Fede e società

“Rafforzare la fiducia nella democrazia”: documento delle Chiese in Germania

La Conferenza episcopale tedesca (Dbk) e la Chiesa evangelica in Germania (Ekd) presentano un’ampia riflessione – una cinquantina di pagine – sullo “stato di salute” della politica e della convivenza civile nel Paese. Richiami su moralità, bene comune, dialogo, tolleranza. Appello alla responsabilità di ogni cittadino. Il necessario contributo dei credenti e delle comunità cristiane. Servono “leggi sull’immigrazione” da concordare a livello di Unione europea

“Mettere a tema le sfide con cui è confrontata la democrazia oggi e affrontare le cause che ne sono alla radice” è l’obiettivo di un documento di una cinquantina di pagine che la Conferenza episcopale tedesca (Dbk) e la Chiesa evangelica in Germania (Ekd) hanno appena pubblicato. “Rafforzare la fiducia nella democrazia” si intitola il testo preparato da una commissione ecumenica di 14 esperti, che per due anni ha lavorato sotto la guida del vescovo Franz-Josef Overbeck per la Dbk e dal professor Reiner Anselm per la Ekd. Il testo esce dieci anni dopo una prima riflessione congiunta dal titolo “La democrazia ha bisogno di virtù”.

Sentirsi responsabili. “Noi Chiese riteniamo che lo stato di diritto democratico e sociale, e quindi la democrazia libera, non sia un ordine perfetto, ma in termini di convivenza in questo mondo si sia dimostrato il migliore ordine politico possibile, sia teoricamente che praticamente, sebbene suscettibile di critiche  e miglioramenti”, scrivono nella prefazione del testo il cardinale Reinhard Marx (presidente Dbk) e il vescovo Heinrich Bedford-Strohm (presidente Ekd). Perché la democrazia funzioni serve come “fondamento” che tutti i soggetti coinvolti abbiano una “moralità democratica”: ciò implica che

tutti, dai politici ai media, dalla società civile all’economia e ogni singolo cittadino, devono “sentirsi responsabili per il successo della democrazia”,

devono impegnarsi per il rispetto delle regole, sempre essere “orientati al bene comune e disponibili ad ascoltare, a considerare e a scendere a compromessi con altri punti di vista e argomenti”. Perché la democrazia funzioni, insieme a questa “moralità democratica” occorre anche la “fiducia che deriva da una tale moralità”. La fiducia, “necessaria ma non scontata”, è “uno dei cardini della convivenza democratica”: serve la fiducia nelle “persone che si assumono la responsabilità della democrazia” ed esercitano il potere, nelle istituzioni, nelle dinamiche e nei processi democratici.

Democrazia e fede. Ora viviamo in un’epoca della “complessità” che pone sfide e responsabilità alla sopravvivenza della democrazia (e della fiducia). Muovendosi secondo i tre passi dell’etica sociale classica – vedere, giudicare agire – il documento tedesco prende in esame le quattro “sfide centrali” degli ultimi due decenni: la globalizzazione e le sue conseguenze per l’economia e l’ecologia, la giustizia democratica e le disuguaglianze economiche, la democrazia nel tempo delle migrazioni e infine la democrazia nel tempo della digitalizzazione. Rispetto a questi quattro contesti, il testo propone per la discussione alcune piste politiche di azione, non prima di aver approfondito i principi fondamentali della democrazia e il loro “stretto legame con alcuni elementi di fondo della fede cristiana”.

Pericoli intrinseci. Piena fedeltà esprimono le Chiese tedesche all’ordine democratico e alla costituzione della Repubblica federale di Germania. Su come concretamente la democrazia debba prendere forma ci si può confrontare e discutere: è evidente però che “se governi democraticamente eletti limitano i diritti delle minoranze, cambiano i sistemi elettorali per rafforzare il proprio potere, minacciano l’indipendenza della magistratura, mettono i media sotto il proprio controllo, dichiarano l’avversario politico nemico del popolo, e si considerano unici rappresentanti della volontà del popolo, questa è una comprensione della democrazia che già ha in sé il pericolo del suo smantellamento”.

