Pastorale

2019. L’anno delle Chiese umbre in assemblea

In questo clima culturale e politico che spinge a chiudere le porte e alzare i muri una Chiesa che invita a fare, e farà, proprio il contrario è una bella notizia. Per tutti.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Nel fiume di parole che attraversano la nostra mente – e spesso neppure vi si fermano – ce n’è una, ed è la parola “dialogo”, che fa parte di un affollato gruppo di parole bistrattate, quando non denigrate, rifiutate, bandite dal vocabolario di uso quotidiano, e nei casi peggiori usate per dire esattamente il contrario di ciò che significano. Il caso più famoso credo sia la parola ‘bontà’ trasformata in una parola/qualità da evitare anche nella vita da quando l’essere buoni è stato bollato come qualità negativa con la parola ‘buonismo’. Anche il ‘dialogo’ non gode oggi di grande simpatia, sospettato di essere frutto di debolezza, rinuncia alla propria identità, cedimento che porta ad assumere l’identità dell’altro. Per questo c’è chi non vede bene chi parla di dialogo ecumenico e meno ancora chi dialoga con i musulmani o chi parla di dialogo tra parti politiche, dialogo tra modi culturali diversi come possono essere scienza e fede, e così via.
Il 18 gennaio inizia la 111ª Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Da più di un secolo cristiani appartenenti a Chiese diverse si incontrano, pregano e si confrontano nel dialogo e nel dialogo hanno imparato a rispettarsi, a comprendersi, a riconoscere i doni propri di ciascuno e allo stesso tempo hanno imparato a vivere i conflitti, a confrontarsi con la verità, a riconoscere non solo le debolezze degli altri ma anche le proprie. L’impegno ecumenico è stato, e resta, una grande palestra in cui la carità assume la forma concreta del rispetto, del dialogo, della verità, dell’ascolto e della parola. Nel tempo i cristiani hanno imparato a “decentrare” il confronto mettendo al centro del tavolo non le proprie comunità ma la Parola di Dio e questo ha consentito e consente ancor oggi di proseguire un cammino difficile, faticoso, seminato di delusioni e di fasi di scoraggiamento, eppure bello, necessario e vitale.
La convocazione di una assemblea ecclesiale regionale mette nella dinamica della vita delle singole diocesi e parrocchie umbre proprio il dialogo. La stessa idea di indire un’assemblea nasce dal dialogo e dal confronto avviato dai vescovi umbri con i membri delle Commissioni Ceu – tra i quali moltissimi sono laici. Ora il percorso prosegue. La parola – chiave è “sinodalità”, “camminare insieme” non come soldati muti ma come compagni di viaggio. Quale sarà il risultato? Lo sapremo solo dopo, quando i Vescovi offriranno in un documento “una sintesi conclusiva che consegni alle Chiese diocesane quanto sarà emerso dalla fase preparatoria e dall’Assemblea”. Quello che sappiamo è che con questa Lettera i vescovi invitano le comunità ecclesiali a muoversi – letteralmente promuovendo incontri aperti alla comunità ecclesiale ma anche “ai non credenti o diversamente credenti” ai quali chiedere di “portare il loro pensiero, la loro parola, le loro attese”.
Il movimento di persone e di idee che si creerà è già di per sé un risultato positivo e un bene, non solo per la Chiesa ma per il Paese, e nello specifico per la nostra regione. In questo clima culturale e politico che spinge a chiudere le porte e alzare i muri una Chiesa che invita a fare, e farà, proprio il contrario è una bella notizia. Per tutti.

(*) direttrice “La Voce” (Umbria)