Politica

Dentro il tunnel della Tav: da dramma a farsa

Sulla decisione da prendere, il governo Conte ha rischiato di schiantarsi. Ma alla fine Salvini e Di Maio sono riusciti a superare la crisi semplicemente perché hanno deciso di non decidere e di rinviare il tutto a dopo le elezioni europee. Ma l’esito di una possibile (molti la danno come probabile dopo le elezioni) crisi di governo sarebbero, con ogni probabilità, nuove elezioni politiche. Con questa (sciagurata) legge elettorale è molto facile che i risultati non diano una maggioranza omogenea e netta

Nella politica italiana è già successo di frequente: siamo al culmine dello scontro politico. La tensione è massima. Ti aspetti l’apice del dramma con relativo epilogo funesto e invece, quasi magicamente, il dramma si dissolve e si trasforma in farsa.
È successo nella Prima Repubblica. Lo abbiamo visto pure nella Seconda. Sta accadendo anche in questa nuova stagione politica che, anche sotto questo profilo, non ha portato molto cambiamento a dispetto dei tanti annunci e promesse.
Quanto è andato in scena nei giorni scorsi con riferimento alla Tav la dice lunga sullo stato di salute della politica italiana. Il nodo della distanza (sempre conosciuta e mai mutata) tra Lega e Movimento 5 Stelle sul progetto strategico europeo di mobilità su rotaia è arrivato al pettine: farla o non farla questa infrastruttura?
Sulla decisione da prendere, il governo Conte ha rischiato di schiantarsi. Ma alla fine il leader grillino e quello leghista sono riusciti a superare la crisi. Non perché uno dei due contendenti sia venuto a più miti consigli e abbia cambiato idea, ma semplicemente perché hanno deciso di… non pettinarsi, di non sciogliere il nodo. Insomma di non decidere e di rinviare il tutto a dopo. Dopo cosa? Evidentemente dopo le elezioni europee.
Se non fosse che come italiani abbiamo rimediato un’altra figuraccia internazionale che ha ulteriormente compromesso la nostra credibilità, che siamo nuovamente in recessione, che è confermato che non basta gridare “Sblocca cantieri” perché la promessa si trasformi in realtà, che sono anni e anni che si parla di Tav…
Se non fosse per tutto questo e altro ancora, ci sarebbe quasi da ridere. Ma la farsa mantiene (purtroppo) una sua reale drammaticità che è rappresentata da un Paese che è nuovamente in crisi economica e non riesce a prendere in modo serio una direzione di crescita capace di dare una prospettiva di futuro innanzitutto alle giovani generazioni.
Non occorre essere dei maghi della politica per capire cosa c’è stato alla base del rinvio. Salvini e Di Maio hanno fatto due conti e hanno capito che una crisi a due mesi e mezzo dal voto europeo non era un buon viatico per le urne. Meglio arrivarci ancora in sella del governo e poi si vedrà. La cadrega è sempre la cadrega che governi la destra, la sinistra o i populisti.
Quando si era all’opposizione rinviare una decisione per non aprire una crisi di governo si chiamava “essere attaccati alla cadrega”. E ora? Nel gioco dell’alternanza sana e fondamentale di una democrazia è utile ricordare cosa si diceva e si faceva quando si attaccavano i governanti di turno. È utile per non dimenticare una regola che, fino a prova contraria, potrebbe valere anche per il governo giallo-verde. È stata ricordata sull’ultimo numero di “Sette” da Antonio Polito: “Gli italiani, come tutti gli elettori del mondo, tendono a credere a qualsiasi balla che possa servire a denigrare il potere, ma diventano molto sospettosi nei confronti delle balle che vengono da chi è al potere. La comunicazione è come la satira: funziona solo contro, mai a favore”.
Sullo sfondo però c’è un problema che Salvini e Di Maio (e gli altri leader politici) devono (speriamo) aver ben presente. L’esito di una possibile (molti la danno come probabile dopo le elezioni europee) crisi di governo sarebbero, con ogni probabilità, nuove elezioni politiche. Con questa (sciagurata) legge elettorale è molto facile che i risultati non diano una maggioranza omogenea e netta.
In questo caso il dramma difficilmente si trasformerebbe in farsa. Ci ritroveremmo in un tunnel ben peggiore di quello previsto dalla Tav. Ma questa è un’altra storia.

(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)