Rapporto Censis
Sono tanti i segnali del generale “incattivimento” che il Censis recensisce. L’impressione complessiva è quella di una società che sta entrando sempre più nella “fine di un’epoca” e quello che si configura assomiglia ad un tempo di decadenza. Dal “nichilismo decadente” che ammala la società attuale – e i nostri giovani – si può venir fuori solo con la testimonianza appassionata di adulti che amano quello che fanno e che sono disposti, con generosità e passione, a “dare la vita”. Non sembra ci siano alternative all’incattivimento collettivo: ci vogliono persone responsabili e appassionate.
Leggere, anno dopo anno, il Rapporto Censis sulla situazione sociale dell’Italia diventa sempre più desolante. Basta prendere in esame le ultime due indagini: se il 2017 per il Censis era stato l’anno del “rancore”, il 2018 si è rivelato come l’anno della “cattiveria”. Gli italiani, sempre secondo il Censis, si sarebbero progressivamente “incattiviti”, perché delusi dalla mancata ripresa economica e dal mancato cambiamento strutturale che si aspettavano. L’analisi dell’Istituto di ricerca, in realtà, fa emergere aspetti della società italiana che conoscevamo già da tempo, ma l’indagine li mette a fuoco in modo impietoso. (C’è da chiedersi, tuttavia, se queste letture siano d’aiuto per superare la crisi oppure non affossino definitivamente la situazione, contribuendo a far accadere proprio ciò che descrivono). Gli altri Paesi europei – ma il dato non può essere un motivo di consolazione – non sembrano essere messi granché meglio: la Francia è alle prese con le proteste dei gilet gialli (e proprio mentre stiamo scrivendo anche con un nuovo attentato di matrice terroristica); il Regno Unito deve fare i conti con le conseguenze inattese della Brexit e con le difficili e costose operazioni di “sganciamento”. Solo per fare due esempi di un malessere diffuso anche al di là delle Alpi… Se ci limitiamo alla società italiana, sono tanti i segnali di questo generale “incattivimento” che il Censis recensisce. L’impressione complessiva è quella di una società che sta entrando sempre più nella “fine di un’epoca” e quello che si configura assomiglia ad un tempo di decadenza.
L’ennesimo incendio doloso di un deposito di rifiuti, come quello dell’impianto di smaltimento alle porte di Roma, conferma l’immagine di una società che non appare in grado di affrontare i problemi e, quando emergono, trova solo delle scorciatoie che danneggiano tutti. Anche l’episodio di Corinaldo che ha visto la morte di cinque ragazzi e di una giovane mamma – solo per citare un altro fatto di cronaca che ha toccato sul vivo la nazione – apre scenari che confermano la lettura preoccupata del Censis. Da un lato, sembra che il mondo dei giovani sia sfruttato da adulti senza scrupoli, che per accumulare soldi non si fanno problemi a derogare da essenziali norme di sicurezza. Dall’altro, non lascia tranquilli il fatto che tra i giovanissimi (cioè ragazzini delle medie) trovino crescente plauso degli artisti i quali in modo più o meno esplicito inneggiano nelle loro canzoni alla droga, alla strumentalizzazione della donna e al malaffare… Sembra prevalere il fascino per ciò che è l’opposto della bellezza e della giustizia: fenomeno tipico dei tempi di decadenza e duro atto di accusa nei confronti del mondo degli adulti. Dinanzi a questo scoraggiante panorama, la domanda da porsi è: che fare? Tornando all’indagine, il Censis fa appello alla “responsabilità politica che non abbia paura della complessità, che non si perda in vincoli di rancore o in ruscelli di paure, ma si misuri con la sfida complessa di governare un complesso ecosistema di attori e processi”. Detto in altri termini, meno leziosi, si chiede ai politici di saper progettare una società possibile, senza proclami e illusorie promesse, ma con una visione del futuro che tenga conto della concretezza e dei passi reali e necessari per costruirlo. Come a dire che nessuno può pensare di avere la bacchetta magica per cambiare d’imperio, con un colpo di scena, la società italiana. Bisogna passare attraverso una “responsabile” e impegnativa (a volte anche noiosa) mediazione, che si confronta con tutte le forze in campo. Alcuni esempi positivi ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. Penso alla mobilitazione di istituzioni e cittadini per affrontare i disastri causati dal maltempo nel bellunese: ci sono ancora ampie risorse – politiche, economiche ma soprattutto di tipo morale – capaci di mobilitarsi efficacemente nelle situazioni di emergenza. Sul versante più squisitamente educativo, dal “nichilismo decadente” che ammala la società attuale – e i nostri giovani – si può venir fuori solo con la testimonianza appassionata di adulti che amano quello che fanno e che sono disposti, con generosità e passione, a “dare la vita”. Non sembra ci siano alternative all’incattivimento collettivo: ci vogliono persone responsabili e appassionate.
(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)