Europa
Lo scorso 20 agosto la Grecia è uscita ufficialmente dal programma di aiuti europeo, avviato a maggio del 2010 per fare fronte alla voragine del suo deficit pubblico. Ma la crisi può dirsi davvero finita? Per i greci è iniziata, forse, la ripresa? Per padre Ioannis Patsis, vice presidente di Caritas Grecia e direttore di Caritas Atene, non è proprio così. E, al Sir, lancia un vero e proprio appello: “Stiamo tagliando tutto il possibile, anche il personale, ma non basta. Aiutateci!”
“I cestini delle offerte in chiesa non sono mai vuoti. Quando chiedo aiuto la gente non si tira indietro. Quel che può dare lo dona totalmente a chi ha bisogno. Non importa se giovane o anziano, se straniero o greco, cristiano o musulmano. Siamo tutti figli di Dio. La generosità è grande anche in una situazione drammatica come questa che stiamo vivendo da lungo tempo. Ma da sola non basta”.
Per padre Ioannis Patsis, da due anni vice presidente di Caritas Grecia e direttore di Caritas Atene, la Grecia di oggi è un po’ come “la vedova del Vangelo che, nella sua miseria, dona al Tempio tutto quanto aveva. I due spiccioli necessari per vivere”. Padre Patsis è anche parroco della chiesa di san Paolo al Pireo, una missione che lo fa stare ogni giorno a contatto con la gente e i suoi bisogni dettati da una crisi economica e finanziaria che sembra non avere fine. Nemmeno dopo il 20 agosto scorso, data nella quale la Grecia è uscita ufficialmente dal programma di aiuti europeo, avviato a maggio del 2010 per fare fronte alla voragine del suo deficit pubblico.
Dentro il tunnel. “Con oltre 288 miliardi di euro da restituire alla Troika (Bce, Fmi e Ue) – rileva il sacerdote – non si può certo dire che la Grecia sia fuori dalla crisi. Siamo ancora dentro il tunnel ed è difficile vederne la luce alla fine”. Le ragioni di questo stallo sono tante, e padre Ioannis le cita alla stregua di una lunga lista della spesa: “Il nostro Paese non ha industrie, il settore edilizio è fermo, le imprese chiudono, gli investimenti sono un miraggio, sanità e scuole al collasso. Mancano soldi e lavoro. A questo si aggiunga la presenza di tantissimi rifugiati e richiedenti asilo, circa 50mila attualmente, da Siria, Pakistan, Afghanistan, dall’Africa, Albania e, adesso, anche dalla Turchia. Negli ultimi due anni sono arrivati in Grecia circa 5.000 turchi che hanno richiesto asilo politico”. Non basta. Ad aggravare la situazione è “l’età avanzata della popolazione. Oggi arrivare a percepire la pensione è un successo. Si tratta di assegni minimi dopo 13 tagli e con il 14° in arrivo probabilmente a gennaio 2019”. Conclusione? “Oggi in Grecia è molto difficile vivere, devi pregare e sperare di avere forza e salute per affrontare questa situazione”.
Periferia Ue. La Grecia oggi è l’estrema periferia dell’Ue e il vice presidente di Caritas Grecia non nasconde la sua rabbia per questo. “Non dovevamo entrare nell’Euro. Non ne avevamo le capacità e le possibilità. La storia ci dice che il governo guidato allora dal socialista Kostas Simitis alterò i conti pubblici per entrare, nel 2001, nella moneta unica”. Non è un caso che nella classifica dei Paesi europei, stilata sulla base del livello di corruzione percepita nel settore pubblico e realizzata annualmente da Transparency International, la Grecia veleggi nei bassifondi. Per il popolo ellenico ora è il tempo di fare anche un esame di coscienza. Padre Ioannis non si tira indietro: “Come greci non abbiamo avuto mente e cervello per capire che stavamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità. Gran parte della popolazione si è indebitata con le banche per continuare ad avere un tenore di vita altrimenti impossibile da permettersi. E se non paghi il debito le banche ti prendono anche la vita”. Ma adesso è inutile piangere sul latte versato. La finta agiatezza concessa dalle carte di credito oggi ha lasciato spazio “al nervosismo, alla sofferenza, alla mancanza di speranza nel futuro.
