplici e non tutti immediatamente chiari.
Ecco allora che una serie di dichiarazioni e annunci all’indomani della tragedia contro la Società Autostrade (senza nessun riscontro dall’autorità giudiziaria) e sugli impegni che sarebbero stati subito (anzi prima ancora) realizzati si sono trasformati in un clamoroso boomerang.
La prudenza (nemica di certa supponenza e arroganza che troppo spesso ha preso e prende i governanti di turno di destra, sinistra o populisti che siano) e un po’ di umiltà non guasterebbero di fronte a problemi come quello che ha messo in ginocchio Genova. Da questo punto vista il Ponte Morandi dovrebbe essere una buona lezione per l’attuale Esecutivo e anche per le opposizioni.
È vero, per governare bisogna prendere i voti, ma conviene farlo dicendo la verità agli elettori. È inutile illuderli perché poi ci pensa la realtà a riportare sulla terra chi vorrebbe giocare al bravo prestigiatore.
A Genova, come in Italia non è possibile fare tutto, subito e bene. È meglio riconoscere i problemi e magari anche i limiti contro cui ci si blocca, perché poi la delusione per chi ci ha creduto è più cocente e nell’urna se ne ricorda. Come ben possono testimoniare prima Berlusconi e poi Renzi.
(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)