Economia
Severo il giudizio della Commissione europea sui conti pubblici italiani. Debito eccessivo: raccomandata la procedura d’infrazione. Ma si parla anche di mancate riforme, scelte controproducenti e addirittura di “danni” causati all’economia dall’azione del governo giallo-verde. La replica del premier italiano e la volontà, espressa dal commissario Ue, di dialogare
L’economia dei Paesi europei è, per ora, in un trend ascensionale e l’occupazione a livelli pre-crisi: ma nel frattempo si infittiscono nubi legate al quadro internazionale. Per questa ragione gli Stati Ue devono serrare i ranghi, procedere con riforme strutturali, favorire gli investimenti, tenendo al contempo sotto controllo i conti pubblici. Sono alcune delle “raccomandazioni” presentate oggi dalla Commissione Ue nell’ambito della procedura conosciuta come “semestre europeo”, ovvero il ciclo semestrale di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nell’ambito dell’Unione europea. La Commissione tiene sotto esame le riforme strutturali, le politiche di bilancio (l’obiettivo è la sostenibilità delle finanze pubbliche), gli eventuali squilibri macroeconomici: e oggi traccia la situazione economica dell’Ue, per poi procedere con alcune “raccomandazioni” a tutti gli Stati membri: tali indicazioni saranno ora valutate dal Comitato economico finanziario (i rappresentanti diplomatici dei governi, i cosiddetti “sherpa”) e infine eventualmente adottate, o rigettate, dai 28 ministri economici e finanziari (Ecofin), nella riunione fissata il 9 luglio.
Luci e ombre. “L’economia europea cresce per il settimo anno consecutivo ed è destinata a continuare a espandersi nel 2020: le economie di tutti gli Stati membri sono in crescita, malgrado le condizioni meno favorevoli e le incertezze sullo scenario mondiale. Il numero di persone occupate non è mai stato così elevato e la disoccupazione è scesa a un livello record”. Sono le prime righe del quadro sintetico dell’economia Ue diffuso dall’esecutivo di Bruxelles. Nel testo si afferma però che, “allo stesso tempo, persistono differenze significative tra i Paesi, le regioni e i gruppi di popolazione”. La Commissione “esorta” dunque gli Stati membri “a fare tesoro dei progressi compiuti negli ultimi anni”. “Riforme efficienti, accompagnate da strategie di investimento mirate e politiche fiscali responsabili, continuano a costituire una strategia vincente per modernizzare l’economia europea”.
Il vicepresidente dell’esecutivo, Valdis Dombrovskis, afferma che la procedura del “semestre europeo ha contribuito in modo decisivo a migliorare la situazione economica e sociale in Europa. Rimangono però sfide notevoli da affrontare, mentre si appesantiscono i rischi per le prospettive economiche. Preoccupa vedere che in alcuni Paesi il ritmo delle riforme sta rallentando”.
Debito, inflazione… Per il capitolo degli squilibri macroeconomici, “alcuni Stati membri continuano a registrare livelli storicamente elevati di debito privato e pubblico, che riducono il margine di manovra per assorbire shock negativi. In altri Stati membri si profila un possibile surriscaldamento legato alla crescita dinamica dei prezzi degli alloggi e all’aumento del costo del lavoro per unità di prodotto”. Tutti gli Stati hanno invece “bisogno di misure supplementari per rafforzare la produttività, incentivare gli investimenti e promuovere la crescita potenziale”.
