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Le tante “buone notizie” sono tali non perché siano a lieto fine ma perché semplicemente raccontano un mondo in cui la collaborazione, il disinteresse, la solidarietà, la fiducia, l’amore, non sono utopia ma realtà. E non è un mondo fatto solo di credenti. No, è un mondo che potremmo descrivere con una parola: umano
Ogni tanto c’è chi chiede ai giornali di dare spazio alle “buone notizie” che la cronaca quotidiana (nera, giudiziaria, politica, ecc) spinge ai margini delle pagine dei giornali e dei notiziari e talk show televisivi.
Allora si riapre la discussione se sia possibile fare giornali di sole buone notizie e c’è chi dice che no, non funzionerebbe. Di certo in questo giornale non trovate la cronaca nera, né giudiziaria, né politica ecc. se non quel tanto che basta ed è necessario per fare il punto della situazione. Trovate, però, tante “buone notizie” che sono tali non perché siano a lieto fine ma perché semplicemente raccontano un mondo in cui la collaborazione, il disinteresse, la solidarietà, la fiducia, l’amore, non sono utopia ma realtà.
E non è un mondo fatto solo di credenti. No, è un mondo che potremmo descrivere con una parola: umano. È il mondo delle feste di paese in cui la gente lavora fianco a fianco per un interesse comune, è il mondo del volontariato dei giovani e degli adulti che animano gli oratori e i campi estivi della protezione civile come anche il pellegrinaggio a Lourdes con i malati, è il mondo delle famiglie e degli amici che in questo tempo di vacanze ritrovano spazio e gusto per stare insieme.
In questo numero in diverse pagine riecheggia in modi diversi una verità fondamentale: l’essere umano non è fatto per vivere da solo contro tutti. Lo ricorda don Francesco Verzini che inizia il commento sul sacramento del matrimonio da …Adamo ed Eva, ovvero dal racconto della creazione che parla di un essere umano concepito come essere “in relazione” all’altro e non come individuo isolato, “disconnesso” dai suoi simili e dal mondo.
Tutta la Bibbia racconta di uomini e donne in relazione tra di loro e in relazione con Dio. Distruggere la fiducia che è alla base delle relazioni personali e sociali significa distruggere la società. Nella narrazione negativa che ci sommerge, sulla quale il quotidiano Avvenire quotidianamente porta l’attenzione, rischiamo di smarrire il senso della realtà e con esso il senso della fiducia.
Accade quando si parla dei migranti descritti come causa di tutti i nostri mali, o delle organizzazioni di volontariato e non governative di cui si sospettano secondi fini, ma accade anche quando si parla di temi caldi come il fine vita o l’eutanasia facendo passare l’idea che ci siano vite che valgono di meno e che quindi possono essere soppresse. Per citare solo alcuni dei temi caldi di questi ultimi tempi.
“Non è necessario essere credenti per riconoscersi membri di quella grande comunità che è l’umanità, dove ogni uomo ha lo stesso valore e la stessa dignità, a prescindere dalle condizioni in cui si trova”. Lo dice il cardinale Gualtiero Bassetti, intervistato sul tema dell’eutanasia. Ripartire da questa verità, interiorizzarla, riconoscerla come base comune della nostra umanità potrebbe far crescere in noi gli anticorpi in grado di reagire e respingere i semi di odio che mettendo radici distruggono noi stessi e il mondo che amiamo.
Flavia Marcacci ci dice che la scienza può aiutare a costruire la pace. Non solo, la stessa scienza ci dice che è conveniente per tutti vivere in pace. Ma allora torna la domanda di sempre: chi ci guadagna a seminare odio, conflitti, guerra?
(*) direttrice “La Voce” (Umbria)