A margine del 41° convegno Caritas

Nei campi di fragole del Metapontino, accanto agli imprenditori agricoli colpiti da atti intimidatori

In dodici anni sono stati almeno una ventina gli incendi dolosi alle aziende agricole di Scanzano Jonico, in provincia di Matera. La parrocchia continua ad accompagnare gli imprenditori colpiti e a chiedere sicurezza e legalità. Accoglie anche quattordici richiedenti asilo, dopo aver superato le resistenze della popolazione, manipolata dalla politica.  

(da Scanzano Jonico) – Un ombra oscura aleggia sopra gli sconfinati campi di fragole e di frutta e verdura di Scanzano Jonico, comune del Metapontino, in Basilicata. Negli ultimi dodici anni una ventina di aziende agricole sono state prese di mira con incendi dolosi e atti intimidatori. Le forze dell’ordine e la procura indagano, ogni tanto vengono eseguiti arresti e poi scarcerazioni. Ancora non si viene a capo del movente e non si capisce se dietro ci sia una strategia o la longa manus della criminalità organizzata che mira ad estendersi anche lì. Tutti dicono di non aver mai subito minacce dirette o tentativi di estorsione. L’ultimo attentato è avvenuto un mese e mezzo fa, in una notte di vento folle, nell’Azienda agricola Aldo De Pascalis. Il materiale incendiario è stato gettato dall’esterno della recinzione su 2.000 cassette vuote, le fiamme si sono alzate altissime. La famiglia De Pascalis si è salvata per miracolo, grazie alla premura di un passante che ha dato subito l’allarme.

Don Antonio Polidori, parroco di Scanzano Jonico

La solidarietà della Chiesa. A fianco degli imprenditori agricoli colpiti non è mai mancata la presenza della Chiesa e della Caritas locale: l’arcivescovo di Matera-Irsina monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo è andato subito ad esprimere la sua solidarietà. Ad accompagnarli giorno dopo giorno è don Antonio Polidoro, 43 anni, da tredici anni parroco di Santissima Maria Annunziata di Scanzano Jonico. Non si stanca di organizzare fiaccolate e incontri per denunciare queste azioni intimidatorie su un popolo tranquillo, di lavoratori che abitano una terra pacifica, fertile e generosa.

Don Antonio alza la voce e prende posizione per chiedere sicurezza e rispetto della legalità.

Ma anche per ricordare ai cristiani che gli atteggiamenti ostili ai migranti non sono propriamente evangelici. Di fronte alle proteste dei parrocchiani, sobillati dalla politica locale, è arrivato fino ad un gesto estremo: per un periodo si è rifiutato di dire l’omelia. E’ una esperienza concreta in cui la carità produce cultura, filo conduttore e titolo del 41° convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino a domani a Scanzano Jonico.

L’ultimo attentato. “L’attentato di febbraio è stato un fulmine a ciel sereno, non ce lo aspettavamo. Se non ci avvisavano poteva succedere una tragedia”, racconta Rossana De Pascalis, figlia di Aldo, 59 anni, fondatore dell’azienda omonima, in continua espansione: 200 ettari di terra coltivati a fragole, arance, pesche, albicocche, peperoni, melanzane, zucchine. Oltre 120 lavoratori. Nella fertile terra metapontina si può piantare qualsiasi tipo di frutta o ortaggi con successo e si lavora 365 giorni l’anno. L’ultimo acquisto è stato un vigneto di uva da tavola. Vendono ad un paio di grandi catene di supermercati e ai mercati generali. Tutta la famiglia vive all’interno dell’azienda, la notte dell’incendio si sono spaventati tantissimo. “Ho ricominciato a dormire da poco – dice -, questo episodio ci ha messo molto ansia e paura. E’ stato sicuramente doloso, studiato nei particolari. Significa che ci hanno seguiti, controllati. Non riusciamo a capire il perché di tanta cattiveria: non ci è mai stato chiesto denaro, né favori né mai abbiamo ricevuto minacce”. Il giorno dopo l’attentato si sono rimboccati le maniche e hanno ripreso a lavorare. L’azienda ha subito danni per 200mila euro. E non era nemmeno assicurata.

