Riflessione/2

Novena di Natale. Dobbiamo fare come Mosè

Le iniziali delle “Antifone O”, lette dall’ultima alla prima, quasi a dirci che il tempo muta la sua dimensione naturale, formano due parole latine ero cras…domani sarò qui. La vigile attesa sia dominata da questo ritmo

O Adonai,
e condottiero di Israele
che sei apparso a Mosè tra le fiamme,
e sul Sinai gli donasti la legge:
redimici col tuo braccio potente.

Da quell’intenso fuoco, indomabile tanto che, ancora oggi, fiammeggia e incendia, anche se noi non lo degniamo di uno sguardo, emerge con statura di condottiero l’Altissimo, Colui che guida il suo popolo nei meandri della storia. Non lo lascia solo, gli fa un dono inestimabile: la Torah, l’insegnamento che indica e plasma, sprona e conduce.

Mosè è con noi in questo cammino proprio perché si è tolto i calzari e ha riconosciuto il mistero.

Il fiammeggiare e il crepitio del roveto lo possiamo percepire solo se ci poniamo in silenzio, se il business della “festa di stagione” non ci assorda e non ci abbaglia.

Via comoda, via tranquilla e soddisfacente, in apparenza.

Dobbiamo fare come Mosè: osservare, interrogarci, liberare i nostri piedi dal superfluo e lasciarci avvolgere dal mistero.

La scoperta sarà inestimabile: il piccolo bambino inerme sarà per noi la Torah incarnata, Gesù il Cristo, il Messia.

Fuoco di Amore trinitario che tutto lambisce e accende.

Da Lui, per noi, potenza di salvezza.