Diario dal Sinodo/12
C’è un modo di fare politica aderendo ad un partito; ce n’è un altro che parte dal basso con delle piccole rivoluzioni quotidiane. Penso a Gesù e a come ha cambiato la storia dell’umanità. C’è un modo indiretto di fare politica. C’è un modo, secondo me, di portare una rivoluzione sana, che non è frutto di magia. E non lasciarsi corrompere. Non solo per chi fa politica dall’interno, ma anche per tanti che si girano dall’altra parte nelle vicende quotidiane. Quando vedo che qualcosa non funziona lì dove sto, non devo far finta di niente, ma bisogna che io porti il mio contributo
Oggi riprendo questa mia grande avventura all’interno del Sinodo. È stato un weekend così ricco se ripenso a tutti quei testimoni che il Papa ha canonizzato: Paolo VI, Romero e gli altri cinque beati… Che bello fare parte di una così grande famiglia!
È in queste occasioni che nasce dentro di me il desiderio di cambiamento, la voglia di un mondo nuovo. Quanto vorrei poter rendere migliore la vita di coloro che incontro, non solo con la forza dell’amore, ma anche offrendo una risposta materiale alle loro necessità…
Come cambiare il mondo non restando in panchina? Come generare piccoli o grandi rivoluzioni che riescono a migliorare la nostra vita e quella di milioni di persone?
“Vi invio come messaggeri di pace e di speranza nelle vostre città, nei vostri villaggi, là dove vivete e lavorate”, ha detto il Papa ai giovani del Madagascar. Questo è l’invito del Santo Padre, questo è ciò che siamo chiamati a vivere oggi: essere messaggeri dove viviamo e lavoriamo. Ma come realizzare tutto ciò? Come posso impegnarmi concretamente?
Ecco che
sento il bisogno di investire le mie forze non solo nei luoghi in cui si vive una forte spiritualità, ma anche nel sociale, nella politica.
Papa Francesco tempo fa ci disse a tutti, giovani e adulti: “Un cattolico deve fare politica? Deve!”. Ma da dove comincio?
Mi sono interrogata come giovane ragazza ma anche come giovane fidanzata. Da un anno ormai condivido la mia vita con un ragazzo che per anni è stato nei gironi delle dipendenze ed ora, grazie all’impegno di molti, è riuscito a uscirne alla grande e a ricostruirsi una nuova vita. Ho potuto toccare con mano quante volte il territorio non risponda al bisogno del singolo! Non c’è ascolto. Anche i tentativi di risolvere i problemi spesso sono superficiali, costruiti più a tavolino che nell’ascolto dei bisogni di tanti ragazzi che sono seriamente in difficoltà.
La cultura dello scarto ha generato risposte immediate che nascondono il problema o addirittura lo legalizzano in modo tale che non sia più un richiamo inopportuno alle nostre coscienze.
Quanto scarto! C’è anche una cultura dell’immediato dove, dinanzi ad una necessità, un’urgenza, si risponde subito alimentando così tanta indifferenza. In questa cultura si tagliano spesso fuori i vecchi, i malati e i futuri bambini che sono ancora nel seno della propria madre. Ci sei tu, giovane o adulto, con un sacco di problemi. Ti viene l’ansia del futuro, alle volte uccidi quello che ancora deve nascere, perché non sai come gestire la cosa…quanta paura!
Ma quand’è che nasce dunque l’esigenza di sporcarsi le mani con la politica?
Basterebbe impegnarsi nel portare le proprie testimonianze nelle nostre piccole o grandi realtà. La cultura dello scarto genera paura. L’immigrato è uno scarto, quindi bisogna allontanarlo; i tossicodipendenti sono anch’essi degli scarti, allora si legalizzano in modo soft alcune droghe; la prostituzione coinvolge donne considerate scarto della società; quindi, perché non legalizzare la prostituzione così che non diventi più una domanda seria al nostro modo di agire?
Senza una vera accoglienza degli ultimi non ci può essere una vera rivoluzione, una vera politica. Si cade allora nel fanatismo, nel populismo, nel baccano… e alcuni giovani sono già stati attirati da queste correnti perché preferiscono la politica da balcone, come la chiama Francesco…
“La bacchetta magica non funziona in politica. Un sano realismo sa che anche la migliore classe dirigente non può risolvere in un baleno tutte le questioni. Per rendersene conto basta provare ad agire di persona invece di limitarsi a osservare e criticare dal balcone l’operato degli altri”.
C’è un modo di fare politica aderendo ad un partito; ce n’è un altro che parte dal basso con delle piccole rivoluzioni quotidiane. Penso a Gesù e a come ha cambiato la storia dell’umanità. C’è un modo indiretto di fare politica. C’è un modo, secondo me, di portare una rivoluzione sana, che non è frutto di magia.
E non lasciarsi corrompere. Non solo per chi fa politica dall’interno, ma anche per tanti che si girano dall’altra parte nelle vicende quotidiane. Quando vedo che qualcosa non funziona lì dove sto, non devo far finta di niente, ma bisogna che io porti il mio contributo.
I giovani hanno questa audacia. Sì, si può puntare di più su un giovane per la fermezza dei valori. Con l’età adulta si diventa un po’ più disillusi, invece la forza del giovane è di avere degli ideali grandi e saldi.
Quando un giovane crede fermamente in qualcosa, è difficile farlo sviare.
Finché non ci sarà un popolo che prende in mano tutto ciò che è considerato scarto, rimarremo un popolo di ragazzi e ragazze che continua a sbraitare dal balcone o dalla poltrona… continuando a togliere il problema che sta davanti agli occhi di tutti.
Con i poveri, con gli ultimi della società diventeremo veri messaggeri di pace e di speranza lì dove viviamo, senza paura, perché è nel più debole che si vede la forza del cambiamento!