Cop24

Clima: i vescovi di tutto il mondo uniti contro gli “effetti devastanti” del riscaldamento globale

Un appello ai leader di tutto il mondo, in vista della Cop24 sul clima che si terrà in Polonia a dicembre, perché intervengano per contrastare gli effetti devastanti del riscaldamento globale. E’ stato firmato oggi a Roma dai presidenti delle Conferenze episcopali regionali di Europa, Asia, Africa, America Latina ed Oceania. Focus sull’Africa con mons. Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Lubango (Angola) e presidente del Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar

I presidenti delle Conferenze episcopali regionali di Europa, Asia, Africa, America Latina ed Oceania hanno firmato oggi a Roma, nella sede di Radio Vaticana, una dichiarazione congiunta per chiedere ai leader dei governi di tutto il mondo “una azione immediata” per contrastare “gli effetti devastanti” dei cambiamenti climatici. In vista del summit Cop24 che si svolgerà a dicembre a Katowice, in Polonia, i vescovi reclamano un accordo per limitare l’innalzamento del riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi. Il processo è sostenuto da Caritas internationalis, Cidse e The Global catholic climate movement. Nel documento viene ricordata l’urgenza di “una giustizia intergenerazionale” nei confronti dei giovani; di “tutelare la dignità umana e i diritti, in particolare dei più vulnerabili”; di “preservare e proteggere il sapere e le tradizioni delle comunità indigene”, di cambiare il “paradigma finanziario”, “trasformare il settore energetico” e “ripensare il settore agricolo”. Firmatari dell’appello il card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Fabc, la federazione delle Conferenze episcopali asiatiche; mons. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece, rappresentante della Chiesa cattolica nell’Unione europea insieme al card. Angelo Bagnasco, presidente del Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee); il card. Rubén Salazar Gomez, arcivescovo di Bogotà e presidente del Celam, la Conferenza degli episcopati dell’America Latina, l’arcivescovo Peter Loy Chong, presidente della Fcbco (Oceania). Per l’Africa ha firmato monsignor Gabriel Mbilingi, arcivescovo di Lubango (Angola) e presidente del Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar, che ci ha parlato dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla popolazione africana.

Come la Chiesa dell’Angola sta affrontando la sfida ambientale causata anche dai cambiamenti climatici?

L’Angola è uno dei Paesi africani più sfruttati per la presenza di petrolio, diamanti e foreste. Abbiamo tanti problemi riguardo ai cambiamenti climatici perché lo sfruttamento minerario causa l’impoverimento dei terreni, che diventano non più coltivabili. In questo momento i problemi ambientali sono molto gravi. Il governo angolano ha istituito un Ministero per l’ambiente, noi come Conferenza episcopale cerchiamo di essere d’aiuto, anche perché nella regione dell’Africa australe dal 2016 c’è stata una precisa opzione a favore della tutela dell’ambiente. Abbiamo una Commissione giustizia e pace, stiamo preparando un manuale su questi temi, vogliamo lavorare sull’educazione, sul cambiamento di stili di vita e su leggi che possano dare delle garanzie.

Non vogliamo essere all’interno di quella parte di società che distrugge l’ambiente.

E a livello continentale?

A livello di Secam abbiamo la Commissione Giustizia, pace e sviluppo che collabora con il Dicastero per il servizio allo sviluppo umano integrale, perché lo sviluppo ha a che fare con l’ecologia. Stiamo cercando di portare avanti una azione comune, coordinata dal Secam, in tutte le otto regioni del continente africano. Abbiamo anche un’attività di lobby sulle questioni maggiori, tra cui la migrazione e la democrazia e l’ecologia, presso l’Unione africana (Ua).

In che misura il clima è causa di migrazioni forzate in Africa?

Moltissimo. Quando le persone si rendono conto che la terra non può più essere lavorata sono costretti ad abbandonarla. Molti lasciano i loro Paesi a causa della povertà, acuita dalla questione ecologica. Altri per problemi politici, per la mancanza di democrazia e perché i nostri governanti sono d’accordo con coloro che vogliono sfruttare le risorse del continente. E’ vero che la maggior parte dei migranti verso l’Europa provengono più dall’Africa settentrionale e centrale ma anche nell’Africa subsahariana ci sono grossi problemi di migrazioni interne, dovuti alla mancanza di pace e democrazia in molti Paesi.

In questi giorni di presenza al Sinodo si sarà reso conto che in Europa il dibattito sui migranti ha assunto toni ostili, soprattutto nei confronti di chi arriva dall’Africa. Quali soluzioni?

Le migrazioni esistono dall’inizio del mondo, ricordiamo i massicci flussi di europei verso le Americhe dopo la seconda guerra mondiale. In questi giorni ci rendiamo conto che tanti Paesi europei hanno anche bisogno di manovalanza straniera per sopperire al calo demografico ma quando si arriva al punto di favorire leggi per regolamentare una migrazione più ordinata non si assumono responsabilità. La migrazione è oramai una questione mondiale.

Come Chiesa non possiamo essere d’accordo con gli atteggiamenti dell’Europa nei confronti dei migranti africani.

Facciamo perciò un appello affinché i governi dei Paesi di origine e di destinazione trovino un modo ragionevole per affrontare il fenomeno. Perché i governi europei non aiutano i nostri capi in Africa a creare le condizioni perché la gente rimanga? Questo è il problema. Forse costerebbe molto di più all’inizio ma poi il fenomeno si potrebbe ridurre.