Intervista
Il segretario generale della Commissione degli episcopati dell’Unione europea commenta, per il Sir, l’esito delle elezioni dell’Euroassemblea. Parla di una Ue da rilanciare, per questo “servono nuove iniziative: i cinque prossimi anni saranno appassionanti ma non necessariamente comodi”. Positivo l’afflusso ai seggi, “segno di responsabilità”. Sui cattolici nelle istituzioni: “si tratta di guardare le politiche e non la bandiera o il rosario che sono branditi. Ci sono vittorie raggiunte ‘per’ qualcosa oppure ‘contro’ qualcuno. Il metro di valutazione è il Vangelo”
Anche al quartier generale della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece) a Bruxelles si è passata la notte quasi in bianco per seguire l’esito del voto per l’Europarlamento. Padre Olivier Poquillon, o.p., segretario generale della Comece, incontra il Sir per una valutazione a caldo su quanto emerso dalle urne.
Una bella notizia di queste elezioni è l’alta affluenza al voto, non le pare?
L’appello al voto è stato il primo messaggio lanciato dai vescovi dell’Unione europea. Quindi per la Chiesa dà soddisfazione vedere che i nostri concittadini abbiano assunto la loro responsabilità. Una partecipazione dell’oltre la metà degli elettori mostra che oggi l’Ue è il livello giusto per affrontare una serie di problemi e significa che abbiamo preso seriamente in conto il fatto che non bisogna lasciare che gli altri decidano al posto nostro. Possiamo lamentarci solo se partecipiamo alla vita della società.
Il cristianesimo non è una religione di spettatori, ma di persone che si coinvolgono nella vita della comunità.
Quale sia stato il voto, le persone sono andate alle urne, e speriamo ora che i cittadini accompagnino anche le persone elette, ponendo loro delle domande e andando a incontrarle al Parlamento. Il Papa ci invitava a ritrovare il senso della comunità in Europa: con questa partecipazione si è fatto un primo passo.
Quale valutazione del prossimo volto del Parlamento?
Abbiamo una nuova configurazione, inedita perché ci si era abituati a un certo confort negli ultimi anni con due gruppi politici che da soli avevano la maggioranza. Adesso non c’è maggioranza senza almeno la convergenza di tre gruppi politici. Dovremo aspettare qualche settimana per capire chi si alleerà con chi e quali saranno le maggioranze. È possibile che non saranno le stesse sui temi della migrazione, dell’ambiente, sui temi sociali, della sicurezza o della difesa. Questo potrà essere un fattore di instabilità, ma anche un modo per rafforzare i processi democratici.
Tra i partiti penalizzati dal voto c’è il Ppe, un gruppo finora piuttosto attento ai temi sensibili per la Chiesa cattolica…
Il Ppe è un gruppo nato dalla tradizione dei democratici cristiani, che però sono anche in altri gruppi politici: se ne ritrovano tra i socialisti, i verdi e i liberali. Non è la Chiesa che è vicina ai partiti politici, ma sono un certo numero di cittadini impegnati nei partiti e nelle sedi istituzionali che agiscono in quanto cristiani. La Chiesa non è una lobby e non dà consigli di voto, ma
ci sono deputati che cercano di vivere la fede attraverso il loro impegno,
una fede che sia inclusiva. Il punto è che i cristiani contribuiscano al bene comune di tutti, cristiani e no, a partire dalle proprie radici, cultura, etica.
Possiamo essere contenti di esiti nazionali che hanno premiato persone che si dicono paladine dei valori cristiani?
Dobbiamo fare attenzione a non confondere l’imballaggio con il prodotto. Si giudica l’albero dai frutti, dice il Vangelo. Quindi si tratta di guardare le politiche e non la bandiera o il rosario che sono branditi. Ci sono vittorie che si raggiungono “per” qualcosa oppure “contro” qualcuno. Il metro di valutazione è il Vangelo che non si può tagliare a pezzi, ma va preso tutto insieme, anche nei suoi aspetti che scomodano. Ci sono cristiani che hanno votato per Salvini o Orbàn e forse bisogna ascoltare le domande che questo pone. Sarà la vera sfida per il Parlamento che arriva a prendere in considerazione il fatto che ci sono fette della società che si sentono declassate, persone che hanno la sensazione di perdere il controllo sulla propria vita. Dare risposte semplici a domande complesse è sempre una tentazione. Se le persone più intelligenti, o reputate tali, non prendono le decisioni percepite come al servizio del bene comune, altre si presenteranno per decidere al posto loro.
La Comece che cosa farà nelle prossime settimane rispetto al nuovo Parlamento?
Un nuovo Parlamento è come una nascita, che porta sorprese: bisogna vedere come si strutturerà la vita del Parlamento e la Chiesa cercherà di accompagnare le persone che hanno accettato questa responsabilità. Dovranno fare delle scelte e le scelte implicano rinunce. Non si potrà andare avanti come fatto fino ad ora, ci sarà bisogno di nuove iniziative: i cinque prossimi anni saranno appassionanti ma non necessariamente comodi.