Corpo dplomatico
“Una risposta comune, concertata da tutti i Paesi, senza preclusioni e nel rispetto di ogni legittima istanza, sia degli Stati, sia dei migranti e dei rifugiati”. È l’appello centrale del sesto discorso del Papa al Corpo diplomatico, in cui Francesco mette in guardia da populismi e nazionalismi e chiede all’Europa di fuggire la tentazione di erigere “nuove cortine”, a 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino. Tra i tanti temi affrontati dal Pontefice, l’accordo provvisorio sulla Cina e gli abusi sui minori
Populismi e nazionalismi: due “pulsioni” che hanno minato la Società delle Nazioni e che riappaiono oggi, indebolendo il multilateralismo da essa inaugurato un secolo fa e gettando la politica in una “crisi di credibilità”. È la lucida analisi che fa da sfondo al sesto discorso del Papa al Corpo diplomatico, durato più di un’ora e lungamente applaudito in Sala Regia. Punto di riferimento: il “memorabile discorso” di Paolo VI, primo Papa a prendere la parola all’Assemblea delle Nazioni Unite. Nella parte centrale del discorso, come nei precedenti, Francesco ha richiamato ancora una volta l’attenzione dei governi affinché si presti aiuto “a quanti sono dovuti emigrare a causa del flagello della povertà, di ogni genere di violenza e di persecuzione, come pure delle catastrofi naturali e degli sconvolgimenti climatici, e affinché si facilitino le misure che permettono la loro integrazione sociale nei Paesi di accoglienza”. Sono 183 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede, cui vanno aggiunti l’Unione europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta.
“Il riapparire oggi di tali pulsioni sta progressivamente indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una generale mancanza di fiducia, di una crisi di credibilità della politica internazionale e di una progressiva marginalizzazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni”.
Così il Papa mette in guardia dai due “ismi” tornati in auge sullo scacchiere geopolitico. Premessa, invece, indispensabile del successo della diplomazia multilaterale “sono la buona volontà e la buona fede degli interlocutori, la disponibilità a un confronto leale e sincero e la volontà di accettare gli inevitabili compromessi che nascono dal confronto tra le parti. Laddove anche uno solo di questi elementi viene a mancare, prevale la ricerca di soluzioni unilaterali e, in ultima istanza, la sopraffazione del più forte sul più debole”.
Alla “globalizzazione sferica”’, che livella le differenze, è preferibile una globalizzazione “poliedrica”, che le valorizza. “Alla politica è richiesto di essere lungimirante e di non limitarsi a cercare soluzioni di corto respiro”, il monito di Francesco.
“Dare voce a chi non ha voce”, in particolare alle “vittime delle altre guerre in corso, specialmente di quella in Siria, con l’immenso numero di morti che ha causato”, l’ennesimo appello alla comunità internazionale “perché si favorisca una soluzione politica ad un conflitto che alla fine vedrà solo sconfitti”. La Santa Sede, inoltre, auspica “che possa riprendere il dialogo fra Israeliani e Palestinesi, così che si riesca finalmente a raggiungere un’intesa e dare risposta alle legittime aspirazioni di entrambi i popoli, garantendo la convivenza di due Stati e il conseguimento di una pace lungamente attesa e desiderata”:
“Sono consapevole che le ondate migratorie di questi anni hanno causato diffidenza e preoccupazione tra la popolazione di molti Paesi, specialmente in Europa e nel Nord America, e ciò ha spinto diversi governi a limitare fortemente i flussi in entrata, anche se in transito”, l’analisi di Francesco sul tema delle migrazioni: a una questione così universale “non si possano dare soluzioni parziali”, il riferimento alle recenti emergenze, per fronteggiare le quali occorre ”una risposta comune, concertata da tutti i Paesi, senza preclusioni e nel rispetto di ogni legittima istanza, sia degli Stati, sia dei migranti e dei rifugiati”, partendo dai due Global compacts siglati a Marrakech.
“Gli abusi contro i minori costituiscono uno dei crimini più vili e nefasti possibili. Essi spazzano via inesorabilmente il meglio di ciò che la vita umana riserva ad un innocente, arrecando danni irreparabili per il resto dell’esistenza”. Sono nette e inequivocabili le parole dedicate dal Papa ad “una delle piaghe del nostro tempo, che purtroppo ha visto protagonisti anche diversi membri del clero” e che richiede “una seria riflessione sui passi compiuti per vigilare sul bene dei nostri piccoli e sul loro sviluppo sociale e intellettuale, come pure sulla loro crescita fisica, psichica e spirituale”. “La Santa Sede e la Chiesa tutta intera si stanno impegnando per combattere e prevenire tali delitti e il loro occultamento, per accertare la verità dei fatti in cui sono coinvolti ecclesiastici e per rendere giustizia ai minori che hanno subìto violenze sessuali, aggravati da abusi di potere e di coscienza”, sottolinea Francesco citando l’imminente appuntamento da lui convocato in Vaticano a febbraio, che vuole essere “un ulteriore passo nel cammino della Chiesa per fare piena luce sui fatti e lenire le ferite causate da tali delitti”. Investire sui giovani e combattere la violenza contro le donne, gli altri due imperativi, a 30 anni dalla Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II. Come nel discorso dello scorso anno, non manca un appello per il lavoro, affinché non diventi una nuova forma di schiavitù. Nella parte finale, il Papa condanna il ricorso alle armi nucleari e la tendenza ad “armarsi sempre di più”, e definisce urgente un accordo sulla cura dell’ambiente e il cambiamento climatico. Infine, un messaggio all’Europa, affinché fugga la tentazione di “erigere nuove cortine”, 30 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, e uno all’Italia, perché “mantenga vivo quello spirito di fraterna solidarietà” che l’ha sempre contraddistinta.