Inquinamento

Terra dei fuochi. Fagnano (Univ. Federico II): “La riduzione dei roghi un buon segno, ma si devono contrastare anche gli sversamenti industriali”

A novembre il Governo ha approvato un Piano d’azione per il contrasto ai roghi dei rifiuti nella Terra dei fuochi. nei giorni scorsi, il ministero dell’Ambiente, Sergio Costa, ha dichiarato che i roghi sono passati da 24,6 al mese a 17. Con Massimo Fagnano, professore di Agronomia ed Ecologia agraria all’Università Federico II di Napoli e coordinatore del progetto europeo LIFE-Ecoremed, facciamo il punto della situazione

Sono passati tre mesi dal Piano d’azione siglato dal Governo per il contrasto dei roghi dei rifiuti nella Terra dei fuochi. Facciamo il punto della situazione con Massimo Fagnano, professore di Agronomia ed Ecologia agraria all’Università Federico II di Napoli e coordinatore del progetto europeo LIFE-Ecoremed, che ha avuto lo scopo di sperimentare tecniche eco-compatibili di bonifica dei suoli agricoli nel Litorale domizio-Agro aversano con particolari problemi di inquinamento.

Che risultati ci sono a oggi del Piano d’azione?

Il ministro ha dichiarato che i roghi sono passati da 24,6 al mese a 17. Una riduzione del 30% è un buon segno, ma è chiaro che si deve intensificare l’azione di contrasto non solo dei roghi, ma anche degli sversamenti di rifiuti industriali, come gli scarti di demolizione di imprese che lavorano in nero.

Il ministero dell’Ambiente ha diffuso una circolare con le Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi. Sono misure efficaci o quali altri strumenti servirebbero?

I roghi degli impianti di stoccaggio in tutta Italia sono iniziati quando la Cina ha ridotto l’importazione delle plastiche da riciclare. Al momento in Italia ci sono pochi impianti, anche perché il processo non è molto conveniente. Quindi

sarebbe necessaria un’azione decisa del governo per incentivare queste attività.

Per risanare la Terra dei fuochi cosa altro serve? A che punto siamo con le bonifiche?

Il gruppo di lavoro interministeriale, di cui faccio parte, istituito nel 2013 proprio per studiare l’idoneità dei suoli all’uso agricolo, dopo migliaia di analisi è riuscito a trovare poco più di 30 ettari potenzialmente contaminati su un totale di 50.000 ettari di suoi agricoli nella Terra dei fuochi. Gli stessi risultati sono stati ottenuti anche dal progetto Campania trasparente guidato dall’Istituto zooprofilattico di Portici (Na), confermando quindi una volta per tutte che i problemi ambientali nella nostra regione non riguardano i suoli e le produzioni agricole, quanto invece le aree industriali, le discariche e le disordinate aree urbanizzate.Una volta capito che il problema non è agricolo, ora si dovrebbe accelerare sulla messa in sicurezza delle discariche che inquinano le falde, oltre che sul contrasto degli sversamenti illegali di rifiuti e sui roghi che inquinano l’aria che respiriamo.
A questo proposito

un segnale incoraggiante viene dal risanamento e dalla messa in sicurezza della famigerata discarica Resit, quasi completati,

trasformando un simbolo dell’illegalità nella gestione dei rifiuti in un parco pubblico utilizzabile dalla cittadinanza. Quando nelle prossime settimane saranno completati i lavori sarà un bel messaggio di speranza.

Quali risultati ha avuto il progetto Ecoremed?

Dopo 5 anni di lavoro, ci siamo resi conto che il problema principale delle aree agricole non era la contaminazione, quanto piuttosto la sporcizia, la presenza di rifiuti e il degrado paesaggistico. Il principale risultato è stato dimostrare che con piccole spese è possibile trasformare queste aree degradate in strutture ecologiche (boschi, canneti) a servizio dell’ecosistema.Per trovare siti contaminati siamo dovuti entrare nelle aree industriali dove abbiamo dimostrato che boschi inerbiti con prati permanenti sono in grado di bloccare il movimento dei contaminanti con costi di 20 volte più bassi rispetto alle piattaforme di cemento, usate ad esempio per mettere in sicurezza l’area inquinatissima dove hanno realizzato l’expo di Milano.

Il disastro della Terra dei fuochi ha avuto forti ripercussioni sull’agricoltura e, di conseguenza, sull’economia: i prodotti sono sicuri o pericolosi per la salute?

La presenza di discariche e lo smaltimento illegale di reflui industriali hanno contaminato le falde acquifere, soprattutto i composti con organici volatili (trielina, cloroformio) che rappresentano un grave rischio per la salute per chi abita nelle case abusive e usa l’acqua di pozzo, non essendo collegati all’acquedotto.

Il contrasto all’abusivismo edilizio è quindi la prima cosa da fare

se vogliamo proteggere la salute dei nostri cittadini. Ma saprà bene che i nostri politici da decenni non trovano il coraggio di affrontare questo tema.
Un altro rischio per la salute è rappresentato dall’inquinamento dell’aria con i roghi di rifiuti. Quindi parliamo di cose che non hanno nessuna relazione con i prodotti agricoli. Tanto è vero che nessuno è mai riuscito a trovare nella Terra dei fuochi prodotti contaminati che potessero rappresentare una minaccia per la salute dei consumatori.
Additare l’attività agricola come responsabile dei danni alla salute, solo per creare un capro espiatorio, oltre che essere una falsità ormai confermata da tutti, è stata anche un’azione eticamente molto discutibile, determinando il fallimento di piccole aziende e creando miseria e disoccupazione in una delle aree più povere d’Italia. Per il resto, il problema del settore è ormai superato perché i clienti, quando hanno analizzato i nostri prodotti e hanno verificato che non c’era nessun problema, hanno ripreso ad acquistarli.

Quanto è importante avere l’impegno delle istituzioni ma anche un cambio di mentalità tra la popolazione?

Anche le istituzioni, e l’attuale ministro dell’Agricoltura in particolare, hanno ormai capito che quella dei terreni agricoli era una pista falsa e quindi le nuove azioni saranno indirizzate verso i veri problemi come il contrasto agli sversamenti e ai roghi dei rifiuti.
Sarebbero auspicabili azioni forti anche contro l’evasione fiscale e il lavoro nero, che sono la motivazione principale degli sversamenti illegali di rifiuti industriali così come azioni per aumentare l’accesso alle cure della popolazione, stimolando la partecipazione agli screening obbligatori e per migliorare la qualità del servizio sanitario.
Da parte di tutti

risulta necessaria un’intensa attività di educazione ambientale.

Noi per esempio abbiamo coinvolto cittadini, studenti delle scuole medie, superiori e dell’Università, mostrando le nostre attività di risanamento ambientale a più di 10.000 persone. Tutto questo lavoro è stato molto apprezzato dalla Commissione europea che ha voluto premiare il progetto Ecoremed come uno dei migliori progetti ambientali d’Europa.