Televisione
L’Ospedale, il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa, rappresenta un punto di riferimento per la salute di bambini e ragazzi italiani e non. Tra letti, flebo e sale operatorie si alternano lacrime, sorrisi, momenti di sconforto e speranze di tanti piccoli pazienti, ma anche delle loro famiglie e di quanti – medici, infermieri, volontari, personale paramedico – lottano quotidianamente per la vita. E che sono i protagonisti di “Dottori in corsia. Ospedale Pediatrico Bambino Gesù”, una docu-serie in dieci puntate, ideata da Simona Ercolani e prodotta da Stand by me in collaborazione con Rai Fiction, che andrà in onda su Rai 3 da domenica 28 ottobre in seconda serata e ogni venerdì alle 15,20
Sgrana gli occhi, quasi incredula, quando il cardiochirurgo Antonio Amodeo entra in stanza a tarda sera per dirle che finalmente “il cuore sta arrivando”. Giulia abbraccia il medico, i genitori, chiama al telefono la sorella, fa festa con gli infermieri. Dopo tanta attesa, tutto è pronto per il trapianto. L’intervento è lungo come interminabili sembrano le ore passate in terapia intensiva. Cure, analisi, altri giorni in reparto prima di avere il foglio di dimissioni. Giulia può tornare a casa e ricominciare a vivere la bellezza dei suoi 16 anni. È una delle tantissime storie a lieto fine che si svolgono tra le mura dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa, che, con i suoi circa 3.300 professionisti, rappresenta un punto di riferimento per la salute di bambini e ragazzi italiani e non. Tra letti, flebo e sale operatorie si alternano lacrime, sorrisi, momenti di sconforto e speranze di tanti piccoli pazienti, ma anche delle loro famiglie e di quanti – medici, infermieri, volontari, personale paramedico – lottano quotidianamente per la vita. E che sono i protagonisti di “Dottori in corsia. Ospedale Pediatrico Bambino Gesù”, una docu-serie in dieci puntate, ideata da Simona Ercolani e prodotta da Stand by me in collaborazione con Rai Fiction, che andrà in onda su Rai 3 da domenica 28 ottobre in seconda serata e ogni venerdì alle 15,20.
Un’operazione di formazione e di verità. “Non è una fiction, ma un documentario di grande impatto emotivo, contro tanti ciarlatani”, l’ha definita Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, che intervenendo alla conferenza stampa di presentazione della serie ha sottolineato il valore di questa “opera di formazione e di verità” in un tempo in cui invece “diamo spazio a troppe persone che non diffondono il vero in medicina, facendo correre rischi alla medicina stessa e alla scienza”. “Vogliamo portare nelle case un messaggio di speranza, dire che è possibile andare oltre alla malattia, che la malattia può essere superata se si mettono in campo grandi alleanze, che si realizzano se si è convinti che ciò che si fa lo si fa per aiutare e migliorare”, ha aggiunto la presidente del Bambino Gesù, per la quale la docu-serie ha il grande merito di testimoniare che
“l’eroe non è il medico, per quanto bravo possa essere, ma l’ospedale intero, con la sua capacità organizzativa, di innovazione, di continua ricerca scientifica”.
Una serie sulla vita. Al centro di ogni puntata, della durata di 50 minuti circa, ci sono malattie rare e invalidanti, trapianti, interventi chirurgici altamente complessi come la separazione di gemelline siamesi, ma soprattutto il coraggio, la competenza e la cura di tutto il personale dell’Ospedale Bambino Gesù. La docu-fiction porta sul piccolo schermo storie di alta e media complessità medica che sono al contempo storie di vita e parla di medicina e scienza in modo chiaro e divulgativo. “Il linguaggio della docu-fiction è quello della testimonianza che permette, attraverso il racconto, di affrontare temi di grade importanza”, ha rilevato Eleonora Andreatta, direttore Rai Fiction, che non a caso ha definito il documentario “una serie sulla vita”. Di fronte “all’imbarbarimento culturale”, occorre “fornire delle chiavi di lettura” raccontando “anche con spietatezza il reale”, ha fatto eco Stefano Coletta, direttore di Rai3, per il quale “il servizio pubblico deve lavorare per rompere tanti tabù, tra cui quello della malattia”.
“Abbiamo pochi spazi per riflettere e dire che in Italia ci sono realtà efficaci, per raccontare il senso bello della vita, anche attraverso la fragilità della malattia”, ha aggiunto Coletta evidenziando l’importanza di “un prodotto che ha un obiettivo profondamente culturale”, di una “operazione verità” che “con nudità, grande misura, in punta di piedi, restituisce cosa accade davvero nella realtà”.
Da un’idea di… Papa Francesco. La serie, scritta da Simona Iannicelli, Anna Agata Evangelisti, Anna Pagliano e Lidia Barro con la regia di Marco Mangiarotti, “è dedicata a Flavio, un bimbo de ‘I ragazzi del Bambino Gesù’, la serie dell’anno scorso, che ci ha lasciato: è l’unico che manca, volevamo ricordarlo”, ha detto l’ideatrice Simona Ercolani che ha rivelato anche un piccolo retroscena. “Dopo la prima serie, abbiamo avuto la gioia di essere ricevuti in udienza da papa Francesco. In quell’occasione, forte e particolarmente emozionante – ha ricordato – il papa ci ha detto che ognuno di noi era una storia, non solo i bambini che erano ricoverati, ma anche i medici, gli infermieri, le famiglie. Ragionando su questo, abbiamo scelto di raccontare la battaglia quotidiana di tutto il personale”. “Praticamente la serie è nata da un’idea di Papa Francesco. Avendo lui tra gli autori, non potevo non esserci”, ha concluso con una battuta l’attrice Geppi Cucciari, voce narrante della docu-fiction che racconta 22 casi che hanno coinvolto 30 medici, 14 reparti e hanno impegnato 6 troupe per 16 mesi di riprese e 15 di montaggio, e una cinquantina di persone. Nell’ottica di un’operazione di formazione e informazione, l’Ospedale Bambino Gesù affiancherà alla messa in onda delle puntate la pubblicazione sul portale www.ospedalebambinogesu.it (e sui canali social) di articoli, approfondimenti e informazioni di servizio per le famiglie rispetto alle patologie o alle questioni affrontate.