Vescovi

Nella sua strada

L’arcivescovo emerito di Gorizia, mons. Dino De Antoni, che vent’anni fa aveva lasciato la sua città di origine, ha portato sempre nel cuore Chioggia e la diocesi, come del resto moltissimi di noi gli sono rimasti legati con stima e affetto

Ha celebrato l’ultima messa nella “sua” Chioggia il 10 gennaio scorso, nella basilica di San Giacomo, sotto la materna protezione della Beata Vergine della Navicella, per l’ultimo saluto ad una sua cara nipote. Ha voluto esserci, nonostante fosse ormai prostrato dalla malattia, con un filo di voce che gli ha permesso di pronunciare solo il saluto iniziale e poi di sussurrare le parole della consacrazione ed esprimere alla fine un commosso, quasi impercettibile, saluto.

L’arcivescovo emerito di Gorizia, mons. Dino De Antoni, che vent’anni fa aveva lasciato la sua città di origine, ha portato sempre nel cuore Chioggia e la diocesi, come del resto moltissimi di noi gli sono rimasti legati con stima e affetto. Poco prima di quel funerale aveva avvertito il parroco della sua possibile partecipazione: lo aveva fatto per telefono durante la “due giorni” dei vescovi del Triveneto a Cavallino sulla “comunicazione” e in quell’occasione – l’ultima, a cui non poté partecipare – volle salutare i confratelli vescovi attraverso qualche sommessa parola al telefono, passato al patriarca: un cordiale applauso dei presenti gli fece sentire la vicinanza e l’affetto di tutti. Come ha potuto sperimentare la vicinanza dei molti che in questi ultimi mesi l’hanno accompagnato con l’amicizia e la preghiera nel suo ultimo tratto di strada. Quella della sua Chiesa goriziana, che, insieme alla città, pochi giorni prima dell’addio, ha voluto tributargli un prestigioso riconoscimento e che nel giorno del commiato l’ha salutato commossa aprendogli le strade fino alla cattedrale.

“Molti sacerdoti e fedeli – ha scritto l’arcivescovo Carlo – sono stati edificati dalla sua testimonianza di profondo amore per il Signore e di attaccamento affettuoso alla nostra Chiesa, una testimonianza che tutti vogliamo tenere nel cuore”. E l’amicizia antica e forte della città e Chiesa clodiense, alimentata fin dai primi anni all’oratorio dei Salesiani e mantenuta salda e vivace sempre, con la sua disponibilità ad approfondirne la storia e la vita, con i numerosi e graditi “ritorni in patria”, promuovendo tante figure del passato come i servi di Dio p. Emilio e p. Raimondo, senza trascurare le figure del presente, avendo accettato di far parte, negli ultimi anni, anche del Comitato “Clodiense dell’anno”.

Io, e come me molti, l’ebbi amico e maestro alla colonia diocesana “Stella Maris” di Feltre e in Seminario (dove mi fece appassionare addirittura alla matematica…) e poi guida saggia e amorevole fino all’ultimo, testimone di un ministero svolto a tutto campo, nell’ascolto, nella predicazione, nella pastorale in ogni ambito e ad ogni livello, nella società, nella cultura.

Un simpatico cenno, infine. Quando, anche da arcivescovo emerito, doveva accommiatarsi in anticipo da una riunione o da un pranzo, soleva ripetere l’aneddoto africano secondo il quale l’ospite doveva chiedere al capo-villaggio di “dargli la strada” e attendere pazientemente che gli fosse data. Ha atteso consapevolmente e pazientemente anche per l’ultimo commiato. E il supremo “capo-villaggio” gli ha dato alla fine la “strada”, che egli ha percorso serenamente fino in fondo per l’ultima meta.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)