“L’unica cosa bella è che abbiamo ricevuto tantissima solidarietà”.

Ora hanno messo telecamere di sorveglianza e un guardiano notturno. Il Comune di Scanzano ha stanziato soldi per un sistema sicurezza e fatto richiesta per avere di nuovo una caserma di carabinieri nel territorio non più presidiato, dopo la chiusura del commissariato.

Tra gli “strawberry fields”…Tra gli “strawberry fields” del Metapontino, 950 ettari coltivati a fragole candonga ed altre varietà a denominazione protetta spicca l’eccellenza romagnola dell’azienda Piraccini Secondo, ora guidata dai tre figli Valchirio, Valter e Valtiero, con sedi in diverse regioni italiane. Nei buffet dopo le messe che ogni tanto si celebrano in azienda c’è sempre un mix ben riuscito di piadina e peperoni cruschi. Valchirio Piraccini, 69 anni, vive a Cesena e da 40 anni scende tutte le settimane a Scanzano Jonico. Ha già subito due attentati incendiari, l’ultimo nel 2011 ma è ottimista di natura e non si scoraggia mai:

“Vivo questo lavoro con grande passione, è come tirar su un figlio, è la nostra creazione”.

L’azienda non possiede “nemmeno un ettaro di terra” ma opera mettendo in rete i piccoli produttori con il sistema dei conferimenti, tipico della Romagna. Piraccini commercializza per loro le preziose fragole, inviandole a grandi catene di ipermercati nel nord Italia. Nelle serre si produce diversi mesi l’anno e nei periodi più caldi, come in questi giorni di primavera, sono impiegati una ottantina di dipendenti.  In queste aziende tutto il lavoro stagionale è in regola, negli altri mesi i lavoratori chiedono l’indennità di disoccupazione.

Migranti: quando il parroco si rifiutò di dire l’omelia. Di agricoltura nasce e vive Scanzano Jonico, fondata negli anni ’50 in seguito alla riforma agraria, spostando lavoratori da 55 paesini lucani. Tanto che ancora oggi ci sono le zone degli aviglianesi, dei grassanesi, di quelli che vengono da Montegiordano e inizialmente l’integrazione non era stata facile. “Quando i parrocchiani mi dicono che non vogliono gli immigrati ricordo le origini di Scanzano” spiega don Antonio, mostrando il piccolo centro del paese, non più di 8.000 abitanti e una piazza con palazzo baronale chiamato “il palazzaccio”. Da un paio d’anni, infatti, don Antonio ha messo a disposizione i locali della chiesa San Giulio I. “Papa Francesco ha chiesto alle parrocchie di accogliere, poi ho visto la foto del piccolo Aylan sulla spiaggia. Mi sono detto: devo fare qualcosa”, racconta, commuovendosi al ricordo. Così ha fondato una cooperativa legata alla parrocchia che accoglie 14 richiedenti asilo nigeriani, in maggioranza donne sole e bimbi piccoli. Sono sbarcati  in Italia dopo aver passato l’inferno libico. Quasi tutte le donne hanno subito violenza nei centri di detenzione, una di loro è stata venduta e trafficata nella tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Ora lavora nei campi. Le altre crescono i bimbi piccoli. Due sono nati lo scorso anno e battezzati in parrocchia. “All’inizio ci sono state tante proteste – ricorda il parroco di Scanzano -. Le persone anziane avevano paura”.

“Ripetevano gli slogan dei politici: immigrazione è un business, vengono qui a rubare e delinquere. Per un po’ mi sono rifiutato di dire l’omelia”.

Hanno capito le ragioni dietro le migrazioni e quale deve essere l’atteggiamento di un cristiano. Ora le vedo a spasso con i bambini nigeriani in braccio”.