Emergenza educativa
Storie come quelle di Desirèe dall’epilogo più o meno tragico dovrebbero riportare al centro del dibattito la responsabilità educativa della comunità adulta. Nel fare questo è bene essere consapevoli che nessuno può chiamarsi fuori. Desirée ci ricorda che nel nostro Paese c’è un’emergenza educativa che va affrontata ciascuno facendo la propria parte. Smettiamola di dire che è colpa sempre di qualcun altro.
Mentre si concludeva il Sinodo dei vescovi sui giovani, le cronache precisavano i dettagli agghiaccianti dell’omicidio della sedicenne Desirée Mariottini, stuprata e uccisa a metà ottobre, dopo essere stata drogata e resa incosciente. L’atroce uccisione è avvenuta a Roma a San Lorenzo, un quartiere noto per il suo degrado. Martedì scorso sono stati celebrati i funerali di questa adolescente. La sua storia fatta di disagi familiari, sbandamenti pericolosi nel mondo della tossicodipendenza (in estate la sua situazione era stata segnalata ai servizi sociali) interpella tutti e in particolare il mondo adulto. I responsabili vanno assicurati alla giustizia, individuandone le precise responsabilità.
Colpisce l’efferatezza dell’episodio, la giovanissima età della vittima. L’emozione è assolutamente comprensibile, ma non può essere l’unica e principale reazione. A tale riguardo c’è da chiedersi se chi (come è accaduto in tv in questi giorni) di fronte a fatti di estrema gravità come questi invoca pene esemplari (addirittura la pena di morte) e si scaglia contro lo Stato che in zone del Paese è assente, ha semplicemente una reazione emotiva, o non stia piuttosto cercando degli alibi per non sentirsi chiamato in causa come adulto, rispetto alla propria responsabilità educativa.
La condanna dell’episodio di una violenza e crudeltà assurde e di chi ne porta la responsabilità è una parte fondamentale di tutta questa triste storia. C’è un altro capitolo altrettanto importante che è necessario dirci in modo netto e onesto. Storie come quelle di Desirèe dall’epilogo più o meno tragico dovrebbero riportare al centro del dibattito la responsabilità educativa della comunità adulta. Nel fare questo è bene essere consapevoli che nessuno può chiamarsi fuori. Non si può delegare questa responsabilità solo a istituzioni quali la scuola o la parrocchia, o chiamare in causa la politica (sempre buona per poter svuotare le nostre non buone coscienze). Certo, ci sono responsabilità anche delle istituzioni che permettono che la qualità della vita in quartieri come San Lazzaro a Roma, sia a livelli inaccettabili. Ma non basta. Come ricorda un famoso proverbio africano “per educare un bambino ci vuole un intero villaggio” e dunque ciascuno di noi deve fare la propria parte.
Desirée ci ricorda che nel nostro Paese c’è un’emergenza educativa che va affrontata ciascuno facendo la propria parte. Smettiamola di dire che è colpa sempre di qualcun altro.
Il Sinodo appena concluso dà un’indicazione chiarissima: i giovani hanno bisogno di essere ascoltati. Realmente e senza secondi fini. La sofferenza di Desirée espressa nel disagio è stata spenta dalla violenza di tre assassini, prima che qualcuno potesse ascoltarla.
(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)