Giornata Missionaria
Le missioni hanno questo pregio: ci distolgono da noi, dai giorni autoreferenziali e ci ricordano che il mondo è vasto e vario, ma gli uomini sono, invece, tutti ugualmente uomini. Lapalissiano quanto fragile concetto. Alle missioni la Chiesa dedica il mese di ottobre e una Giornata mondiale da 92 anni: lo fa per ricordare i tanti che, generazione dopo generazione, si sono spinti lontano dalle certezze per un messaggio di salvezza da condividere e moltiplicare
Andate e predicate: il mandato era ed è questo. Lo fecero gli apostoli, lo fanno ancora sacerdoti, religiosi, laici. La Chiesa nasce missionaria, fiorisce dall’annuncio. Ne è impegnata ogni giorno: vale per chi vi ha dedicato la vita o un periodo; vale per ciascuno nel proprio quotidiano, perché questo mondo, oggi così mescolato, regala occasioni di incontro – non solo di scontro – con chi è diverso. E, volendo, anche sotto casa può nascere l’opportunità di una testimonianza.
È un annuncio che non ha fine. Lo sa bene Papa Francesco che ha messo i giovani al centro della Giornata Missionaria targata 2018 in programma per domenica 21. Una scelta che richiama il Sinodo in corso in questo ottobre missionario, ma anche una precisa volontà di attenzione.
“La vita è missione” ha ricordato Francesco, questa è la ragione per cui ciascuno si trova “a vivere sulla terra”. Usa verbi che alla gioventù s’addicono: essere attratti, sentirsi chiamati a un qualcosa, trovare la forza di seguirlo. Alcuni lo hanno già fatto, sperimentando di persona cosa significa la missione.
È capitato anche nella nostra diocesi grazie al Pem. Le parole di chi è rientrato grondano un intento nuovo: una maggiore attenzione alle cose del mondo.
Le missioni hanno questo pregio: ci distolgono da noi, dai giorni autoreferenziali e ci ricordano che il mondo è vasto e vario, ma gli uomini sono, invece, tutti ugualmente uomini. Lapalissiano quanto fragile concetto.
Alle missioni la Chiesa dedica il mese di ottobre e una Giornata mondiale da 92 anni: lo fa per ricordare i tanti che, generazione dopo generazione, si sono spinti lontano dalle certezze per un messaggio di salvezza da condividere e moltiplicare.
L’impegno primo, per la nostra diocesi, è oggi in Africa: in Kenia con don Romano e don Elvino, e in Mozambico con don Lorenzo e don Loris. Ma, oltre i nominati, tutti coloro che sono partiti da qui si sentano ricordati con gratitudine e ammirazione.
In questo anno così ricco di anniversari non si possono tacere due nomi, che vengono dal passato ma sono protagonisti dei nostri giorni: il Beato Odorico da Pordenone (nel 700° del viaggio) e il Servo di Dio, cardinale Celso Costantini (nel 60° della morte avvenuta il 17 ottobre del 1958). Entrambi sono partiti da Pordenone per recarsi in Oriente con un solo scopo: esportare Cristo.
Sono andati missionari e altri missionari hanno generato. Secondo gli ultimi dati a disposizione (Annuario Pontificio del 13 giugno 2018) i sacerdoti nel mondo sono 414.969: 67,9% appartengono al clero diocesano, il 32.1% ai religiosi. I cattolici battezzati 1.299 milioni, pari al 17,7% della popolazione mondiale; in crescita del +1,1% rispetto all’anno prima. Non sono nati dal nulla, ma dalle parole e dalle opere di chi è partito, spinto da quel primo mandato: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”. I missionari lo fanno da pulpiti spesso improvvisati come dalle scuole aperte, dai dispensari importati, dai pozzi scavati. Non lo fanno per altruismo estremo, né per generosa filantropia, ma in nome di quel comandamento nuovo che mette il prossimo al centro. E lo fanno anche per noi. Sostenerli è il nostro grazie.
(*) direttrice “Il Popolo” (Concordia-Pordenone)