Analisi
La sessione plenaria di questa settimana ha messo in luce problemi non da poco sul modo di comprendere e interpretare il ruolo di eurodeputato. C’è chi è un po’ a digiuno di diritto comunitario, chi pensa di stare a Strasburgo solo per elogiare o denigrare il proprio governo nazionale, chi scambia l’emiciclo per un palco di cabaret. Ora è il momento di fare sul serio e il primo impegno saranno le audizioni dei commissari designati. In gioco ci sono, sempre e comunque, attese e interessi dei popoli europei
Non è ancora finito il periodo di rodaggio per il nuovo Parlamento europeo. Insediatosi, dopo le elezioni di maggio, il 2 luglio, ha eletto il giorno successivo il presidente – l’italiano David Maria Sassoli – dovendo rivendicare la propria autonomia rispetto alle trattative in corso tra i 28 Stati membri per assegnare le alte cariche Ue (Commissione, Consiglio, Bce, Alto rappresentante), quando qualche leader nazionale avrebbe voluto inserire nel pacchetto dei top job anche la poltrona più alta di Strasburgo. Una elezione, quella di Sassoli, che ha peraltro confermato come in emiciclo esista una consistente, ma frammentata, maggioranza “europeista”, la quale, senza particolari fatiche, è riuscita a eleggere un presidente con un solido curriculum pro-Ue, confermato nel denso discorso d’insediamento.
La sessione plenaria successiva (15-18 luglio) ha avuto come “pezzo forte” la votazione sulla candidata, designata dal Consiglio europeo, alla presidenza della Commissione. Su questo punto i gruppi politici e le rappresentanze nazionali si sono divise fra i sì e i no a Ursula von der Leyen, in molti casi – come quello italiano e tedesco – più per motivi di politica interna che non per esplicite ragioni di politica europea. Questa votazione – passata di stretta misura – e più ancora il discorso programmatico della eletta hanno portato una “ventata d’Europa” che fino a qualche mese fa moltissimi davano per spacciata e definitivamente archiviata.Del resto a Strasburgo occorrerà qualche tempo affinché i deputati – il 60% dei quali al primo mandato – si mettano “a registro”. Accanto a eurodeputati navigati e a politici esperti siedono (sia detto con tutto rispetto) parecchi parvenu della politica comunitaria. Lo si è capito dai discorsi pronunciati in plenaria e, prima ancora, dalle parole risuonate nelle commissioni parlamentari, nelle riunioni dei gruppi politici, negli incontri più o meno ufficiali con la stampa, lungo i corridoi dei palazzi di Bruxelles e Strasburgo. Non per tutti il diritto comunitario è “pane quotidiano”; non sempre appaiono chiare ai membri del Parlamento le competenze Ue rispetto a quelle degli Stati membri, qualche eurodeputato assegna al proprio ruolo e all’Assemblea poteri che sono in capo ad altre istituzioni…
E anche sul regolamento interno al Parlamento emerge qualche defaillance. Gli interventi troppo lunghi, rispetto ai consueti tempi contingentati, lo confermano. Ci sono deputati che non si rendono conto di essere in un’assise che lavora in 24 lingue e parlano così in fretta che gli interpreti sono costretti a lasciarli fare senza poter tradurre adeguatamente, e così i discorsi vanno a vuoto… Qualche deputato ammette – candidamente, eppure colpevolmente – di non aver “approfondito” una materia sulla quale ha appena votato. Altri ritengono, e imprudentemente dichiarano, di essere arrivati all’Eurocamera con il solo compito di perseguire gli interessi del Paese d’origine, altri con l’unico obiettivo di esaltare o di denigrare il proprio governo: gli uni e gli altri non hanno forse inteso quali siano profilo e ruolo dell’eurodeputato… Altri ancora scambiano l’emiciclo per un palcoscenico dove cercare in ogni modo di mettersi in mostra fra abbigliamenti improbabili e sceneggiate di quart’ordine (compresa quella, becera, di voltare le spalle mentre risuona l'”Inno alla gioia”, emblema europeo). Contando anche sul fatto che il dress code non è – e giustamente – la prima preoccupazione di un’aula che deve rappresentare le “diversità” del continente.
Comunque ora è il momento di mettersi, senza indugio e senza scuse, al lavoro.
I dossier legislativi urgenti di certo non mancano, quanto urgenti sono le attese dei cittadini cui l’Ue deve rispondere. Il presidente Sassoli ha rilanciato la “Conferenza sul futuro dell’Europa” che potrebbe delineare una riforma dell’Unione per dare più voce ai cittadini: e il Parlamento europeo dovrà essere in prima linea. Fra poche settimane cominceranno quindi le audizioni ai commissari designati dagli Stati membri per andare a comporre le futura Commissione: l’Europarlamento avrà l’occasione per far sentire il suo peso nel quadro della complessa architettura istituzionale Ue.
Un motivo di impegno lo ha positivamente rilanciato la stessa Ursula von der Leyen che, nel discorso rivolto all’emiciclo il giorno della sua elezione, ha affermato: “sostengo il diritto di iniziativa per il Parlamento europeo. Quando quest’Assemblea, deliberando a maggioranza dei suoi membri, adotta risoluzioni che chiedono alla Commissione di presentare proposte legislative, mi impegno a rispondere con un atto legislativo nel pieno rispetto della proporzionalità, della sussidiarietà e dei migliori principi legislativi”. È un segnale di assoluto rilievo che non può sfuggire agli eurodeputati. Si tratterà semmai di “giocare di sponda” con la Commissione per rafforzare, nel corso della legislatura 2019-2024, il ruolo delle due istituzioni “più comunitarie” (aventi di mira anzitutto il bene comune europeo) rispetto al Consiglio, dove siedono i governi e nel quale, tradizionalmente, tendono a prevalere gli interessi nazionali.
Compiti ardui, elevata posta in gioco. Gli eurodeputati ne saranno all’altezza?