Settimana Sociale
All’indomani del Sinodo sui giovani, mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, fa il punto sul rapporto tra i giovani e il lavoro, presente nel documento finale sinodale. A un anno dalla Settimana sociale di Cagliari, l’impegno prioritario della Chiesa italiana è sul versante della formazione, tra “buone pratiche” e inizio di una sperimentazione negli oratori. Tra le priorità, anche il rilancio delle Scuole diocesane di formazione alla politica
Il lavoro? “È uno dei punti centrali in cui si realizza la vocazione dei giovani”. Ne è convinto mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani, che all’indomani della conclusione del Sinodo dei vescovi sui giovani si sofferma sul legame tra questi ultimi e il lavoro. A margine della presentazione degli Atti della Settimana sociale di Cagliari (26-29 ottobre 2017), l’arcivescovo fa notare che a distanza di un anno “il quadro politico è profondamente cambiato, ma i problemi riguardanti il lavoro nella nostra società ci sono ancora tutti”. “Rilancio deciso del Progetto Policoro; ripresa delle buone pratiche nel progetto Cantieri di LavOro; avvio di una sperimentazione sugli oratori”: sono i tre versanti su cui la Chiesa italiana sta puntando, per il dopo-Cagliari, attraverso “un metodo sinodale” che nasce “dal rafforzare l’esperienza di comunione in un collegamento più stretto particolarmente tra le Commissioni diocesane per i problemi sociali, la Consulta dei laici, la Caritas e la pastorale giovanile”. Altro impegno prioritario: valorizzare le Scuole diocesane di formazione alla politica, “per svolgere quella funzione di stimolo critico che appartiene alla comunità ecclesiale nel suo continuo richiamo al bene comune”.
Mons. Santoro, sono i giovani i primi destinatari di quel “lavoro degno” auspicato dal Papa a Cagliari?
La proposta della 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani, ora presente in questi Atti, è che il tema del lavoro diventi il cardine di una inedita alleanza intergenerazionale, capace di salvare i nostri figli dalla stagnazione e gli anziani da una progressiva perdita di protezione. Occorre promuovere il lavoro degno come pilastro di un nuovo modello di sviluppo che non sia più ossessionato dalla crescita quantitativa e da una efficienza economica e tecnica senza coscienza.
Cosa significa, per la Chiesa, “umanizzare” il lavoro?
Significa anzitutto offrire ai giovani una adeguata formazione professionale.
Come ci insegna il Sinodo appena concluso, il primo passo per avvicinarsi adeguatamente alle nuove generazioni è l’ascolto, la valorizzazione della persona.
Il metodo usato a Cagliari è un “metodo sinodale”, basato non su teorie e numeri, ma sui drammi delle persone. Inizia dall’ascolto delle sofferenze legate alla vita della gente e fa leva sulla denuncia, valorizzando le buone pratiche. Per cambiare l’economia ci vuole qualcosa che viene prima dell’economia stessa: una “conversione culturale”, che parta dalla riscoperta del valore del lavoro come apporto alla valorizzazione della persona. Solo così è possibile umanizzare il lavoro e l’innovazione tecnologica. Altrimenti si dà luogo ad un’efficienza senza coscienza, che poi dà origine al disagio sociale in cui ci troviamo.
La politica, oggi, non rischia di essere sorda a questi richiami?
Rispetto ad un anno fa, il quadro politico è profondamente cambiato, ma i problemi che riguardano il lavoro sono ancora tutti aperti:
la lotta alla povertà, che cresce in maniera impressionante; la disoccupazione giovanile, che al Sud va oltre il 50%, nella fascia di età tra i 14 e i 19 anni: il divario economico tra Nord e Sud, che nonostante alcuni miglioramenti registra un’accentuazione delle disparità; il lavoro femminile; la denatalità, che in Italia ha ormai da tempo i tratti di un vero e proprio inverno demografico.
Da Cagliari è venuta fuori un’indicazione chiara: la fine di una crescita economica trainata dai consumi.
Certo i consumi sono importanti, ma la crescita si regge nel tempo se siamo capaci di investire seriamente nel futuro, senza bruciare le risorse per sostenere i consumi nel breve termine. Ci vuole una prospettiva economica espansiva che abbia al centro la dignità del lavoro in vista del futuro: rafforzando gli investimenti pubblici e privati, i giovani e la natalità, la formazione e la ricerca, la lotta al dissesto idrogeologico, al degrado del patrimonio culturale e delle periferie. Le proposte venute fuori da Cagliari, basate sulla centralità del lavoro, hanno valore anche nell’attuale situazione. Anche l’attuale governo lo afferma quando ritiene necessario avviare le persone al lavoro, ma la priorità è data all’incentivo, al sostegno, al reddito più che alla creazione di lavoro. Dopo un necessario aiuto iniziale a chi è in povertà assoluta, ciò che dà dignità è il lavoro e non il reddito.
Come avvicinare i giovani alla politica?
Rilanciare la proposta dei cattolici in politica, come il Papa ha esortato a fare rivolgendosi all’Azione Cattolica e durante la sua visita pastorale a Cesena – invito rilanciato anche dal card. Bassetti -, è urgente per superare sia la diaspora, sia l’insignificanza, su problemi vitali delle persone e della società come il lavoro, la vita e la famiglia, l’educazione, la custodia del creato, la pace e i migranti. Otre ai giovani, è importante coinvolgere in questa azione anche persone che provengono da esperienze culturali differenti. Accanto al tema del lavoro, infine, va messo in rilievo il valore antropologico del riposo domenicale, valutandone adeguatamente le forme anche attraverso un chiaro progetto legislativo.