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Nonostante la pioggia e il freddo almeno 400/500 cittadini, insieme al mondo della cultura e agli ospiti e ai lavoratori del Cara di Castelnuovo, sono scesi in piazza questa sera davanti a Montecitorio, in risposta all’appello “Non siamo pesci”. Chiedono di aprire i porti e istituire una commissione di inchiesta sulle stragi nel Mediterraneo
“Fateli scendere! Fateli scendere”: un solo grido si alza davanti all’obelisco di piazza Montecitorio, dove centinaia e centinaia di cittadini, intellettuali, ospiti e lavoratori del Cara di Castelnuovo, incuranti della pioggia improvvisa e del freddo gelido, hanno manifestato questa sera per chiedere una commissione d’inchiesta sulle stragi nel Mediterraneo, una missione in Libia e un porto sicuro per i 47 profughi bloccati da giorni sulla Sea Watch a Siracusa. Il presidio è stata una risposta all’appello “Non siamo pesci” lanciato da Luigi Manconi e dallo scrittore Sandro Veronesi, insieme ai Radicali italiani, all’associazione A buon diritto e il collettivo #corpi. Oltre 7.000 le firme raccolte tra personalità del mondo della cultura, tra cui Elena Ferrante, Alessandro Bergonzoni, Michela Murgia, Christian De Sica, Lawrence Ferlinghetti, Ficarra e Picone, Corrado Formigli, Luciana Littizzetto, Michele Serra, Dario Marianelli, Gad Lerner, molti dei quali presenti alla manifestazione. Dopo la marcia silenziosa di martedì scorso davanti al Cara di Castelnuovo, che il Viminale sta smantellando nonostante i buoni percorsi di integrazione avviati, ieri sera è sceso in piazza un altro pezzo di società civile che non si rassegna alla disumanità e al cinismo, e a politiche che violano i diritti umani. Davanti al Parlamento non c’erano sigle di partiti ma tanti semplici cittadini, con striscioni e cartelli scritti a mano: “La miglior difesa è l’attracco”; “Ama il prossimo tuo come te stesso. Restiamo umani”; “Non siamo pesci”. Questa frase è stata pronunciata da Fanny, una giovane fuggita dalle violenze in Congo e salvata dalla Sea Watch, che non si capacitava del disinteresse dell’Europa di fronte alla vita di esseri umani.
“Abbiamo ripreso la frase di Fanny – ha spiegato Luigi Manconi – perché esprime in maniera crudele e potente l’insostenibilità della condizione di esseri umani costretti a vivere in uno stato di fatica, di privazione e di sofferenza perché perseguono il sogno di poter migliorare la loro esistenza. Hanno lasciato terre di guerra, di conflitti etnici, di persecuzioni, per cercare attraverso il Mediterraneo un’occasione di salvezza, un’opportunità di futuro, in Italia e in Europa. Sono stati trattati, appunto, come pesci, costretti ad una lunga ed estenuante permanenza in mare per 19 giorni”. Con la Sea Watch bloccata a Siracusa, “rischia di ripetersi ancora la stessa situazione – ha proseguito -. Forse oggi una parte della società italiana comincia a pensare che la politica del governo non sia solo disumana ma profondamente sbagliata. Una politica che non porta i risultati che annuncia e che oltre a produrre sofferenze e dolori si rivela assolutamente controproducente e contraria agli interessi dell’Italia e dell’Europa, perché chiude il continente in una posizione difensiva. L’Italia senza l’immigrazione straniera è destinata a declinare, a sfiorire, a diventare un Paese sterile e senza futuro”. Il messaggio di Manconi al governo è:
“Fermatevi finché siamo in tempo, non possiamo consentire che sulla pelle delle persone si giochi una miserabile partita elettorale”.
Manconi ha poi annunciato che due deputati, Riccardo Magi e Graziano Del Rio, presenteranno una bozza di disegno di legge per l’istituzione di una Commissione per indagare sulle stragi nel Mediterraneo.
Scrittori, attori, magistrati, avvocati, sindacalisti e attivisti si sono alternati al microfono per leggere brani significativi o portare una testimonianza. “La razza umana è l’unico pesce che annega sempre più spesso ma le verità prima o poi vengono a galla”, ha letto l’attore Alessandro Bergonzoni. E poi la scrittrice Michela Murgia, l’attrice Sonia Bergamasco e una poesia di Lawrence Ferlinghetti, prossimo ai 100 anni, che da San Francisco ha voluto aderire alla manifestazione. Riccardo Gatti, comandante e capomissione della Ong Open Arms, ancora bloccata a Barcellona, ha ricordato che la loro nave ha soccorso 30.000 persone: “Eravamo 9 Ong nel Mediterraneo e ora siamo sparite. Ci hanno preso a calci ma continuiamo ad andare avanti. La cosa più difficile non sono più i salvataggi ma uscire e rientrare nei porti”.
“Non ci vogliono perché facciamo vedere una realtà scomoda. Dicono menzogne per creare consenso e becere politiche”.
Gli ospiti e i lavoratori del Cara di Castelnuovo. Tra la folla anche numerosi ragazzi che erano ospiti del Cara di Castelnuovo. “Sono qui da due anni, ho fatto le scuole medie e studio ancora ma da stasera non so più dove andrò a dormire – ha raccontato Billo, della Guinea Conakry, parlando un buon italiano -. Siamo molto preoccupati perché ci hanno detto che non abbiamo più diritto all’accoglienza. Non so più quale sarà il mio futuro”. Ansou, senegalese, maratoneta che corre nell’Atletica vaticana, dal 31 gennaio sarà costretto a lasciare il Cara gestito dalla cooperativa Auxilium: “Quella era la mia famiglia, l’unico luogo in cui sono cresciuto e ho avuto tante esperienze. Allora perché si parla di integrazione?”. In piazza anche i lavoratori del Cara, 120 persone che dal 31 dicembre rischiano di perdere il posto di lavoro, nonostante gli attestati di stima ricevuti negli anni dal centro. Presenti anche realtà cattoliche: “Siamo qui perché da tempo siamo impegnati a far sentire la voce di chi ultimamente ha sempre meno voce e addirittura non è considerato neanche persona – ha detto al Sir padre Gabriele Beltrami, portavoce dell’Agenzia scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo -. Chiediamo con forza di poter riscoprire l’umanità che c’è in noi e fare azioni conseguenti”.