Riflessione/3

Novena di Natale. La radice feconda

Le iniziali delle “Antifone O”, lette dall’ultima alla prima, quasi a dirci che il tempo muta la sua dimensione naturale, formano due parole latine ero cras…domani sarò qui. La vigile attesa sia dominata da questo ritmo

O Radice di Jesse,
che sei un segno per i popoli,
innanzi a te i re della terra non parlano,
e le nazioni ti acclamano:
vieni e liberaci,
non fare tardi.

Radice terrosa, nascosta sotto le zolle, se esposta al sole, all’acqua, alle intemperie, perisce e si secca.

Radice feconda che regge i secoli e tutte le possibili distruzioni. Radice che affonda in un terreno scelto e dall’Altissimo protetto e curato: il popolo che si è eletto.

Jesse, padre di Davide inizia questa fioritura che nessuno potrà mai cancellare.

La radice, nodosa e forte, innerva ogni momento della storia, richiama chi sappia vederla. Tutti i popoli devono apprendere a vederla, ad amarla.

È la dinastia non di una casata umana, antica e potente quanto si voglia. È la nostra dinastia, la nostra casata.

Chiude letteralmente la bocca ad ogni potere perché il suo potere è potere di salvezza donata non di potere violento, non di potere di sottomissione.

Radice che, nel paradosso, innalza, non sprofonda la persona, la proietta in dimensione eterna.

Invocata, arriva e scardina, dona ampiezza e profondità, dona il Bambino che saprà vincere la violenza della morte con morte d’Amore.

Vieni.