Viaggi apostolici

Papa negli Emirati Arabi Uniti. Mons. Hinder: “Una visita che ci riconosce e ci dona slancio”

Mancano oramai solo due giorni al viaggio di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti (3-5 febbraio), il primo in assoluto di un Pontefice nella penisola arabica, e a raccontare al Sir queste ore di attesa è mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale, che include Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen

(Foto: AFP/SIR)

“L’entusiasmo è grande tra i fedeli. Non abbiamo avuto molto tempo per prepararci, nemmeno due mesi, ma ormai siamo alla vigilia e attendiamo Papa Francesco con grande gioia ed emozione. Gli aspetti logistici sono stati curati e risolti dal Governo locale. Circa la preparazione spirituale le comunità si sono riunite in queste settimane pregando durante ogni messa per questa visita, che ‘sia benedetta dal Cielo’. Purtroppo non tutti potranno partecipare direttamente alla messa ma potranno lo stesso seguirla da casa o dalle chiese dove saranno approntate le trasmissioni in streaming”. Mancano oramai solo due giorni al viaggio di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti (3-5 febbraio), il primo in assoluto di un Pontefice nella penisola arabica, e a raccontare al Sir queste ore di attesa è mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale, che include Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen.

“Attendiamo il Pontefice – dice – pregando con le parole di san Francesco d’Assisi: ‘Signore, fa di noi uno strumento della tua pace’ scelte come tema di questa visita che speriamo rappresenti un passo importante nel dialogo tra musulmani e cristiani e un contributo alla pace in Medio Oriente”.

Parole che ricalcano quelle di Papa Francesco nel suo videomessaggio per il viaggio: “Siamo fratelli pur essendo differenti. Sono felice di poter visitare gli Emirati Arabi Uniti, terra che cerca di essere un modello di convivenza, di fratellanza umana e d’incontro tra diverse civiltà e culture, dove molti trovano un posto sicuro per lavorare e vivere liberamente, nel rispetto delle diversità”. Il Pontefice arriva ad Abu Dhabi per partecipare all’incontro interreligioso dal titolo “Fraternità Umana” su invito del Principe ereditario, sheikh Mohammed bin Zayed Al Nahyan, che in un tweet dello scorso dicembre, aveva definito il Pontefice “simbolo di pace, tolleranza e promozione della fratellanza. Attendiamo con ansia la storica visita, attraverso la quale cercheremo il dialogo e la coesistenza pacifica tra i popoli”. Con Papa Francesco saranno presenti anche rappresentanti dell’ebraismo e il grande imam dell’università di al-Azhar, Ahmed al Tayyeb.

Eccellenza, una visita storica e carica di significato che cade nell’Anno della Tolleranza voluto dalle autorità locali. Una coincidenza o un fatto voluto?
Una coincidenza felice. Il viaggio del Papa è un segno forte di questo anno ed è storico perché è la prima volta di un Papa nella Penisola arabica.

Per noi cristiani e cattolici la visita è anche un riconoscimento del fatto che esistiamo.

Molto spesso si tende a credere che in queste terre non ci siano fedeli cristiani e cattolici. Invece c’è una Chiesa molto viva tutta composta da migranti. Nel Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale siamo circa un milione, in quello del Nord oltre un milione e mezzo.

Questa visita potrebbe migliorare la percezione dei cristiani in queste terre, farli conoscere di più?

Non sono un profeta. Non posso dirlo. Posso dire che questo viaggio potrebbe essere un esempio indicato ai Paesi vicini, una specie di segnale lanciato loro per dire che “sì, si può fare”.

Qualcosa sembra muoversi già: mi riferisco in particolare alla libertà di poter celebrare una messa in un luogo pubblico, all’aperto? E anche questa è una novità storica…
Nella nostra quotidianità siamo tenuti a celebrare dentro le chiese che ci sono state accordate. Il Governo, per l’eccezionalità della visita del Papa, ci ha voluto dare questa possibilità. Per la prima volta, il 5 febbraio, si celebrerà in uno spazio pubblico e, nel settore riservato alle autorità e alla diplomazia, ci saranno dei musulmani anche locali.

Aprire uno spazio pubblico ad un rito religioso non islamico non è cosa da poco in tempi in cui radicalismi e fondamentalismi minacciano la convivenza…
Papa Francesco ci esorta a varcare i confini senza paura per andare a incontrare la persona umana.

La sfida è quella di ricercare un’intesa di tutte le forze serie, anche religiose, rappresentanti le diverse parti dell’umanità. Andare avanti solo con i conflitti è troppo pericoloso per tutti gli uomini.

Come giudica la decisione di Abu Dhabi di concedere un giorno di festa ai lavoratori del settore privato che parteciperanno alla messa di martedì 5 febbraio?
Si tratta di un gesto che apprezziamo moltissimo. Per tutti i lavoratori in possesso di biglietto per la celebrazione, il 5 febbraio sarà considerato giorno festivo e pagato.

Cosa si aspetta da questa visita del Papa per i suoi fedeli?
Tanto incoraggiamento e un forte slancio per non cadere nella depressione che è la tentazione più grande in cui i nostri fedeli, tutti migranti lontani dalla loro patria, possono cadere. E soprattutto prego che possano apprezzare sempre di più la Chiesa come loro patria e casa. L’esperienza, infatti, che ho fatto in questi 15 anni qui è che per i nostri fedeli le poche chiese sono luoghi di patria dove sperimentano un senso di appartenenza e di cittadinanza ecclesiale anche se non sono cittadini del Paese.

Il Papa con la sua visita ci riconosce e ci dona slancio.

La speranza è che la cittadinanza ecclesiale possa corrispondere anche ad una effettiva cittadinanza terrena, al riparo di radicalismi e fondamentalismi. Speriamo e preghiamo per questo.

Avete pensato a un dono per Papa Francesco?
Abbiamo intenzione di donare al Pontefice una somma di denaro, non ancora definita perché dipende dalla generosità dei fedeli, per sostenere la sua missione verso i poveri.