Viaggi apostolici
Molti migranti che parteciperanno all’incontro con Papa Francesco il 30 marzo nella sede di Caritas Rabat frequentano il Centro di ascolto per migranti vulnerabili nel quartiere Taqaddoum. Qui passano ogni anno 4.000 persone, un quarto sono minori non accompagnati. 150 sono seguiti con progetti personalizzati. Lo abbiamo visitato.
(da Rabat) – Sui marciapiedi di Rabat, la serena e ventosa capitale del Marocco, tante donne con bambini piccoli, sedute in terra, chiedono l’elemosina. Vengono dall’Africa sub-sahariana, sono persone migranti che non sono riuscite ad inserirsi in società, senza documenti, con situazioni drammatiche alle spalle. Il Marocco, terra di emigrazione, di transito e di immigrazione, sta cercando di affrontare una emergenza che vede decine di migliaia di persone in situazione irregolare, costrette a vivere nelle periferie delle città in case insalubri e sovraffollate, nelle baracche degli insediamenti informali, senza lavoro né accesso ai servizi. A Rabat i migranti aumentano in inverno, perché quelli che sognano l’Europa e transitano sulla “rotta marocchina” d’estate si spostano verso nord, nelle foreste intorno a Tangeri. Si nascondono lì, guidati dalle reti di trafficanti, per cercare di entrare in Spagna via mare o oltrepassando la pericolosa barriera di Ceuta e Melilla. Dal 2013 il governo marocchino ha avviato una strategia per favorire percorsi di integrazione ma i bisogni sono ancora enormi. Per questo l’attività sociale della piccola Chiesa cattolica in Marocco – circa 20.000 persone di tante nazionalità – mira a svolgere prevalentemente un ruolo mediazione e di accompagnamento dei migranti sub-sahariani: non parlano l’arabo e versano in condizioni di povertà estrema. Ogni giorno nel Centro di accompagnamento migranti (Cam) di Caritas Rabat passano almeno un centinaio di donne, bambini e uomini che chiedono aiuto. Ogni anno almeno 4.000 persone, di cui un quarto minorenni, varcano la porta di quella che sembra una serena villetta familiare nel quartiere residenziale di Taqaddoum. Invece, appena girato l’angolo, si è subito a ridosso delle zone più degradate dove vivono i migranti, addossati su ripide colline, mischiati ai marocchini delle classi più disagiate. Negli ultimi anni sono sempre più esposti a violenza e aggressioni, un classico della guerra tra poveri . Sono migranti economici ma anche rifugiati in fuga da conflitti, da persecuzioni o violenze familiari.
Un centro per i migranti più vulnerabili. Aperto solamente quattro anni fa, il centro Caritas è già diventato un punto di riferimento, grazie al classico passaparola tra i bisognosi. Il target degli utenti sono i migranti più vulnerabili: famiglie, donne incinte o con bambini, persone con disabilità, e soprattutto minori non accompagnati, un fenomeno in drammatica crescita mentre l’età si abbassa sempre di più.
Molti sono ragazzi di strada che si muovono in gruppo, ci sono perfino bambini di 8 o 9 anni.
Il centro ne segue 150, offre alloggio, accompagnamento psicologico, formazione professionale e scolarizzazione. “I numeri crescono e non riusciamo ancora ad uscire dal livello della risposta umanitaria – spiega Chloé Faouzi, direttrice del Centro -. D’inverno vengono a chiedere coperte per ripararsi dal freddo, hanno bisogno di cibo, di contributi economici per pagare l’affitto, di farmaci e cure mediche. Soffrono di patologie legate alla precarietà: infezioni, malattie delle vie respiratorie, Tbc”. Nel centro non ci sono medici e infermieri, solo psicologi perché tanti sono i traumi provocati dal viaggio. Le persone vengono indirizzate alle strutture sanitarie governative, anche se molti hanno paura di rivolgersi alla sanità pubblica perché senza permesso di soggiorno. Temono di essere arrestati e rimpatriati, oppure spostati nelle città del sud del Marocco, una pratica in uso con chi tenta di passare la frontiera. La Caritas li rassicura sui loro diritti.
Minori non accompagnati, 150 progetti personalizzati. L’attenzione speciale ai minori non accompagnati si concretizza invece in progetti personalizzati. “Molti fuggono da situazioni drammatiche, altri vogliono tentare la fortuna per aiutare le famiglie rimaste a casa. Tutti vogliono andare in Europa – racconta Fayçal Chnafa, responsabile del polo inclusione -. Alcuni sono più determinati a proseguire il viaggio nonostante i rischi, altri si accontentano di piccole opportunità che trovano in Marocco e restano qui”. Fino a poco tempo fa erano tantissimi i casi dei baby-calciatori adescati nei loro Paesi da truffatori che gli promettevano di entrare in famose squadre di calcio europee. Si spacciavano per talent scout, chiedevano alle famiglie migliaia di euro per le spese, acquistavano i biglietti aerei ma solo fino in Marocco. Quindi, appena arrivati, sparivano, lasciandoli soli e disillusi. “Ci sono ancora casi ma molto meno”, conferma Chnafa: “Anche qui tutti giocano a calcio, è il loro sogno. E c’è gente che se ne approfitta”. Gli operatori che si occupano dei ragazzi hanno a cuore soprattutto l’inserimento scolastico. “Negli anni passati era più difficile, c’erano molte discriminazioni – prosegue -. Ora invece ci sono bravi presidi e insegnanti che fanno il possibile per favorire l’integrazione con i marocchini”. Il centro ha dato il via a quattro progetti pilota per il rafforzamento linguistico e l’intercultura, con educatrici e materiali scolastici gratuiti a sostegno dei minori più vulnerabili.
Una occasione “per valorizzare i legami tra cristiani e musulmani e promuovere la cultura dell’accoglienza”.
La Caritas si pone anche come intermediario tra le scuole e le famiglie. “Abbiamo casi di successo – concludono -, con ragazzi accompagnati fino alle scuole superiori, qualcuno anche all’università”. Ora l’appuntamento atteso da tutti è l’incontro con Papa Francesco il 30 marzo, alle ore 18, nella sede di Caritas Rabat, dove parteciperanno una sessantina di persone migranti, molti dei quali frequentano il centro.