Memoria
Il binomio Friuli-Sicilia, boschi e teatro si apre a mille echi. Appena un secolo fa, i boschi della Carnia smettevano di essere teatro del primo conflitto mondiale, guerra lunga e sanguinosa. Oggi i tronchi arrivano su un’isola che è terra di approdi di altri esuli in disperata fuga dalla guerra
C’è un legame nuovo tra il Friuli e la Sicilia. Passa attraverso i duecento tronchi di abete che sono partiti dalla Carnia diretti al teatro greco antico di Siracusa per fare da sfondo a Le Troiane di Euripide. Una bella operazione: sia per la scelta del palinsesto siracusano, dedicato a donne (contro) e guerra, sia per l’aver dato ai nostri alberi, caduti come soldati feriti, una nuova vita.
I fatti. Gli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia di fine ottobre 2018 sono stati scelti per costituire la scenografia di una tragedia greca. Camion con i grossi lunghi tronchi sono corsi fino oltre lo Stretto e, rimessi in piedi grazie a delle gabbie-armature, sono pronti per la prima rappresentazione che si terrà il 10 maggio. Un’operazione dai tanti significati: il non spreco della natura; l’unire due parti distanti della nostra Italia che resta una e unica; legare la tragedia di oggi – la tempesta e i suoi esiti su boschi, strade, attività umane – ad una del passato; valorizzare il potere evocativo del teatro e di quello classico in particolare che sa parlare dell’uomo agli uomini di ogni tempo.
La scelta. Come scenografia de Le Troiane l’archistar Stefano Boeri ha voluto un bosco. Non uno finto. Non uno nuovo, da procurarsi straziando vite. Ma uno realizzato riutilizzando le maestà abbattute degli abeti bianchi e rossi del Friuli. Ha visto in una foresta sdraiata da sei mesi l’elemento perfetto per rappresentare la devastazione della guerra. Non solo: quando lo spettacolo a fine giugno finirà l’Inda (Istituto nazionale del dramma antico) li passerà alla Filiera siciliana del legno che li riuserà, probabilmente, per una struttura utile al teatro.
Fin qui il recupero oggettivo del materiale legno. Ma molti altri recuperi di senso regala questa storia che intreccia uomo e natura, nord e sud, passato e presente.
Gli alberi fanno da sfondo ad una tragedia (portata sulla scena per la prima volta nel 415 a.C. con la guerra del Peloponneso in pieno svolgimento) che descrive la sorte crudele delle donne di Troia. Sconfitta la città, i loro uomini uccisi o portati via, non resta loro che diventare schiave dei vincitori, mentre Troia è data alle fiamme. Donne schiantate dal destino, come gli alberi sulla scena.
Le Troiane, inoltre, non sono che una delle opere che compongono il cartellone estivo del teatro siracusano, tutta dedicato alla donne e la guerra (Elena di Euripide, Lisistrata di Aristofane e Le Troiane appunto). Donne che ne hanno a che fare loro malgrado, poiché la guerra è affare da uomini ma tocca ad esse subirne le conseguenze. E questa è una verità immutata: ieri come oggi.
Infine, questo binomio Friuli-Sicilia, boschi e teatro si apre davvero a mille echi. Appena un secolo fa i nostri boschi della Carnia smettevano di essere teatro del primo conflitto mondiale, guerra lunga e sanguinosa. Oggi i nostri tronchi arrivano su un’isola che è terra di approdi di altri esuli in disperata fuga dalla guerra. Un’altra tragedia, Le Supplici di Eschilo, racconta la storia di un’accoglienza difficile: quella di cinquanta donne figlie di Danao (regnante sull’Egitto col gemello Egitto) che, cercando salvezza, giunsero imploranti dal re di Argo in Grecia. Ma qui coincidenze e richiami svaniscono: quelle trovarono ospitalità, mentre gli appelli di oggi non hanno altrettanta fortuna.
(*) direttrice “Il Popolo” (Concordia-Pordenone)