Ruolo della società civile. La diversità e la pluralità di visioni e di interessi che invece vivono in un popolo, trovano espressione e realizzazione solo se in un contesto di stato di diritto, dove imprescindibile è “il legame tra libertà e diritti”. Istituzioni e procedure giuridicamente definite sono prerequisiti necessari ma non sufficienti per garantire la democrazia: essa dipende anche da “presupposti non scritti”, vale a dire “dai cittadini e cittadine che si sentono responsabili per il buon esito di questo ordine esigente”. Questa responsabilità si esercita nel rispetto delle regole (come ad esempio “pagare le tasse, anche quando si potrebbe riuscire ad evitarlo con qualche trucco”), partecipare attivamente, votare, rendersi disponibili per incarichi politici. Serve però anche che la democrazia si rispecchi in una “cultura politica e in istituzioni sociali” e che includa la società civile.

Il compito delle Chiese. Il testo si sofferma anche sul ruolo delle Chiese nella democrazia: riconosce la lentezza delle Chiese che per tanto tempo hanno considerato con “scetticismo e a volte si sono opposte” all’idea moderna di democrazia e stato di diritto, e ribadisce il riconoscimento che “la democrazia fondata sulla libertà e lo stato di diritto, con il suo rispetto incondizionato per la dignità umana e i suoi diritti inalienabili, tra tutte le forme di stato è quella che esprime più chiaramente l’impulso alla libertà del Vangelo”. Per questo, “come chiese, partecipiamo alla vita sociale e condividiamo la responsabilità perché la vita democratica sia custodita, realizzata e si sviluppi”.

“Lo straniero diventi cittadino”. Su questi presupposti, il documento apre alcune prospettive in merito alle sfide con cui le democrazie sono confrontate oggi: rispetto alla globalizzazione, il documento propone il “modello Europa”, “comunità di diritti e solidarietà”, e il rafforzamento del multilaterialismo; quindi suggerisce di “limitare le ingiustizie e rendere possibile una equa partecipazione” come risposta non solo alle povertà economiche (rispetto alle quali il documento ripropone il modello di una “economia sociale di mercato”), ma per dare a tutti spazio per prendere parte alle “possibilità sociali, culturali e politiche” che il nostro tempo dischiude. Per fare questo occorre anche

porre rimedio ai “buchi di rappresentanza” che esistono e che escludono dalla partecipazione e dalla rappresentanza alcune parti della società.

Rispetto alla sfida posta dai movimenti migratori, le Chiese ribadiscono il “diritto all’asilo e alla migrazione” e la necessità che “lo straniero diventi cittadino” con una integrazione che presuppone impegni sia in chi accoglie sia in chi arriva. Servono oggi “leggi sull’immigrazione” da concordare a livello di Unione europea, e che prendano in considerazione gli interessi dei Paesi di accoglienza, di partenza e dei migranti: “non c’è alternativa a una faticosa ricerca di una comprensione intraeuropea in questa materia”. Rispetto alla rivoluzione digitale, le indicazioni vanno nel senso di “sfruttare le possibilità” che essa offre e “porre chiare regole” (con particolare riferimento al mondo dei media).

Principi fondamentali. L’ultimo capitolo del documento delle Chiese prende poi in esame alcuni principi fondamentali che rendono possibile che “la democrazia sia forma politica della libertà”, tra cui la solidarietà e la cooperazione, la giustizia sociale e la partecipazione democratica, la difesa dei diritti umani, la democrazia digitale. Su ognuno di questi punti si indica che cosa implichi “rafforzare la democrazia”.

Luoghi di dialogo. “La democrazia può funzionare solo se è radicata in una cultura di reciproca tolleranza e accettazione” si legge nelle conclusioni. “Anche noi Chiese vogliamo costruire questa cultura e impegnarci perché sia custodita, a partire da ragioni autenticamente teologiche: la fede cristiana implica sempre una prassi sociale, e non deve mai essere separata dai suoi effetti sulla politica”, intesa in senso ampio. Vicine a tutti coloro che praticano “una cultura della tolleranza e dell’accettanza”, le Chiese ritengono che “poiché la diversità religiosa, ideologica, etnica e culturale continua a crescere” c’è bisogno di “luoghi di dialogo e comprensione per consolidare le forze democratiche”, “di spazi e pratiche” di condivisione, di “sempre nuovi sforzi verso obiettivi comuni della vita politica”. Compito delle Chiese “non è di esprimersi nei dibattiti politici concreti, ma di impegnarsi per una cultura vitale del cristianesimo e una fede viva” e così “rafforzare i fondamenti su cui vive la democrazia”.