Editoriale

Papa Francesco alla Curia romana: la Chiesa è viva, il male non vincerà mai

La Chiesa, dunque, non è un corpo morto perché in sofferenza per le “piaghe degli abusi e dell’infedeltà”. Tutt’altro, la Chiesa è viva. La sofferenza, per quanto possa provocare dolore, consente d’individuare in maniera precisa il problema e, quindi, la cura

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ci sono un cardine e una certezza – entrambi ben evidenti – nel discorso che Papa Francesco ha rivolto il 21 dicembre alla Curia Romana, in occasione della presentazione degli auguri natalizi.
Il cardine: la visione di Chiesa che emerge dalla costituzione conciliare Lumen Gentium, che il Santo Padre cita – nel numero 8 – all’inizio del suo intervento.
La certezza: la Chiesa uscirà dalle tribolazioni del momento presente, “ancora più bella e purificata e splendida”.
Cardine e certezza si tengono insieme, dando coordinate precise a partire proprio da quel numero 8 della Lumen Gentium.

“La Chiesa «prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio» (Sant’Agostino, De civ. Dei, XVIII, 51, 2: PL 41, 614), annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga (cfr. 1 Cor 11,26). Dalla virtù del Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori, e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella pienezza della luce”.

Il contesto di questa citazione è illuminante. Si parla di Chiesa quale “realtà visibile e spirituale” e, successivamente, di “popolo di Dio” (cap. II, nn. 9-17). Ma ciò che più attira l’attenzione è che il numero 8 è un condensato della visione ecclesiale di questo pontificato. Vi si trovano infatti, espresse in sintesi, la sinodalità, la collegialità, la comunione tra i diversi membri, ma soprattutto quell’espressione tipicamente bergogliana: Chiesa povera per i poveri.

“La Chiesa – si legge infatti nel documento (n.8) – circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo, ‘santo, innocente, immacolato’ (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor 5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17), la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della penitenza e del rinnovamento”.

Ecco, allora, che s’intendono appieno i processi di riforma e purificazione richiamati, più volte, da Papa Francesco. Il discorso alla Curia Romana si colloca proprio in questo percorso. Non è una semplice analisi sociologica di quanto avvenuto nell’ultimo anno. Non è un’amara elencazione delle tribolazioni, o meglio “afflizioni”, vissute nel 2018, in modo particolare le “piaghe degli abusi e dell’infedeltà”. C’è sicuramente anche questo – e non potrebbe non essere così – ma c’è molto di più. Seguendo la spiritualità tipicamente ignaziana, Francesco invita tutti a un serio esame di coscienza: le gioie e le sofferenze da dove derivano? Non è, questo, lo scopo della prima settimana degli Esercizi Spirituali, laddove si è incoraggiati ad una profonda esperienza della misericordia di Dio, anche attraverso l’esperienza del proprio peccato? Non è qui la cosiddetta “mozione degli spiriti” che permette di riconoscere l’origine della “tribolazione”? Questa viene da Cristo oppure dal male? E una volta riconosciuta la radice, il cammino prosegue, attraverso la purificazione dal male, per giungere ad una nuova tappa necessaria perché il male non ha l’ultima parola nella nostra vita ma è stato sconfitto dal bene.

foto SIR/Marco Calvarese

La Chiesa, dunque, non è un corpo morto perché in sofferenza per le “piaghe degli abusi e dell’infedeltà”. Tutt’altro, la Chiesa è viva. La sofferenza, per quanto possa provocare dolore, consente d’individuare in maniera precisa il problema e, quindi, la cura. Per il fatto di essere inserita nell’umanità, la Chiesa non può non comprendere “nel suo seno peccatori”. È santa, ma sempre “bisognosa di purificazione”. È viva, anche se dolorante per i suoi figli, ma continuamente in cammino lungo il tragitto “della penitenza e del rinnovamento”. Si coglie, allora, la certezza del Papa: la Chiesa uscirà dalle tribolazioni del momento presente, “ancora più bella e purificata e splendida”. Perché, individuate le piaghe, non punta il dito contro chi le ha inferte o provocate, ma – con discernimento – ricorda a tutti che il male non vincerà mai. E, ribadisce il Pontefice, “nessun peccato sarà mai più grande della misericordia di Dio”.

Il discorso di Francesco alla Curia romana è dunque profondamente spirituale e interpella tutto il popolo di Dio, chiamato a un profondo esame di coscienza: sono anch’io in cammino sulla strada della purificazione, della penitenza e del rinnovamento? O mi limito solo a denunciare come se la Chiesa fosse altro da me?