Diario dal Sinodo/13
C’è una libertà di agire molto importante in quanto giovane laica. Non c’è infatti un abito che ti presenta o un ruolo che ti vincola… in evangelizzazione così come nelle testimonianze questa è la nostra forza: di primo impatto nessuno si aspetterebbe che gli parli di Dio perché tanti, come lo ero io d’altronde, sono abituati a collegare l’immagine di Dio a un abito, a una tunica. Mi colpì molto, per l’appunto, un’evangelizzazione con don Simone, allora diacono, che si presentò in una scuola con la felpa allacciata e fece la sua testimonianza di vita. Solo alla fine si sbottonò la felpa e si vide il colletto; i ragazzi rimasero a bocca aperta! Non si aspettavano che un consacrato avesse tanto da dire alla loro vita. La forza, secondo me, è stata quella di non presentarsi come tale, ma di essere visto come uno fra tanti…
Il buongiorno si vede dal mattino. Comincia così un’altra giornata di Sinodo e non può mancare il mio “caffè spirituale” prima di quello del bar. Sì, è da ormai qualche anno che mi sono presa l’impegno di scandire la mia giornata – e soprattutto al mattino nel momento del risveglio – con la preghiera e la meditazione del Vangelo del giorno, da cui mi prendo un impegno concreto per scandire la mia vita e nel concreto la mia giornata al ritmo di Dio.
Oltre ad essere una giovane ragazza, sono anche un membro della Famiglia Nuovi Orizzonti. Sono una consacrata laica, una Piccola della Gioia. Ho pertanto la possibilità di vivere come giovane ragazza nel mondo, ma prendendo degli impegni ben precisi di povertà, obbedienza, castità e gioia secondo il mio stato di vita. Questa famiglia mi ha fatto riscoprire quanto fosse importante vivere con radicalità prima di tutto il Vangelo per ottenere i frutti promessi da Gesù stesso: pace, gioia piena…
Tutti noi però, in quanto battezzati, siamo parte della Chiesa. Lo vedo concretamente in questi giorni come protagonista del Sinodo insieme a tanti altri giovani laici. Lo sento nelle parole che lo stesso Papa ci ha rivolto in diverse occasioni, incoraggiandoci nell’essere membri attivi nella vita della Chiesa, come all’assemblea del Pontificio Consiglio per i laici nel mese di giugno di due anni fa:
“E questa è la porta d’entrata! Alla Chiesa si entra per il Battesimo, non per l’ordinazione sacerdotale o episcopale, si entra per il Battesimo! E tutti siamo entrati attraverso la stessa porta. È il Battesimo che fa di ogni fedele laico un discepolo missionario del Signore, sale della terra, luce del mondo, lievito che trasforma la realtà dal di dentro”.
Uno dei temi trattati durante le assemblee sinodali è proprio il discernimento vocazionale. La vocazione è ciò che dà inizio ad un cammino di fede e di umanità a ciascuno di noi. Meditando la Scrittura, mi piace ritornare su questa Parola di Geremia così forte:
“Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni”.
Che bello sapersi parte di un sogno; essere pensati e voluti prima della creazione è ciò che mi dona un forte legame con Dio, con il mondo e non mi fa sentire sola.
C’è una porta d’ingresso che ci fa entrare a far parte di una grande famiglia. Tra noi, giovani, quando si parla di Chiesa, si pensa molto spesso solo a preti e suore, e in tempi come questi in cui il cattolicesimo è sulla bocca di tutti per gli innumerevoli scandali che i media ci hanno offerto come pane quotidiano, non vi dico a cosa si pensa quando ci parlano di Chiesa…
Sento tuttavia il bisogno di andare oltre. All’interno del Sinodo il ruolo dei laici sta prendendo sempre più spazio. È un ruolo che viene preso sempre più in considerazione ed apprezzato perché se ne sente l’importanza e l’efficacia.
La forza del laico sta nella sua capacità di arrivare ovunque e a tutti. C’è una libertà di agire molto importante in quanto giovane laica. Non c’è infatti un abito che ti presenta o un ruolo che ti vincola… in evangelizzazione così come nelle testimonianze questa è la nostra forza: di primo impatto nessuno si aspetterebbe che gli parli di Dio perché tanti, come lo ero io d’altronde, sono abituati a collegare l’immagine di Dio a un abito, a una tunica.
Mi colpì molto, per l’appunto, un’evangelizzazione con don Simone, allora diacono, che si presentò in una scuola con la felpa allacciata e fece la sua testimonianza di vita. Solo alla fine si sbottonò la felpa e si vide il colletto; i ragazzi rimasero a bocca aperta! Non si aspettavano che un consacrato avesse tanto da dire alla loro vita. La forza, secondo me, è stata quella di non presentarsi come tale, ma di essere visto come uno fra tanti…
Da ragazza direi che c’è un “outfit” contemporaneo che ti vieta di entrare in alcuni posti dove dovremmo esserci – bar, piazze ecc. – e dà però accesso a tanti altri dove è facile essere presenti – ambienti ecclesiastici -. Sento pertanto il bisogno di rinnovare il guardaroba ovvero di discernere ciò che devo o meno indossare!
Voglio riscoprire l’identità di battezzata e in parole più semplici rivedermi per quella che sono realmente: figlia; e figlia di Dio!
In quanto figlia dunque posso e sento il bisogno di entrare ovunque c’è un figliol prodigo che cerca l’abbraccio del Padre!