Criminalità

Agguato mortale a Napoli. Il grido inascoltato di parrocchia e scuola: “Siamo soli e abbandonati. Questo non è un paese civile”

Nel rione Nuova Villa, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, in una strada nota per le “stese” della camorra, a pochi metri dalla chiesa San Giuseppe e Madonna di Lourdes e dall’Istituto comprensivo Vittorino da Feltri, un uomo è stato ucciso e un altro ferito, mentre accompagnavano un bambino di tre anni, rispettivamente il nipotino e il figlio, a scuola. Tante le attività di parrocchia e scuola per educare i ragazzi alla legalità e alla solidarietà, ma, dice don Modesto Bravaccino, “ai ragazzi sono spezzate le ali dall’assenza di opportunità”. “Siamo tutti smarriti”, afferma Valeria Pirone

Un grido di dolore e di allarme accomuna il parroco e la dirigente scolastica del rione Nuova Villa del quartiere di San Giovanni a Peduccio, alla periferia orientale di Napoli, dopo l’uccisione, stamattina, 9 aprile, alle 8,50, di un uomo e il ferimento di un altro, davanti a un bambino di 3 anni, rispettivamente, nipotino e figlio delle vittime. Teatro dell’omicidio la strada tra la parrocchia e la scuola, davanti agli occhi di tanti bambini che a quell’ora entravano a scuola.

“Angosciante”.

Non usa mezzi termini per definire al Sir quanto avvenuto oggi don Modesto Bravaccino, parroco di San Giuseppe e Madonna di Lourdes. “L’omicidio è avvenuto di fianco alla parrocchia – precisa il sacerdote -. I due adulti, imparentati tramite la moglie dell’ammazzato con un clan, stavano accompagnando il piccolo a scuola”. La via dove è avvenuto l’assassinio è tristemente nota per le stese della camorra, cioè sparatorie in direzione della casa del “nemico” per intimidirlo, colpendo qualsiasi persona o casa sia in quel raggio di azione. “Noi pensavamo di aver risolto, in parte, il problema delle stese – dice, sconsolato, il parroco -, invece ci troviamo addirittura con un morto e un ferito, fatto ben più grave di una stesa. Le stese ci mettevano in scacco tutti, avevamo paura di camminare per strada per il timore di essere feriti”.

Proprio un anno fa, il 19 aprile 2018, don Bravaccino si fece promotore di una marcia delle parrocchie e delle scuole contro le stese. Da allora è cambiata la situazione? “Le stese erano ferme, le persone fiduciose perché vivevano più tranquille. La situazione era di una relativa calma. Dopo tutte le manifestazioni e un’intensa attività investigativa da parte degli inquirenti, con molti arresti, pensavamo di essere più tutelati, anche se, devo essere sincero, non ho visto tutto questo controllo sul territorio. Adesso tutto cambierà”, risponde il parroco, secondo il quale “l’escalation di violenza, probabilmente, è legata a un cambiamento degli equilibri all’interno dei clan. I nuovi che subentrano vogliono affermare il loro dominio”. Con la scuola, afferma, “avevamo già messo in calendario una marcia da fare il 16 maggio, a un anno da quella contro le stese, puntando questa volta sul degrado. Ora ci rincontreremo venerdì e vedremo cosa possiamo fare, dopo quello che è successo oggi”. Il sacerdote spiega:

“Degrado e abbandono, purtroppo, sono due caratteristiche del rione.

Non c’è pulizia dei giardinetti: a volte, faccio venire io un contadino per pulirli. C’è molta immondizia per strada. Se si rompe qualcosa, non viene aggiustato o viene fatto male e dopo molto. Per lungo tempo non vengono sostituite le lampade rotte dei lampioni, spesso distrutte con colpi di pistole a salve. Per questo, avevamo pensato di connotare la marcia con ‘Io non ci sto con il degrado’”.

Grande è l’attività della parrocchia, in collaborazione con le scuole, elementare e media, presenti all’interno del rione, “per sensibilizzare i ragazzi alla legalità e alla solidarietà”. A livello ecclesiale, prosegue il parroco, “abbiamo l’oratorio invernale ed estivo, un campetto di calcio a cinque, un parco giochi, un’area attrezzata per i ragazzi, frequentatissimi, dato che non ci sono alternative nel rione. Abbiamo, poi, dei volontari che li accolgono e li fanno giocare, tra quattro mura al sicuro. Noi lavoriamo tanto con i ragazzi, ma ci rendiamo conto che per loro è difficile perché si devono confrontare continuamente con il contesto dove ci sono modelli negativi, rispetto ai quali noi ci proponiamo come contraltare. Ovviamente, poi, ognuno decide da che parte stare. I più grandi, anche appartenenti a famiglie a rischio, provano a trovare un lavoro onesto, ma è faticoso, perché qui a Napoli il lavoro è una chimera e

le ali dei ragazzi sono spezzate continuamente dall’assenza di opportunità”.