I greci si lasciano vivere sperando di andare avanti in qualche modo.
La vita sembra fermarsi come dimostrano il calo dei matrimoni e delle nascite e l’aumento delle morti”.
Tutti segni meno nella Grecia di oggi. Secondo stime della Banca centrale di Grecia 500mila ellenici, quasi tutti ben istruiti, sono emigrati all’estero con famiglie al seguito. Dal 2008 ad oggi il Pil greco ha fatto registrare un meno 28% e solo lo scorso anno è tornato a crescere ma al di sotto delle previsioni. Migliora, ma resta grave, la disoccupazione passata dal 27% del 2015 al 21% attuale. Il debito è salito al 190% del Pil per effetto dei prestiti ricevuti dalla Troika e dei prestiti delle banche oggi sommerse da rate non pagate. E così anche il boom del turismo – con 30 milioni di presenze nel 2018 – rischia di rivelarsi un brodino caldo. “È un turismo in larga parte ‘mordi e fuggi’ che non lascia molte risorse nel Paese con un indotto lavorativo stagionale”, commenta il sacerdote.
“Stiamo perdendo le forze migliori del Paese. Partono i cervelli e non torneranno. Le loro famiglie troveranno all’estero quello che qui non hanno più: una scuola degna di questo nome, cure mediche adeguate, pensioni dignitose e stabilità. Perché dovrebbero tornare?”
incalza padre Ioannis che evidenzia anche la crescita dell’uso di alcool e droghe tra la popolazione, “sono le medicine della disperazione”. A proposito di medicine: “Oggi in Grecia non ci si può curare, al massimo si cerca di non morire. Gli ospedali, causa mancanza di posti letto, hanno degenti che dormono nei corridoi. Le liste di attesa per esami strumentali sono lunghissime. Mancano lenzuola, farmaci. I servizi sanitari sono stati tagliati del 50% così chi può va a curarsi privatamente”. Ritorna la domanda del vice presidente di Caritas Grecia: “Possiamo veramente dire che siamo usciti dalla crisi? Con stime che parlano del 35% dei greci che vivono al di sotto della soglia di povertà, davvero possiamo affermare una cosa del genere?”. E poi una risata amara.
Mancano gli aiuti. Come amara è la constatazione di non poter fare di più per aiutare chi sta nel bisogno. Mancano gli aiuti. In questa missione Caritas Grecia e Caritas Atene sono affiancate anche da Caritas Italiana che porta avanti, in collaborazione con le Caritas diocesane, dei gemellaggi e 4 programmi nazionali basati sullo sviluppo di centri di ascolto e di osservazione della povertà, su esperienze di economia sociale per creare occupazione, sulla formazione dei giovani all’impegno civile e sulla creazione di centri polivalenti per rispondere ai bisogni sociali, individuali e comunitari delle famiglie greche e di profughi.
“Come Caritas abbiamo aperto le mani per dare fino a che abbiamo avuto qualcosa da dare. Oggi siamo costretti a tenerle chiuse perché gli aiuti non ci sono quasi più”, ammette padre Ioannis,
che pensa alla mensa di Atene dove, dice con orgoglio, “da ben 14 anni serviamo più di 600 pasti al giorno, il 12% degli utenti sono greci. Ma i fondi basteranno fino al 31 dicembre. Poi il nulla. Saremo costretti a chiudere. Da soli sarà impossibile andare avanti. Per questo dico a tutti: aiutateci, svegliatevi, siamo piccoli e da soli non ce la facciamo più a dare aiuto. Stiamo tagliando tutto il possibile, anche il personale, ma non basta. Aiutateci!”.
“Non abbiamo nulla più da dare se non l’amore di Cristo che – è duro dirlo – non riempie lo stomaco”.
Le parole di padre Ioannis però non sono una resa: “Ci resta ancora la generosità dei greci, la generosità della vedova del Vangelo. Finché ci sarà questa sarà sempre possibile sperare in un giorno migliore per la Grecia”.