Testimonianza
La storia dell’arpaiolo italiano Pietro Morbidelli che a Damasco, aiutato da giovani musicisti siriani, ha restaurato 12 arpe. Ora tanti giovani potranno tornare a pizzicare le corde di questi strumenti e a rispondere con melodie alla tragedia della guerra che non è ancora finita
Dopo anni di silenzio tornano a suonare le arpe a Damasco. Strappate alle bombe, ai mortai e alla furia distruttrice dello Stato Islamico, grazie all’impegno di un “arpaiolo” italiano, Pietro Morbidelli, e di una musicista siriana, Rahaf Chikhani, laureata in arpa al Conservatorio di Santa Cecilia e oggi prima arpa dell’Orchestra nazionale siriana. “Ho conosciuto Rahaf durante i suoi studi in Italia” rivela Morbidelli, titolare di una nota liuteria con sede a Sarsina (Forlì-Cesena), napoletano di nascita e romagnolo di adozione, 46 anni di attività che lo hanno portato in tutto il mondo a lavorare a stretto contatto con i più noti arpisti del panorama internazionale. Passione e capacità messe a disposizione per la ricostruzione della Siria che, segnata da 9 anni di guerra, cerca di rinascere anche con l’arte e la musica.
La proposta della musicista siriana è di quelle cui non si può dire di no, specialmente per un ‘artigiano’ come Morbidelli, una vita dedicata alla costruzione e al restauro delle arpe.
Dodici arpe… “Rahaf – ricorda l’arpaiolo – mi confidò il suo desiderio, una volta tornata in Siria, di aprire una classe di arpa a partire dai primi livelli. In particolare si trattava di andare a Damasco per restaurare 12 arpe del Conservatorio e del Teatro dell’Opera, per anni inutilizzate a causa della guerra. Non ho avuto esitazioni e, nonostante un po’ di paura dovuta alle notizie non del tutto rassicuranti che arrivano dalla Siria, il 20 luglio sono partito da Bologna alla volta di Beirut e da lì in auto fino a Damasco dove sono rimasto 10 giorni ricevendo un’accoglienza a dir poco fantastica”. Ma più dell’ospitalità siriana a colpire Morbidelli è il “mosaico di genti e di fedi unico, lo scambio culturale e umano senza nessuna interferenza di tipo religioso o etnico. Mi sono reso conto, arrivando in Siria, di lavorare nella culla della civiltà. Non è un caso che l’arpa, strumento antichissimo, provenga da questa parte del mondo. Per me è stato un onore. La musica – aggiunge – è un linguaggio universale, le note le leggono tutti. E poi
dove sta scritto che un popolo che subisce una guerra non possa fare musica?”.
A spingere Morbidelli in Siria per restaurare le arpe e aiutare così Rahaf ad aprire una classe di arpa a Damasco è anche
“il desiderio di riportare la musica lì dove i terroristi volevano sradicarla. L’Isis aveva intenzione di distruggere sia il Conservatorio che il Teatro dell’Opera della capitale. Per i terroristi la musica e ogni forma di arte doveva essere cancellata. Far riecheggiare di nuovo melodie e note da questi strumenti è la risposta migliore al fondamentalismo”.
… per un unico obiettivo. Un compito reso ancora più difficile dalle condizioni degli strumenti. “Prima di partire per Damasco – spiega Morbidelli – ho studiato le foto delle arpe che mi avevano spedito Rahaf e il maestro Missak Baghbourdarian, direttore dell’Orchestra nazionale siriana. Mi sono servite per avere un’idea del lavoro da fare. Ma quando ho visto gli strumenti dal vivo mi sono reso conto, in modo chiaro, cosa ci aspettava”. Dieci giorni di lavoro con un unico obiettivo: “restaurare le arpe e collaudarle prima del mio ritorno in Italia”. Una vera e propria corsa contro il tempo che ha portato Morbidelli, insieme a diversi studenti e professori dei corsi di musica del Conservatorio a smontare pezzo per pezzo alcune di queste arpe e ripararle con l’attrezzatura che, rivela l’arpaiolo, “avevo portato con me dall’Italia e che provvidenzialmente ero riuscito a far passare negli scali aeroportuali insieme al bagaglio”.
Giorni intensi di lavoro nei quali “alcuni bambini hanno pazientemente pulito gli strumenti. C’è stata un’insegnante che si è trasformata in doratrice, un lavoro che richiede tantissima esperienza. Ho cercato in poco tempo di insegnarle tutte le tecniche di mia conoscenza. Dalla verniciatura alla doratura oltre allo smontaggio e alla riparazione. Avevamo, infatti, deciso di riportare le arpe alla loro originale bellezza e così siamo andati in giro per Damasco a reperire l’oro a foglie, gli appretti, le vernici e ogni altro materiale necessario”.
Il momento più bello. Ma bisognava anche pensare al dopo, al futuro delle arpe. “Così – continua Morbidelli – ho individuato un giovane studente che, tra i tanti che mi hanno aiutato, ha mostrato particolari capacità e che avrebbe potuto garantire la manutenzione minima delle arpe. Questo ragazzo, sotto la mia guida, ha smontato e rimontato 4 arpe. Presto lo farò venire per qualche tempo in Italia, nella mia ditta, dove potrà migliorare le sue capacità”. Il momento più bello di questi 10 giorni?
“Il sorriso di tutti questi giovani studenti davanti agli strumenti che tornavano a suonare. È stato un momento magico. Nei loro volti ho visto la voglia di riemergere dalla tragedia e di cancellare la guerra e la tristezza con la musica”.
“Il mio compleanno è stato il 29 luglio, e quei sorrisi sono stati il regalo più bello che potessi ricevere insieme ad una bellissima torta con un’arpa e un ‘Grazie’ disegnati sopra.
Il silenzio lasciato dalla guerra sarà cancellato dalla musica delle arpe
che torneranno a suonare nei concerti e nei saggi del Conservatorio”. Ma l’occhio attento di Morbidelli, nei giorni trascorsi a Damasco, è caduto anche su altri strumenti dimenticati a causa della guerra: “nel Teatro dell’Opera ho visto un organo fermo da anni perché privo di manutenzione e mancante di una scheda elettronica impossibile da reperire in Siria. Ci sono sei pianoforti a coda Steinway inutilizzati perché nessun tecnico va in Siria per sistemarli. Mi sono fatto carico di sensibilizzare tecnici e costruttori di mia conoscenza perché vadano a recuperarli. Riattivare questi strumenti vorrebbe dire, da un lato, offrire a bambini e ragazzi la possibilità di studiare musica e dall’altro permettere a studenti prossimi al diploma di raggiungere finalmente questo traguardo”. In attesa di tornare a Damasco a gennaio del 2020, Morbidelli sta organizzando, per novembre a Sarsina, una serata durante la quale la sua Liuteria donerà un’arpa alla scuola di Rahaf. La donazione sarà suggellata da un concerto di un’arpista lettone e della stessa Rahaf Chikhani che per l’occasione suonerà antiche musiche della sua terra.