Riflessione/7
Le iniziali delle “Antifone O”, lette dall’ultima alla prima, quasi a dirci che il tempo muta la sua dimensione naturale, formano due parole latine ero cras…domani sarò qui. La vigile attesa sia dominata da questo ritmo
O Emmanuel,
nostro re e legislatore,
speranza delle genti,
e loro Salvatore:
vieni e salvaci,
Signore, nostro Dio.
L’Atteso ora ha un Nome. Non porta un sigillo di forza, di denaro, di grandezza, di casata che ha accumulato una fortuna intoccabile.
Porta però un Nome. Non è solo più uno sconosciuto ma, facendoci conoscere il suo Nome, per la mentalità ebraica e biblica, Egli a noi si è consegnato.
Emmanuele significa El con noi. Non il Forte, il Vigoroso, l’uomo dalle imprese erculee. Semplicemente: El che cammina con noi, El che ci è vicino ed è diventato Padre, Fratello. Amico, Compagno.
Perché non dirgli il nostro nome visto che Egli ci ha consegnato il Suo Nome?
Dirglielo nel momento in cui diventa carne umana, fragile e misurata. Un sacco di pelle destinato a perire?
Emmanuele questo comporta come differenza: il sacco di pelle perirà di morte violenta. Noi periremo nel nostro sacco di pelle.
Con una certezza portata al Bambino: Emmanuele risorgerà, romperà i lacci oscuri della morte, supererà la barriera a noi sconosciuta (ma temuta) per aprirci la strada.
Senza paura perché El è con noi. Emmanuele.