Crisi di governo
Per la prima volta nella storia repubblicana si è aperta una crisi di governo in piena estate, con l’Italia in ferie e alle prese con esodi e contro esodi. A cavallo di Ferragosto. E mentre si è in attesa di capire se ci potrà essere una soluzione parlamentare alla crisi, siamo spettatori della guerra dei dazi che contrappongono giganti come Usa e Cina. Intanto è stata varata la Zona di libero scambio continentale africana, destinata a diventare la più grande al mondo per numero di Paesi coinvolti
Qualcuno ricorda ancora l’espressione “Stai sereno!”, rivolta da Matteo Renzi a Enrico Letta? Quante battute e quanta ironia ne sono seguite.
Qualcosa di simile è accaduto nel sodalizio Di Maio-Salvini, anche se in questo caso si tratta di alleati di governo e non di compagni di partito. Il leader leghista ha sempre sostenuto di aver sottoscritto un contratto di 5 anni per il Governo del Paese. Ma dopo l’esaltante risultato delle europee non ha saputo resistere all’idea di passare all’incasso di un voto popolare che dalle politiche del 2018, per il Carroccio è andato crescendo costantemente. E probabilmente, dopo tutto quello che si erano detti 5Stelle e Pd per un anno e mezzo e fino al giorno prima, non credeva che fra quelle due forze potesse aprirsi un nuovo ‘forno’ per ‘cuocere’ in tempi rapidi un governo giallo – rosso, in sostituzione di quello giallo-verde.
E tutto questo è accaduto in piena estate, con l’Italia in ferie e alle prese con esodi e contro esodi. A cavallo di Ferragosto. E Salvini ha scelto di denunciare tutti i “no” dei 5Stelle, per dichiarare la necessità del voto.
Intanto, un Giuseppe Conte dimissionario ma in questi giorni indicato pure come possibile futuro premier, è andato all’incontro del G7 in Francia. L’Italia c’è! Come c’è Sergio Mattarella. Il presidente è pronto per un secondo giro di consultazioni, volte a valutare le possibilità di una soluzione parlamentare alla crisi.
Oltre confine, al di là delle Alpi e dei mari, siamo spettatori della guerra dei dazi che contrappongono giganti come Usa e Cina. E se insistono qualche graffio arriverà anche per noi, specie se non ci convinciamo che l’unica difesa possibile la si può giocare nel contesto dell’Unione Europea.
Aiutiamoli a casa loro: una piccola nota estiva. L’Eco di Bergamo del 1° agosto, in copertina e a pag. 7, riporta il taglio dell’Italia sui fondi destinati alle agenzie dell’Onu per 32 milioni di euro. Negli ultimi 3 anni, avevamo contribuito in media con 357,183 milioni di dollari all’anno al totale del budget approvato dall’Assemblea delle Nazioni Unite. Ma sommando contributi obbligatori e volontari nel 2016 siamo arrivati a 727,145 milioni di euro. E circa così gli anni successivi. Una cifra che è comunque inferiore a quanto speso all’anno da Gran Bretagna (circa 3 miliardi di dollari), Germania (circa due miliardi) e Francia (poco più di un miliardo). Dunque un taglio di circa il 4,4%. Comunque un taglio.
Ma lo stesso giornale parla anche di “fatto epocale” riguardo a quanto accaduto in Niger domenica 7 luglio con il lancio ufficiale della Zona di libero scambio continentale africana. Frutto di un lavoro diplomatico intenso, in cui il presidente del Niger Mahamadou Issoufou ha giocato un ruolo centrale, l’Afcfta (African Continental Free Trade Area) è destinata a diventare l’area di libero scambio più grande al mondo per numero di Paesi coinvolti (54 su 55).
Che sia il caso, risolte le scaramucce caserecce, di alzare lo sguardo anche oltre confine con maggiore attenzione?
(*) direttore “Il Piccolo” (Faenza-Modigliana)