Cattolici e politica
Stiamo diventando un Paese di vecchi, fragili e impauriti. La paura dà spazio a fantasmi, a fake news, a slogan che dettano un pensiero corrente falso. Il coraggio che ci viene dalla fede ci deve rendere attivi e capaci di progettualità. Il problema principale, per ora almeno, non è creare un nuovo partito con i cattolici; è piuttosto far sì che questi forniscano una massa critica, attraverso una partecipazione piena alla vita politica del nostro Paese e dell’Europa. È vero che siamo una minoranza, ma siamo in grado di essere creativi, profetici e fare da riferimento ad un dibattito che non si basi più sulla chiusura e il rifiuto
Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, nell’omelia della messa per la festa di Sant’Agata, patrona di Catania, ha detto: “Noi spesso pensiamo di essere buoni cristiani perché preghiamo, qualche volta frequentiamo i sacramenti e andiamo in chiesa. Ma non ci viene in mente che, per esserlo, è necessario anche lottare per una società più giusta, preferire e cercare la trasparenza o interessarci dei poveri e dei migranti, mostrare rispetto e offrire amicizia a chi è disprezzato…”.
La fede esige di realizzarsi nella concretezza della vita. Non può bastare una dedizione alla ritualità, al devozionismo. L’amore ai fratelli ci chiede l’impegno nella “polis”; volere il bene del prossimo implica volere il bene comune. Ha poi continuato: “Non si può dire di essere amici di Dio se non si sanno amare i fratelli”.
È un appello senza fronzoli a noi cristiani per farci rialzare la testa, per avere il coraggio di difendere la dignità della vita umana e dei diritti di tutti. Il presidente della Cei cardinal Bassetti, molti vescovi e chiese diocesane stanno chiamando i fedeli alla responsabilità politica in un momento drammatico. Stiamo diventando un Paese di vecchi, fragili e impauriti. La paura dà spazio a fantasmi, a fake news, a slogan che dettano un pensiero corrente falso. Il coraggio che ci viene dalla fede ci deve rendere attivi e capaci di progettualità. Con il “cattivismo” il male viene presentato come un bene; con il “buonismo” il bene viene reso infecondo. L’aver accolto, senza vera capacità di governo, chi fugge dalla morte, l’aver permesso la confusione fra profughi, immigrati e clandestini nel linguaggio corrente, ha reso ridicolo anche il riferimento ai diritti fondamentali. Dalle nostre comunità, dalle nostre associazioni, non esce più una classe dirigente? Non escono più cittadini responsabili? Se è così, chiediamoci cosa ci ha resi sterili. Cosa possiamo fare per rispondere alla situazione? Il problema principale, per ora almeno, non è creare un nuovo partito con i cattolici; è piuttosto far sì che questi forniscano una massa critica, attraverso una partecipazione piena alla vita politica del nostro Paese e dell’Europa. È vero che siamo una minoranza, ma siamo in grado di essere creativi, profetici e fare da riferimento ad un dibattito che non si basi più sulla chiusura e il rifiuto; che piuttosto dialoga e progetta per l’accoglienza, per i poveri, per l’ambiente come casa comune, per una opportunità di lavoro per tutti.
(*) direttore “Il Momento” (Forlì-Bertinoro)