Pierre Moscovici, commissario per gli affari economici e monetari, sottolinea a sua volta: “ribadiamo il nostro impegno per un’applicazione intelligente del Patto di stabilità e crescita. Le nostre decisioni non si basano su un’applicazione meccanica o formale delle regole, bensì sulla loro utilità o meno per la crescita, l’occupazione e l’equilibrio delle finanze pubbliche”. Nel febbraio scorso la Commissione aveva concluso che 13 Stati presentavano squilibri (Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Romania e Svezia) e che tre di essi registravano squilibri eccessivi (Cipro, Grecia e Italia). La Commissione raccomanda ora di “chiudere la procedura per i disavanzi eccessivi per la Spagna. Quando il Consiglio avrà adottato questa decisione, saranno chiuse tutte le procedure per disavanzi eccessivi risalenti alla crisi”. Nel 2011, 24 Stati erano soggetti al braccio correttivo del Patto: il quadro è evidentemente migliorato da allora. La Commissione ha comunque adottato relazioni nei confronti di Belgio, Francia, Italia e Cipro, in cui esamina la conformità di questi Paesi con i criteri relativi al disavanzo e al debito previsti dal trattato. Per l’Italia il giudizio più severo: “la relazione conclude che è giustificata una procedura per disavanzi eccessivi per il debito”.
Dati problematici. “I dati del 2018 per l’Italia sono problematici su due fronti: invece di essere ridotto, il debito sale dal 131 al 132% e il deficit strutturale, che avrebbe dovuto scendere dello 0,3% peggiora dello 0,1%, creando un gap di 0,4%”. È il commissario Moscovici a commentare la situazione dei conti italiani. L’esecutivo ha appena segnalato che “la regola del debito non è stata rispettata” lo scorso anno, e neppure, stando alle previsioni, lo sarà nel 2019 e nel 2020: per questo la Commissione ritiene “giustificata” la richiesta della procedura d’infrazione per debito eccessivo, il quale “pesa per 38.400 euro ad abitante, oltre ai mille euro a testa per rifinanziarlo”. Per Valdis Dombrovskis non basta invocare, per l’Italia, il rallentamento dell’economia a giustificare conti fuori asse rispetto ai parametri europei, perché esso, “spiega solo in parte l’ampio gap” fra i conti italiani e le regole comunitarie. Dombrovskis aggiunge: “Quando guardiamo all’economia italiana vediamo i danni che stanno facendo le recenti scelte politiche”: e lo sguardo si sposta sulle pensioni (quota 100) e, forse, sul reddito di cittadinanza.
“Fonte di vulnerabilità”. Dalle raccomandazioni inviate a Roma emerge che “il debito italiano resta una grande fonte di vulnerabilità per l’economia”; alcune nuove misure, assieme “al trend demografico avverso “capovolgono in parte gli effetti positivi delle riforme pensionistiche del passato” e “indeboliscono la sostenibilità a lungo termine” del sistema previdenziale e delle finanze statali. Nel 2018 “la spesa per interessi sul debito si attestata a circa 65 miliardi di euro, pari al 3,7% del Pil, ovvero la stessa quantità di risorse pubbliche destinate all’istruzione”. Proprio per questa ragione la riduzione del debito dovrebbe “rimanere una priorità nell’interesse dell’Italia”. Tra le raccomandazioni rivolte al governo di Roma, figurano inoltre una seria lotta all’evasione fiscale e al lavoro nero, la minore tassazione sul lavoro, il rilancio degli investimenti, la lotta alla corruzione, la digitalizzazione nella pubblica amministrazione.
La replica da Roma. A stretto giro di posta giungono fino a Bruxelles le dichiarazioni di alcuni esponenti del governo italiano. Su tutte, il premier Giuseppe Conte, in visita in Vietnam, fa sapere: “farò il massimo sforzo per scongiurare una procedura che sicuramente non fa bene al Paese. Il monitoraggio dei nostri conti, in particolare nel 2019, sta però evidenziando delle maggiori entrate tributarie e contributive, e anche non tributarie, rispetto alle stime. Questo ci permette di avere dei margini e di reagire meglio alla congiuntura economica non favorevolissima”. Da Bruxelles la mano tesa di Moscovici che, in conferenza stampa al palazzo Berlaymont, scandisce in italiano: “la mia porta rimane aperta”. La volontà di dialogo è dichiarata dalle due parti.