Problemi questi denunciati dai parroci del Decanato, a novembre scorso, in una lettera al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, al sindaco, Luigi De Magistris, e al prefetto di Napoli, Carmela Pagano, e ribaditi nell’incontro con Salvini: “Vogliamo le opportunità che qui non ci sono. Il nostro è stato il grido di chi non ce la fa più di fronte all’abbandono, al degrado, alla criminalità. Anche se Salvini ci ha incontrato subito, il sindaco dopo un po’, noi stiamo ancora aspettando che le cose cambino”. Malgrado tutto ciò, ai parrocchiani don Modesto lancia un appello: “Non perdiamo la speranza. Sicuramente, in quest’anno, abbiamo dato un contributo importante sia alle indagini sia al cambiamento del rione: adesso non possiamo fermarci”.

“Non è un paese civile quello nel quale i bambini non possono andare a scuola tranquilli, perché rischiano di essere colpiti da un proiettile.

E, seppure non sono colpiti da una pallottola, non è giusto che dei bambini assistano a un omicidio, alle 8,50 del mattino, l’ora in cui entrano a scuola: è qualcosa di gravissimo e inconcepibile, tanto più che noi – scuole, parrocchie e associazioni – stiamo segnalando da tempo la pericolosità della strada. In tante occasioni e in tante forme abbiamo chiesto aiuto, ma purtroppo

il nostro grido è rimasto inascoltato”,

denuncia al Sir Valeria Pirone, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Vittorino da Feltri, vicino al quale stamattina è stato ammazzato l’uomo. Nel rione, spiega Pirone, “non c’è il fenomeno della dispersione scolastica perché qui non c’è nulla e, perciò, i ragazzi vengono volentieri. Persino i pochi negozi che c’erano nella strada hanno chiuso, ora speriamo che non chiuda pure la scuola dopo l’omicidio, anche perché tutte le nostre iniziative sono volte a educare alla legalità. Oltre alla marcia dell’aprile scorso, a ottobre abbiamo promosso la manifestazione ‘Più saperi, meno spari’ e, ancora, proiezioni di film, incontri, partecipazione alla giornata di Libera in memoria delle vittime innocenti delle mafie. Eppure, sono come parole al vento, di fronte a una scena come quella di oggi”.

“Stamattina – aggiunge la dirigente scolastica – dalla sede principale della scuola, a pochi metri, mi sono precipitata davanti al plesso dove è avvenuto l’omicidio e lì ho incontrato tante mamme che prima, per proteggermi, hanno cercato di non farmi andare e poi mi hanno accompagnato sul luogo del delitto. Con le mamme e i papà presenti siamo restati tanto tempo fuori alla scuola per interrogarci su quanto è successo e sul da farsi, ma in questo momento

siamo tutti troppo smarriti.

Certamente, elaboreremo una risposta, forse già la marcia prevista per il 16 maggio potrebbe avere una valenza diversa”. Certo, ammette amaramente Pirone, “non sono tanto più credibile nel dire ai ragazzi: ‘Venite a scuola’, perché non sono garantiti nella sicurezza. Non c’è nessuno che ci protegge, non ci sono forze dell’ordine, non c’è nulla”. Ci sarà bisogno di un aiuto psicologico per i bambini? “Tristemente no – la risposta -, perché i ragazzi sono abituati a tutto questo. L’omicidio non desta scalpore negli abitanti. Ho sentito una mamma dire con serietà: ‘Oggi vedo lì per terra lui, domani ci potrei essere io’. Una cosa così è inaccettabile. Noi l’abbiamo detto a gran voce in tutte le occasioni possibili. Ma, anche questa volta, passerà il momento in cui tutti gli occhi sono puntati su questo tratto di strada e tutto ritornerà come prima, tutti si dimenticheranno di noi, sempre soli e abbandonati, persino senza un vigile fuori alla scuola, all’orario di entrata e uscita dei ragazzi”.