Reportage/1
Dopo aver difeso con successo dall’accusa di blasfemia Asia Bibi, oggi l’avvocato Saif ul-Malook vive sotto scorta, costretto a chiudere il suo studio legale. “Vivo in una condizione di solitudine – racconta – ma non mi pento. “Se oggi mi chiedessero di difendere un cristiano dall’accusa di blasfemia non avrei problemi a farlo”. Il sogno di incontrare Papa Francesco.
(Lahore) “Non mi pento di avere assunto la sua difesa al processo. Rifarei la stessa cosa. Se oggi mi chiedessero di difendere un cristiano dall’accusa di blasfemia non avrei problemi a farlo”.
È quanto dichiarato da Saif ul-Malook, l’avvocato di Asia Bibi, la donna cristiana accusata di blasfemia nel 2009 e in seguito condannata a morte in primo e secondo grado, durante un incontro ieri sera a Lahore, con una delegazione della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) Italia, guidata dal direttore Alessandro Monteduro, cui era presente anche il Sir. L’incontro è servito non solo a fare il punto sulla situazione della donna – dopo che il 29 gennaio scorso la Corte Suprema del Pakistan aveva respinto una petizione che chiedeva il riesame della sentenza di assoluzione datata 31 ottobre 2018 – ma anche per raccontare come la vita del legale sia cambiata dopo questa vicenda.
Un bersaglio. Oggi l’avvocato, di fede musulmana, vive scortato dalla Polizia a causa delle minacce di morte ricevute dai radicalisti islamici. “La mia vita è cambiata, nessuno, anche i miei colleghi, vogliono stare in auto con me o accompagnarmi perché sanno che
“sono diventato un bersaglio”
ha affermato ul-Malook che da 3 mesi e mezzo “ha chiuso il suo studio”. Nonostante ciò, ha ripetuto, “non mi pento di aver difeso Asia Bibi. So di aver fatto la scelta giusta. Nel Corano è scritto che non si può togliere la vita a un innocente senza ragione.
So di aver fatto il mio dovere. Il mio lavoro è l’avvocato e ho il compito di difendere le persone davanti alla legge anche se adesso pago per questo. Sono rimasto solo ma non ho rimpianti”.
Anche così si risponde nei fatti al forum di avvocati Khatm-e-Nubuwwat di Lahore, che sostenendo la pena di morte per chiunque commetta blasfemia, “di fatto impedisce la difesa dei cristiani e di altre minoranze”.
Il legale ha poi riferito dei suoi incontri in carcere con Asia Bibi, tracciando su un foglio una piccola mappa della cella: “in quelle due-tre ore che potevo vederla in carcere cercavo di farla sorridere. Le cella dei condannati a morte è un luogo orribile di soli 8 metri quadrati, dove è facile impazzire. Poteva ricevere i parenti solo una volta al mese e uscire solo mezz’ora al mattina e mezz’ora al pomeriggio, sempre guardata a vista dalle guardie. A volte la trovavo a chiacchierare con le sue carceriere. Poteva guardare la tv. Il suo comportamento socievole le aveva permesso anche di poter usare di tanto in tanto una piccola cucina.
Spesso mi domando dove Asia Bibi abbia attinto la forza per resistere in questi 8 anni di detenzione.
Una donna di una forza impressionante”.
Dov’è ora Asia Bibi? “Si pensa che possa aver già lasciato il Pakistan ma nessuno qui lo dirà mai” la risposta dell’avvocato che culla un sogno: “incontrare Papa Francesco, il capo della Chiesa cattolica. Sarebbe un sogno che si realizza e un grande onore per me”. Su dove sia Asia Bibi fonti della Chiesa locale affermano che
“lei e il marito sono in un luogo sicuro protetti dal governo.
Non appena le condizioni di sicurezza lo permetteranno potrebbero lasciare il Paese. Ma difficile dire quando”. Tra le possibili destinazioni di Asia Bibi e del marito ci sarebbe il Canada, dove si trovano le sue due figlie, Esha ed Eisham.