Relazione 2019

Persone private di libertà. Palma (garante): “Nel 2018 non è stata sempre riconosciuta la soggettività”

Carceri sovraffolate, con 13.608 detenuti in più dei posti regolamentari disponibili nei 191 Istituti di pena, 64 suicidi tra i detenuti, migranti trattenuti fino a sei mesi in “luoghi di definita privazione della libertà” sono alcuni dei dati sui quali la Relazione al Parlamento del garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale invita a riflettere per porgere argine alle criticità

(Foto: Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Sovraffollamento carcerario, suicidi in aumento tra i detenuti, la carenza di camere di sicurezza con 894 inagibili su 2.245, permanenza dei migranti negli hotspot (fino a 37 giorni in quello di Messina) e fino a sei mesi nei “luoghi di definita privazione della libertà”, i rimpatri forzati, le condizioni in cui si trovano persone soggette a trattamenti sanitari obbligatori e le difficoltà riscontrate nel monitoraggio delle strutture per persone non autosufficienti, l’uso del taser. Sono le criticità fotografate dalla Relazione al Parlamento 2019, presentata mercoledì 27 marzo dal garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, a Roma, nella Sala della Regina alla Camera dei deputati, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, del presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, del presidente della Camera, Roberto Fico, del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Una Relazione, come ha detto il garante nazionale, Mauro Palma, che ha avuto come

parola chiave “soggettività”,

“non sempre riconosciuta nei mesi trascorsi al punto che negli Istituti di detenzione si è rischiato di diffondere un senso di sfiducia nel riconoscimento della propria appartenenza al contesto sociale. E negli altri luoghi, soprattutto quelli destinati ai migranti irregolari, si è sviluppato un confronto computistico sui numeri che di fatto nega soggettività a chi in essi è ospitato”.

Carceri. Il sovraffollamento nelle carceri non è una “fake news”. Alla data del 26 marzo 2019 su 46.904 posti regolamentari disponibili nei 191 Istituti di pena erano presenti 60.512 persone: 13.608 detenuti in più, con un sovraffollamento del 129%. “Nell’ultimo anno la popolazione detenuta è cresciuta di 2047 unità, con un andamento progressivo crescente e preoccupante”, ha denunciato Palma. Parallelamente però “il numero di coloro che sono entrati in carcere dalla libertà è diminuito di 887 unità: l’aumento non è quindi ascrivibile a maggiori ingressi, bensì a minore possibilità di uscita”, perché si utilizzano di meno le misure alternative al carcere. Tra gli altri aspetti problematici citati, quelli relativi alla presenza negli Istituti di persone con disagio mentale o psichico, la questione della specialità detentiva di coloro che sono in custodia cautelare o in esecuzione di pena sotto il regime previsto dall’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario, le madri in carcere con i figli, con il caso limite della “morte di due bambini per mano della propria madre rinchiusa con loro in carcere”.

Ulteriore dato allarmante sono i casi di suicidio nel 2018: 64,

un numero che ha segnato un picco di crescita rispetto al 2017, quando erano stati 50. Nei primi tre mesi del 2019, 10 persone si sono tolte la vita in carcere, circa una a settimana.

Migranti. Un capitolo della Relazione è dedicato al “difficile anno trascorso nell’affrontare i processi migratori verso l’Europa e il coinvolgimento diretto o indiretto che i minori hanno in tali contesti”. Nel 2018 i minori non accompagnati giunti in Italia sono stati 3536. Di essi, 2002 risultano passati per gli hotspot. Questo passaggio pone “due elementi di criticità: il primo riguarda l’accertamento dell’età”; il secondo “la sistematica annotazione della data di nascita al 1° gennaio dell’anno nei casi in cui non ne sia determinabile il mese e il giorno”. “Queste prassi frettolose –ha evidenziato Palma – rischiano di attenuare la garanzia assoluta di tutela dei minori che è vanto del nostro Paese”. Problemi si riscontrano non solo per i minori non accompagnati, ma anche nei Centri per il rimpatrio.

“La permanenza in luoghi di definita privazione della libertà è stata nel corso dell’anno prolungata fino a sei mesi”.

“Delle poco più di quattromila persone transitate nei Centri nel corso dell’anno – ha evidenziato il garante -, soltanto il 43% è stato effettivamente rimpatriato: un valore questo che è rimasto su scala analoga nel corso degli anni, mentre la durata massima del trattenimento oscillava tra i trenta giorni e i diciotto mesi. Prova questo della mancata correlazione tra durata della privazione della libertà ed effettività della sua finalità”.

Anziani e disabili. Le ultime osservazioni sono state dedicate alla privazione della libertà che si attua formalmente o impropriamente nel contesto dei trattamenti sanitari o nella residenzialità di persone non in grado di completa autonomia in virtù di vulnerabilità specifiche. “La logica che sottende tali interventi è sempre più quella della sottrazione, spesso anche al fine di proteggere la persona dalla propria autodistruzione: si tolgono cose, a volte si tolgono abiti, si finisce per togliere soggettività. Il tutto nei confronti di persone che avrebbero forse bisogno invece di addizione: maggiore vicinanza, maggiore autonomia, maggiori opportunità di recupero della propria dimensione esistenziale”, ha concluso Palma.