Prophetic Economy
500 persone, dai 9 anni in su, si sono riunite a Castel Gandolfo per condividere “buone pratiche” di economia profetica. Colombia, Benin e Brasile i tre vincitori dei Prophetic Economy Awards, scelti tra 135 candidati di 35 Paesi. Protagonisti i giovani, “change makers” in dialogo con le generazioni che li hanno preceduti. Germán Graciano Posso ha visto morire 13 membri della sua famiglia, e 300 membri della sua comunità: “Ma un’altra Colombia è possibile”, la testimonianza di chi pianta cacao per dire no alla droga, anche se i “narcos” lo minacciano di morte
Colombia, Benin e Brasile. Sono i tre Paesi da cui provengono i vincitori del concorso per le “buone pratiche” lanciato in occasione dell’evento internazionale “Prophetic economy”, che si è svolto nei giorni scorsi presso il Centro Mariapoli di Castel Gandolfo, con la partecipazione di 500 persone provenienti da oltre 40 Paesi dei cinque continenti. La scommessa: dimostrare che anche i giovani possono essere “change-makers”, cioè agenti di cambiamento per un’economia alternativa e solidale a favore dello sviluppo umano integrale. All’origine del progetto c’è una rete internazionale composta da sette organizzazioni: Comunità Papa Giovanni XXIII, Nomadelfia, Movimento globale cattolico del clima, Movimento Atd Quarto Mondo, Associazione Mondo di Comunità e Famiglia, l’iniziativa SlotMob e il Movimento dei Focolari con i suoi progetti Economia di Comunione e Teens for Unity. Ad aprire i lavori, all’insegna dello scambio interattivo e intergenerazionale, è stato l’economista americano di fama mondiale Jeffrey Sachs: “Un’economia profetica – ha affermato – significa un’economia che opera nella visione dei profeti, che significa nella visione della giustizia, della pace, di soddisfare i bisogni delle persone più povere, una visione di protezione del creato. Abbiamo bisogno di un’economia di sviluppo sostenibile che significhi un’economia in cui la prosperità è condivisa. Questo è socialmente giusto ed ecologicamente sostenibile”. Varia la composizione dei partecipanti: economisti, esperti in ambito economico-finanziario, attivisti del settore ecologico, imprenditori e studenti, persone di diverse culture e credi religiosi, dai nove anni in su. E proprio i giovani e i ragazzi sono stati protagonisti sia di un programma tagliato su misura per la loro età, con giochi e interviste ad esperti su temi economici ed ecologici, sia di diversi “panel” con gli adulti attraverso loro domande, proposte, testimonianze. Due le proposte concrete dei convegnisti più giovani, che hanno approfondito e raccolto la sfida lanciata dalla Fao di lavorare per vincere la fame nel mondo entro il 2030 (#zerohunger): diffondere maggiormente la pratica del “pasto sospeso” e introdurre una nuova materia scolastica che abbia per oggetto gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Giovani in cattedra. “È profetico – ha spiegato l’economista Stefano Zamagni – chi guarda avanti e osa gettare lo sguardo oltre l’ostacolo per individuare vie di accesso. Perché l’attuale modello di ordine economico e sociale non funziona più. L’economia profetica è quella di chi dice: liberiamoci dai vecchi modi di pensare e osiamo e tentiamo vie nuove”. “Essi – ha detto Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, parlando dei vincitori dei Prophetic Economy Awards, per i quali sono arrivate 135 candidature da 35 Paesi – praticano una realtà di economia diversa da quella diffusa, vedono più lungo dell’economia imperante, non sono profetici nella visione, ma nella pratica quotidiana. Queste realtà hanno la capacità di essere docenti di economia”. “Spesso, di fronte ai grandi meccanismi finanziari globali, c’è il rischio di scoraggiarsi, di sentirsi ininfluenti”, ha fatto notare l’economista argentina Cristina Calvo: “L’antidoto all’immobilità è ampliare lo spettro d’azione su tutti e tre i livelli: micro, medio e macro. L’economia profetica ci dimostra che esistono esperienze pratiche e orientamenti teorici in grado di indicare un’altra direzione”. Secondo l’economista Luigino Bruni, “oggi non si può più parlare di povertà senza parlare di clima. Il grido della terra e il grido dei poveri sono lo stesso grido”.
Contro i “cartelli della morte”. “Trovare un’alternativa per vivere in mezzo alla guerra senza prendervi parte”. È questa la filosofia della “resistenza”, che in termini esistenziali si traduce “resilienza” ma può assumere i connotati di un vero e proprio eroismo. A raccontare la sua storia è Germán Graciano Posso, responsabile legale della Comunità di Pace San José de Apartado, in Colombia, che si è aggiudicata il primo premio dei “Prophethic Economy Awards”. “Un contadino senza la sua terra non è un contadino”, dice cercando di spiegare che qui, in quest’angolo di Colombia dominato dai “narcos” ed espropriato dalle multinazionali, la difesa del territorio si paga con la vita. Nata il 23 marzo 1997 per offrire agli abitanti un’alternativa sostenibile alle piantagioni di cocaina, tramite la produzione e l’esportazione di cacao, la comunità di San José ha già pagato un tributo di 300 persone assassinate, a cui si aggiunge quello personale di Germán, che ha visto morire 13 persone nella sua famiglia. Ma un’altra Colombia, una Colombia solidale, nonostante le minacce, la violenza e la morte, è possibile, assicura: “Sappiamo che possono assassinarci in qualunque momento, ma grazie all’appoggio e all’amore di tutto il mondo, continuiamo. Sappiamo chi ha ucciso, però non odiamo: ce lo ricorderemo per sempre, ma non porteremo rancore”. Quando gli chiedono come faccia a non essere depresso, a non farsi vincere dalla disperazione o dalla paura, lui risponde convinto: “Perché il mio progetto, quello che fa la mia comunità vale più della vita”.