Persone vulnerabili
Tre casi di abuso su minori, nell’ambito della Compagnia di Gesù, sono emersi in pochi giorni. Prima è stato espulso dalla Compagnia e dimesso dallo stato clericale il novantacinquenne padre Leonel Ibacache Ortiz. Quindi analogo provvedimento è stato preso per padre Jaime Guzmán Astaburuaga. Infine, è emerso in tutta la sua crudezza il caso destinato a fare più scalpore, quello di Renato Poblete Barth, deceduto nel 2010. Una figura conosciutissima in Cile: fu per oltre vent’anni cappellano dell’istituzione caritativa “Hogar de Cristo”, fondata dal santo gesuita Alberto Hurtado
Non conclude il suo mandato di padre provinciale dei gesuiti cileni nella maniera in cui si sarebbe aspettato quando ha iniziato il suo servizio. Per padre Cristián del Campo, che sta per fare il cambio di consegne con il nuovo provinciale, padre Gabriel Roblero, l’ultimo è stato un mese doloroso, anche se aperto alla speranza e alla convinzione di aver intrapreso un cammino nuovo. “E’ quello del Vangelo, e non ce n’è un altro”. Tre casi di abuso su minori, nell’ambito della Compagnia di Gesù, sono emersi in pochi giorni. Prima è stato espulso dalla Compagnia e dimesso dallo stato clericale il novantacinquenne padre Leonel Ibacache Ortiz. Quindi analogo provvedimento è stato preso per padre Jaime Guzmán Astaburuaga. Infine, è emerso in tutta la sua crudezza il caso destinato a fare più scalpore, quello di Renato Poblete Barth, deceduto nel 2010. Una figura conosciutissima in Cile: fu per oltre vent’anni cappellano dell’istituzione caritativa “Hogar de Cristo”, fondata dal santo gesuita Alberto Hurtado. Vinse diversi premi e fu autore di numerose pubblicazioni. Gli sono state intitolate vie e gli sono state dedicate statue.
E’ stata una donna, Marcela Aranda, a presentare una prima denuncia. Leggerla, afferma ora padre del Campo, è stato un colpo al cuore. La Compagnia di Gesù, a quel punto, ha affidato l’inchiesta previa a un avvocato penalista indipendente, Waldo Bown, il quale ha raccolto oltre cento testimonianze attraverso interviste e un’ingente mole di corrispondenze e materiale cartaceo. Tra i testimoni, anche 21 donne, che hanno affermato di essere state oggetto di abusi sessuali da parte del sacerdote, in un tempo che va dal 1960 al 2008. 16, in particolare, le vittime di abusi gravi e portati avanti con violenza; quattro i casi di abuso su minori: due, invece, le relazioni che si sono protratte nel tempo. Non mancano casi di vittime costrette ad abortire. Le 407 pagine dell’inchiesta, secondo la Compagnia di Gesù, parlano di “testimonianze credibili e plausibili”.
Padre del Campo, nel presentare il documento, ha apertamente di “vergogna”, con l’ammissione che in alcuni casi, c’è stata una “responsabilità etica” per una non adeguata vigilanza da parte della Compagnia di Gesù.
La quale non aveva mancato, ha fatto notare lo stesso provinciale parlando con il quotidiano “El Mercurio”, di rivolgere forti critiche all’Episcopato proprio per la gestione degli scandali sugli abusi che hanno sconvolto la Chiesa cilena. Parte da qui l’intervista (una delle pochissime di queste settimane) che padre Cristián del Campo ha concesso al Sir.
Qual è stata la sua reazione personale e quella dei gesuiti cileni una volta conosciuti gli esiti dell’indagine su Renato Poblete. Si è trattato del momento più difficile del suo servizio come padre provinciale?
Ogni caso di abuso è stato molto difficile. Per quanto riguarda questo caso particolare, credo che il momento più difficile sia stato quando ho letto la prima denuncia. Come gesuiti. Siamo pieni di vergogna, profondamente colpiti e sconcertati, sia per gli abusi di cui siamo venuti a conoscenza che per le nostre responsabilità in questo caso.
Abbiamo sbagliato come congregazione e per questo abbiamo espresso la nostra richiesta di perdono alle vittime.
Senza dubbio, è una situazione nella quale non avremmo voluto mai trovarci, però essa ci apre gli occhi rispetto ai meccanismi e alle strutture che hanno facilitato che tutto questo accadesse.
Prevale il dolore per il danno causato o la speranza, anche alla luce dell’attuale posizione della Compagnia di Gesù?
Entrambe le cose. Questa è stata una profonda esperienza di umiliazione per i nostri delitti e peccati. Però confidiamo che la verità ci libererà e che la riparazione delle vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti sarà parte della nostra stessa riconfigurazione come corpo apostolico. Il dolore delle vittime e l’orrore che abbiamo conosciuto non può lasciarci paralizzati: c’è per tutti noi una promessa pasquale.
Pensa che ci troviamo di fronte una nuova pagina, non solo della Compagnia di Gesù, ma della stessa Chiesa cilena? E’ importante il ruolo giocato da Papa Francesco?
Senza dubbio il momento di svolta è stato la visita di Papa Francesco in Cile, nel gennaio 2018, seguita dall’invio di mons. Scicluna in due occasioni per ascoltare ed essere testimone di quello che stava accadendo nel nostro Paese. Si tratta di un’opportunità unica di conversione per tutta la Chiesa che cammina nel Cile, specialmente per noi consacrati.
E’ arrivato il tempo di ascoltare le vittime e correggere tutto quello che nel passato ha permesso che questi abusi venissero commessi.
Come recuperare la fiducia del popolo di Dio, e delle vittime in particolare?
Con i fatti, più che con le parole. Ascoltando le vittime, impegnandoci a fondo per la verità, facendo giustizia e appoggiando tutto quello che possa riparare le vite che sono state rovinate. E’ un processo lento, però lo Spirito Santo ci invita a percorrere questo cammino, perché non ce n’è un altro… Se vogliamo essere discepoli di Gesù e del suo Vangelo, non c’è davvero un altro cammino.